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Per chi suona la campana

Parrocchie: uno più uno non fa mai due

Volpiano e Brandizzo: il dibattito sulla fusione parrocchiale tra timori e rassegnazioni

Parrocchie: uno più uno non fa mai due

Don Marco

Lunedì scorso si è svolta nella chiesa parrocchiale di Volpiano un'assemblea che ha visto riunite «per una serata di confronto e di conoscenza sul futuro della nostra chiesa», le due comunità parrocchiali di Volpiano e di Brandizzo, che da settembre saranno unite con un solo nuovo parroco. Si tratta di don Salesio Sebold, 55 anni, attualmente parroco a Venaria, che avrà come collaboratore don Teresio Scuccimarra, 75 anni, attualmente parroco a Collegno.

Erano presenti i laici addetti ai lavori, i consigli pastorali, gli animatori, i catechisti etc., ai quali il vicario episcopale, don Mario Aversano, ha ammannito, in perfetto e consunto ecclesialese, la solita esortazione, ripetuta già decine di volte in decine di incontri: occorre lavorare insieme, superare i campanilismi, dare spazio ai laici e via discorrendo.

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don Mario Aversano

I fedeli volpianesi hanno un po’ mugugnato, lamentando, a ragione, che il parroco, don Marco Ghiazza, venga trasferito a nemmeno quattro anni dal suo ingresso, un tempo limitato e breve per un efficace programma pastorale, mentre i brandizzesi, avendo saputo che il più anziano don Teresio risiederà a Brandizzo, hanno capito che, se si andrà alla soppressione di una parrocchia, toccherà alla loro.

Tutti comunque sono rassegnati a un futuro che avrà come prima conseguenza la riduzione drastica delle Messe e poi di tutto il resto, perché, come ebbe a dire un sacerdote torinese arguto e di esperienza, quando si uniscono due parrocchie, uno più uno non fa mai due ma, se va bene, uno e mezzo o anche di meno.

Sembra che la decisione fosse stata presa già dal mese di marzo, nel quadro del riassetto delle parrocchie della diocesi. Il Piemonte e l’Italia stanno vivendo esattamente oggi quanto avvenuto in Francia almeno vent’anni fa, con l’accorpamento e poi la soppressione di centinaia di parrocchie, per poi passare alle diocesi.

Un destino ineluttabile che si vuole contrastare con l’insediamento di équipe pastorali composte da religiosi e laici, come è avvenuto recentemente a Trino Vercellese (arcidiocesi di Vercelli) dove, al posto del parroco che se ne è andato, si è insediata appunto un’équipe coordinata da una suora che «lavora per progetti», ma che quando occorre amministrare i Sacramenti deve chiamare un sacerdote ultraottantenne.

I maliziosi lo hanno definito «progetto Titanic», in cui mentre la nave sta calando a picco, l’orchestrina continua a suonare i suoi valzerini. In fondo basta guardare al Nord-Europa dove, a forza di simili progetti, le Chiese (prima quelle protestanti e adesso quella cattolica) stanno affondando insieme al comandante e all’orchestrina.

Ma quello che è paradossale – e sospetto – è che dove invece le cose funzionano e i frutti pastorali sono abbondanti, non solo si cacciano i preti che hanno saputo far risorgere le comunità, ma quello che già era unito si divide.

È il caso dei Padri del Verbo Incarnato a Torino, dove i due religiosi che reggevano le parrocchie di Maria Madre della Chiesa in via Baltimora e del Beato Piergiorgio Frassati in via Pietro Cossa hanno dovuto andarsene senza un motivo plausibile, e sulla cui penosa vicenda il nostro direttore ha scritto articoli che hanno avuto una grande diffusione, arrivando ad essere letti anche in Vaticano.

Nonostante le petizioni dei fedeli e le reiterate e accorate richieste di incontro con lui, il cardinale Roberto Repole è stato irremovibile. La risposta è semplice: il suo modello di Chiesa è quello francese e del Nord-Europa, quello degli accorpamenti e delle soppressioni, nella logica dei curatori fallimentari, così come già anni fa (liquidateur judiciaire) venivano chiamati i vescovi d’Oltralpe.

Tutti gli articoli di Fra' Martino qui

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