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30 Giugno 2025 - 16:00
Gianni Balocco, Gianluca Vercelli e Lele Passera con Charles, uno degli organizzatori
Domenica 29 giugno, Thorpe Latimer, Inghilterra. Campagna verde, cielo incerto e un odore misto di olio per motori vintage, salsicce alla griglia e... albume crudo. Sì, perché nel Regno Unito – dove tra tè e understatement si coltiva un’affezione speciale per gli sport assurdi – ogni estate si rinnova la magia del World Egg Throwing Championship, l’unico evento al mondo in cui si vince lanciandosi un uovo da 50 metri senza farlo diventare omelette.
E quest’anno, a rompere le uova nel paniere degli inglesi – solo metaforicamente – ci hanno pensato loro: Gianni Balocco e Gianluca Vercelli, meglio noti come Erbaluce Team Caluso, accompagnati dal leggendario Lele Passera, uomo d’appoggio, motivatore, manager e, all’occorrenza, raccoglitore di gusci.
Arrivati in terra britannica con il bagaglio pieno di sogni e abiti di ricambio (ché si sa, un uovo ben lanciato è anche un uovo che può esplodere sul petto), i due canavesani hanno partecipato alla prima selezione il sabato, in mezzo a oltre cento coppie da tutta Europa e non solo: francesi con l’aria snob, irlandesi sorridenti, tedeschi organizzati e perfino australiani probabilmente ancora col jet lag.
Gianni Balocco, Gianluca Vercelli e Lele Passera alla partenza
Solo in sessanta sono arrivati alla domenica, giorno della finale, e tra questi – ça va sans dire – i nostri. Il campo di battaglia? Un prato inglese perfettamente tagliato, tra stand di torte al rabarbaro e auto d’epoca che sembravano uscite da una pubblicità della Castrol anni '60. Lo spettacolo? Un crescendo: lanci da 10, 20, 30 e poi 40 metri, con tre uova a disposizione per ogni distanza. Chi sbagliava finiva nel cestino – figurativamente e no.
Balocco e Vercelli non hanno sbagliato quasi mai. Precisi, sincronizzati, eleganti persino nella rincorsa. Tra un “Go!” e un “Bloody hell!” lanciavano, ricevevano, stringevano l’uovo con la delicatezza di chi sa che basta poco per passare da eroe a omelettista.
E così, in una sequenza che neanche Rocky nei suoi allenamenti più improbabili, si arriva alla distanza massima: 50 metri. La folla – oltre 2.500 spettatori – trattiene il fiato. Sembra Wembley. Da un lato i padroni di casa, coppia inglese con la flemma e il vantaggio del campo. Dall’altro i ragazzi dell’Erbaluce, quelli che non solo hanno portato un nome di vino buono, ma anche un orgoglio piemontese che non teme il tuorlo.
Il risultato? Un finale combattutissimo. Forse l’uovo ha resistito, forse si è incrinato, ma poco importa: il team di Caluso è entrato nella leggenda.
Non hanno portato a casa il trofeo, ma hanno conquistato cuori, stretto mani e lasciato una domanda nella mente degli spettatori inglesi: “Where is this Caluso?” Che poi, per una località di neanche 8.000 anime, è già una piccola vittoria internazionale.
Il Swaton Vintage Day, come sempre, ha regalato molto più di un evento folkloristico. È stato un concentrato di passione, ironia e sana follia. Tra esibizioni di veicoli storici, rievocazioni militari, bande musicali, cani saltimbanchi e chili di uova crude, l’atmosfera era quella di un festival del surreale, dove l’unico rischio era prendersi troppo sul serio. E lì, i nostri ragazzi hanno saputo giocare al meglio la loro parte: con un misto di precisione atletica, spirito canavesano e – diciamolo – una dose di coraggio da veri campioni. Perché lanciare un uovo da 50 metri sperando che non si rompa è un’arte. E loro, da Caluso, ci hanno messo l’anima.
Chapeau. Anzi, egg off.
Ogni tanto, in un angolo sperduto della campagna inglese, qualcuno si sveglia con un’idea geniale. Tipo: “E se organizzassimo una gara mondiale… di lancio dell’uovo?”. Detto, fatto. È così che, probabilmente attorno a una pinta di birra tiepida, è nato il Swaton Vintage Day, l’evento che ogni ultima domenica di giugno trasforma il placido villaggio di Thorpe Latimer, nel Lincolnshire, nel più improbabile teatro di sport estremi a base di albume crudo e nostalgia meccanica.
Altro che Formula 1 e Champions League: qui si va in scena con trattori d’epoca, camion del dopoguerra, moto da museo e auto lucidate come reliquie, mentre nel prato accanto ci si lancia uova con la concentrazione di un chirurgo e la grazia di un giocoliere. L’obiettivo? Non romperle. E magari anche vincere. O, più realisticamente, non ritrovarsi ricoperti di tuorlo e risate.
Ma il Swaton Vintage Day non è solo un raduno per cultori del vintage e sportivi dell’assurdo. È un’intera giornata in cui 5.000 persone – famiglie, bambini, cani e perfino squadre venute da mezza Europa e dall’Australia – si ritrovano per celebrare l’arte perduta dello stare insieme senza prendersi troppo sul serio. E raccogliere anche fondi per buone cause, ché l’altruismo, si sa, funziona meglio con una pinta in mano e una catapulta piena di uova.
Il piatto forte? Naturalmente il World Egg Throwing Championship, il Mondiale del lancio dell’uovo. Una competizione che definire “bizzarra” è riduttivo. Si passa dalla Russian Egg Roulette – in cui i partecipanti si spaccano uova in testa sperando che siano sode – al lancio a coppie, con distanze crescenti e uova sempre più traballanti, fino all’epica Egg Trebuchet Challenge, dove l’ingegno meccanico viene usato per sparare uova il più lontano possibile. Newton, se ci sei, perdona loro: non sanno quello che fanno.
Intorno a tutto questo, stand di tè fumante, hog roast che si scioglie in bocca, torte talmente inglesi da chiederti se sei finito in un episodio di Downton Abbey, e una colonna sonora di bande musicali, abbai festosi e applausi sinceri. C’è anche spazio per le rievocazioni storiche della Prima Guerra Mondiale, perché non sia mai che ci dimentichiamo di fare i seri almeno per un momento.
Il Swaton Vintage Day è una festa fuori dal tempo, dove i motori profumano di olio buono, i bambini ridono senza cellulare in mano, e le uova volano per aria con un solo destino: essere afferrate con amore, o esplodere tra le mani, tra una risata e un “better luck next time”.
Che poi, alla fine, è questo il bello: una fiera paesana che riesce a essere insieme museo, circo, picnic e campionato mondiale di follia controllata. Il tutto in nome della beneficenza, della leggerezza e – perché no – della gloriosa tradizione inglese di rendere epico qualunque gesto quotidiano. Anche tirarsi un uovo in faccia.
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