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Cronaca

Neanche l’acqua si può bere. Gli ospedali di Torino affogano

La CGIL denuncia che l’acqua del rubinetto negli ospedali torinesi non è potabile. Il commissario Schael vieta al personale anche le bottigliette. La Regione si difende, la politica minaccia denunce. E intanto i lavoratori restano senz’acqua, senza voce e senza rispetto

Neanche l’acqua si può bere. Gli ospedali di Torino affogano

Acqua non potabile

La sanità piemontese fa acqua. E non è potabile. Già il titolo basterebbe. Ma qui non si parla solo di acqua. Si parla di rispetto. Di decenza. Di dignità calpestata. E dell’ennesima puntata del teatrino farsesco chiamato Città della Salute. Quattro ospedali – le Molinette, il Regina Margherita, il Sant’Anna e il CTO – dove i pazienti entrano sperando in una cura e i lavoratori rischiano la disidratazione. Letteralmente.

La CGIL lo ha scritto nero su bianco in un comunicato che sa di ultimatum: “l’acqua non è potabile”. Non che serva un master in chimica: da mesi i lavoratori lo sospettano, da anni si combatte con impianti obsoleti, tubature marce, legionelle e rattoppi con il cloro. E oggi? Oggi si vieta perfino di bere l’unica acqua sicura rimasta: le bottigliette destinate ai pazienti. Già, perché una circolare dell’infallibile Thomas Schael, il commissario più amato dalla Regione e meno da chi lavora, vieta al personale di consumare quelle bottigliette. Quella è roba per i malati, non per chi lavora dodici ore al giorno in reparti bollenti, con turni massacranti e condizionatori rotti.

Il comunicato della CGIL non presenta prove? Forse. Manca l’analisi ufficiale? Anche. Ma che problema c’è? Quando c’è da tagliare, da negare, da reprimere, le prove non servono mai. E ora invece? Scatta l’allerta, arrivano i tecnici della Prevenzione dell’Asl a prelevare campioni. Ma non si era detto che l’acqua era sicura? Che tutto era a norma? Che non c’era pericolo? Ma allora perché i controlli?

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La Regione risponde come al solito: con statistiche, grafici, sigle. “I parametri sono conformi”, ci dicono. Che bello. Ma chissà perché proprio ieri si è deciso di fare nuovi prelievi. Forse qualcuno ha finalmente realizzato che le parole non bastano a spegnere la sete. Perché qui siamo al paradosso: chi lavora in ospedale non può bere l’acqua delle bottigliette, forse non può bere quella del rubinetto... e quindi cosa dovrebbe fare? Leccare la condensa sui vetri delle finestre?

E poi arriva la politica. Il solito teatrino. Fabrizio Ricca, capogruppo della Lega in Piemonte, e Luigi Genesio Icardi, presidente della Commissione Sanità, non si smentiscono: attaccano la CGIL, accusano il sindacato di “procurato allarme”, minacciano esposti e si indignano per le “bugie”. Ma indignatevi con chi deve fare un turno di 12 ore in Rianimazione senza poter bere una bottiglietta d’acqua, non con chi denuncia una condizione disumana!

Il fatto è che a nessuno importa davvero del personale. Schael continua a firmare circolari folli: vietato fumare anche all’aperto, vietato entrare in mensa col camice, vietato accedere al bar in divisa... e ora pure vietato bere acqua. Una crociata degna di un romanzo distopico, altro che gestione sanitaria. E nel frattempo, dai vertici politici, arriva la solita dichiarazione di “piena fiducia” nel commissario. Che meraviglia questa fiducia. La danno con la stessa facilità con cui negano un diritto.

Ma nei corridoi delle Molinette e del Grattacielo, questa “fiducia” ha un retrogusto amaro. “La smettiamo con le circolari e pensiamo ai bilanci?”, si mormora. Già, perché Schael sembra più impegnato a disciplinare il personale che a risolvere i problemi veri. La politica se ne lava le mani – con acqua forse non potabile – e lascia che sia chi lavora a fare i conti con la sete, il caldo e il disprezzo.

E allora sì, la sanità piemontese fa acqua. Fa acqua quando dimentica i lavoratori. Fa acqua quando si trincera dietro i dati per non vedere le condizioni reali. Fa acqua quando pensa che un bicchiere negato sia solo un dettaglio. Ma non è così. Perché un bicchiere d’acqua, in corsia, può valere quanto una promessa di rispetto. E quando anche quello manca, è la fine. Altro che potabilità: qui è la dignità ad essere contaminata.

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