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28 Giugno 2025 - 22:21
I fratellini fantasma di Lauriano: nascosti per paura, scoperti per caso. Com'è possibile nel 2025?
Siamo nel 2025. Un tempo in cui ogni individuo, fin dalla nascita, è schedato, tracciato, registrato, profilato. Un’epoca in cui anche il più piccolo movimento viene monitorato da telecamere, app, algoritmi, intelligenze artificiali. Eppure, due bambini sono riusciti a vivere completamente invisibili. Nascosti tra i boschi, isolati dal mondo, esclusi da scuola, pediatra, anagrafe. Senza nemmeno un nome riconosciuto dallo Stato. Rayan e Noha sono stati trovati così: senza carta d’identità, senza codice fiscale, senza amici. Senza infanzia.
La notizia è emersa solo qualche giorno fa. Ma il silenzio, quello durato anni, è ciò che colpisce di più. Com’è possibile? si chiede chiunque abbia letto le cronache. Com’è possibile che due bambini di 6 e 9 anni siano vissuti come fantasmi in un Paese iperconnesso? Come può una comunità, un territorio, un sistema educativo e sanitario, ignorare per così tanto tempo due vite?
Non si tratta di una denuncia tardiva, né di un errore burocratico. Qui c’è qualcosa di più profondo, più inquietante. Un cortocircuito tra diritto e follia, tra libertà personale e responsabilità genitoriale. Un cortocircuito che ha come epicentro un casolare sperduto nelle colline di Lauriano, nel Chivassese. E come vittime due bambini che il mondo ha scoperto per puro caso. Anzi, per colpa di una calamità naturale.
È aprile. Le piogge torrenziali che si abbattono sul Chivassese costringono i Comuni ad evacuazioni d’urgenza. Tra questi, Lauriano. I carabinieri, su mandato della sindaca Mara Baccolla, raggiungono un cascinale isolato per notificare l’ordine di sgombero. Ed è lì che scoprono l’incredibile: due fratellini, uno di nove anni e l’altra di sei, in evidente stato di abbandono. Vestiti con un pannolino, sporchi, spaesati, incapaci di leggere e scrivere. E soprattutto: sconosciuti a ogni registro ufficiale.
Da lì parte tutto. L’allarme, l’intervento dei servizi sociali del Ciss di Chivasso, il coinvolgimento della Procura dei Minori, le prime verifiche. Un incubo che si materializza sotto gli occhi delle istituzioni, lasciando tutti senza fiato. Nessuna scuola frequentata, nessuna vaccinazione, nessun pediatra, nessuna denuncia di nascita in Italia. Rayan e Noha non esistono. Non legalmente. Non amministrativamente.
Il padre ha 54 anni, scultore, originario dei Paesi Bassi. Vive in Italia da almeno tre anni. A detta sua, offre “tutto il meglio” ai figli. Computer portatili, strumenti musicali, pony per l’equitazione, attrezzatura da sci. Ma non la scuola. Non i contatti sociali. Non la libertà.
Perché? Perché teme il Covid. Ne è ossessionato. Da anni. E teme anche i vaccini, le mascherine, le contaminazioni. È convinto di complotti globali per la diffusione di nuovi virus. Così decide, insieme alla compagna (una donna di 38 anni completamente assente, secondo i giudici), di tenere i figli lontano da tutto e da tutti. Nascosti. Protetti – a suo dire – ma in realtà reclusi.
Una “educazione alternativa”, la definisce. Ma i fatti raccontano altro: isolamento totale, condizioni igieniche precarie, assenza di stimoli, regressione psicologica. La stessa magistratura, nella relazione redatta dal Tribunale dei Minori, parla chiaro: “I minori non possono essere affidati ai genitori per problematiche materne e paterne. Serve un collocamento protetto e incontri in luogo neutro”.
Oggi, Rayan e Noha vivono in due comunità protette. Il Ciss di Chivasso ha avviato le pratiche di registrazione. Da pochi giorni hanno un codice fiscale. Presto avranno anche la carta d’identità. E una residenza. Ma, soprattutto, cominceranno ad avere una vita vera. Fatta di scuola, giochi, amici, insegnanti, medici. Di quegli elementi basilari che per ogni bambino dovrebbero essere scontati. E che per loro rappresentano una conquista.
Nel frattempo, la Procura dei Minori ha aperto la procedura di adottabilità. I genitori sono stati ritenuti inadeguati. La madre, per la sua assenza e indifferenza. Il padre, per la condizione di incuria e per l’isolamento estremo imposto ai figli. Le istituzioni stanno cercando una famiglia affidataria. Una famiglia che possa restituire ai due fratellini una quotidianità fatta di normalità.
La difesa del padre è portata avanti dall’avvocato Afrika De Mattia.
Dalle informazioni raccolte pare che i militari abbiano trovato i bambini con il pannolino. Sporchi. Disorientati. Senza parole. Senza capacità comunicative.
Ciò che colpisce, più di ogni altra cosa, è l’apparente sincerità con cui l’uomo racconta la sua scelta. Come se il mondo si fosse rovesciato. Come se isolare due bambini dal mondo fosse un atto d’amore. Come se negare scuola e socialità fosse un diritto genitoriale.
Ora spetta alle istituzioni, agli educatori, agli psicologi, alle comunità, ricucire un futuro possibile per Rayan e Noha. Insegnare loro non solo a leggere e scrivere, ma a fidarsi. A relazionarsi. A esistere nel mondo. E soprattutto a sentirsi al sicuro non tra le mura di un casolare nascosto, ma dentro una società che li accoglie.
Alla luce. Alla vita.
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