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Dermatite nodulare bovina: terzo focolaio in Italia

Scatta la nuova unità di crisi. Lombardia in allerta, ma la filiera del latte non si ferma

Dermatite nodulare bovina: terzo focolaio in Italia

Dermatite nodulare bovina

È già stata convocata per lunedì una nuova riunione dell’unità di crisi operativa tra il Ministero dell’Agricoltura, il Ministero della Salute e la Regione Lombardia, in seguito all’accertamento di un caso di dermatite nodulare contagiosa bovina (Lumpy Skin Disease, LSD) in un allevamento in provincia di Mantova. Si tratta del primo focolaio sul continente, dopo i due registrati nei giorni scorsi in Sardegna, che avevano già allertato i servizi veterinari nazionali.

Quella di lunedì sarà la terza riunione di emergenza in pochi giorni. Ieri si sono infatti già tenuti due incontri distinti: il primo, allargato a tutte le Regioni, per coordinare le strategie di contenimento; il secondo, più tecnico, dedicato esclusivamente alla Lombardia. Hanno partecipato, tra gli altri, il sottosegretario all’Agricoltura Patrizio La Pietra, il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, l’assessore lombardo all’Agricoltura Alessandro Beduschi e il direttore generale della Sanità Animale del Ministero della Salute Giovanni Filippini.

Bovini

La dermatite nodulare contagiosa, causata da un virus della famiglia Poxviridae, non è pericolosa per l’uomo, né tramite contatto diretto né attraverso il consumo di carne o latte. Tuttavia, comporta gravi ripercussioni economiche per gli allevatori: l’Unione Europea la considera una patologia esotica, da eradicare immediatamente in caso di insorgenza. La trasmissione avviene principalmente attraverso insetti ematofagi — come zanzare e mosche — ed è proprio un’indagine epidemiologica a dover chiarire come il virus sia riuscito a oltrepassare il mare dalla Sardegna fino alla Pianura Padana.

Nel frattempo, è già stato disposto il sequestro sanitario dell’allevamento mantovano in cui è stato rilevato il caso su un bovino proveniente dalla Sardegna. Un allevamento situato, peraltro, in una zona cruciale per la produzione del latte destinato a Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Intorno al focolaio sono state attivate due zone di contenimento: una zona di protezione con raggio di 20 chilometri e una più ampia zona di sorveglianza di 50 chilometri. In entrambe le aree sono stati introdotti divieti stringenti sulla movimentazione dei bovini, la partecipazione a fiere e mercati e il trasporto di letame e liquami.

Nonostante le restrizioni, è stato trovato un compromesso con il Ministero della Salute per autorizzare alcune deroghemirate, indispensabili per evitare il blocco produttivo della filiera. In particolare, sono stati mantenuti i trasporti di latte verso gli stabilimenti di trasformazione e i caseifici, un settore cardine dell’economia agroalimentare italiana.

“La tempestività nella gestione di casi come questo è fondamentale per contenere i rischi sanitari e prevenire danni economici alla zootecnia italiana”, ha dichiarato Patrizio La Pietra. “Il lavoro congiunto tra Governo, Regioni e strutture tecniche ha permesso di attuare misure rigorose ed equilibrate, senza compromettere la funzionalità delle filiere, a partire da quelle DOP”.

Anche Marcello Gemmato ha ribadito la necessità di un approccio unitario: “Il coordinamento tra istituzioni sanitarie e agricole è l’unico strumento efficace per agire rapidamente. Non esiste alcun rischio per la salute umana”.

Infine, l’assessore lombardo Alessandro Beduschi ha sottolineato la portata nazionale dell’emergenza: “C’è stata una piena unità di intenti per affrontare una crisi che tocca una regione strategica per il Paese. La Lombardia da sola produce la metà del latte italiano: garantire la continuità delle filiere è un dovere verso gli allevatori e verso le tante eccellenze della trasformazione casearia nazionale”.

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