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27 Giugno 2025 - 23:24
A sinistra: Umberto Bardelli, capitano di corvetta della X Mas, ucciso nello scontro a fuoco di Ozegna. A destra: il comandante partigiano Piero Piero.
Nel giugno del 1944 alcuni battaglioni della divisione Decima Mas vennero trasferiti in Canavese con il compito di reprimere il movimento partigiano che si era fortemente organizzato nella zona. Nei primi giorni la situazione rimase calma fino a quando un gruppo di marò del battaglione Sagittario, che era acquartierato ad Agliè, disertò e si recò alla stazione di Ozegna per prendere il treno e raggiungere Torino.
Di questa diserzione vennero a conoscenza i partigiani che, al comando di Piero Piero, raggiunsero velocemente Ozegna per catturarli. Anche gli uomini della Decima, al comando del maggiore Bardelli, si recarono ad Ozegna per arrestare i disertori. Fatalità volle che i due gruppi raggiungessero contemporaneamente tale località. Qui avvenne lo scontro a fuoco che causò la morte di 11 uomini della Decima, di tre partigiani e di un civile. Molto è stato scritto di questo combattimento e le versioni sono le più disparate.
Ci sono versioni di parte, nelle quali è inevitabile che vengano privilegiate le opinioni rispetto ai fatti. Le versioni di coloro che le raccontarono o le scrissero decenni dopo, inevitabilmente imprecise. Quelle di chi non c’era, ma riporta ciò che ha sentito dire da altri, ed in più ci aggiunge anche del suo.
Alla luce di tutto questo non è possibile ricostruire la realtà in modo oggettivo e distaccato perché la verità «vera» non esiste.
Riportiamo perciò sinteticamente le diverse versioni di alcuni protagonisti dello scontro.
Località Configliè, borgata di Pont sulla strada della Val Soana. Qui il 4 settembre 1944 avvenne l'esecuzione del tenente medico Gaetano Oneto.
Dal volume Piero Piero. Autobiografia di un protagonista della guerra partigiana 1943-1945.
Piero Piero è all’albergo Centrale di Pont Canavese. Viene a sapere che dei marò della X Mas sono a Ozegna pronti a disertare, attendono un treno. Decide prontamente di partire per Ozegna con un’Aprilia e due camion. «Giungono in breve tempo a Ozegna. Piero Piero è sull’Aprilia con tre partigiani, lo seguono gli altri partigiani sui camion. Si dirige verso la stazione.
Un marò di guardia spara senza colpire nessuno. Gli altri non sparano; si arrendono (…)
Piero Piero sente un rumore di camion che proviene dalla vicina piazza, gira la macchina e si dirige verso la piazza (…) sono in arrivo altri marò con due macchine, di cui una del loro comandante, il capitano di corvetta Umberto Bardelli, un camion e una corriera; stanno cercando i disertori tra i quali il tenente medico Gaetano Oneto (…).
Appena l’Aprilia si affaccia sulla piazza Piero Piero viene tirato fuori dall’auto da un marò e messo contro il muro della chiesa.
È disarmato, il suo mitra è sul sedile. Sul sagrato ci sono anche il parroco don Bacchio, don Ruffa di San Giorgio e il podestà. Bardelli (…) chiede la restituzione di Oneto e dei disertori (…) minaccia anche di portare Piero Piero in caserma se non consegna i disertori (…) Bardelli parlotta con i suoi, vuole Oneto a qualunque costo (…) ma il comandante Piero Piero vede affacciarsi alle finestre, sui tetti in posizione ottimale i suoi partigiani tutti appostati e pronti a sparare.
È una questione di secondi, Bardelli si distrae un attimo, fatale, e Piero Piero con un gesto fulmineo gli strappa la mitraglietta e grida: “Arrendetevi” ma Bardelli risponde: “Il Barbarigo non si arrende” ed è la sua ultima parola.
Piero Piero fa fuoco per primo, e con una raffica uccide Bardelli. Si scatena il finimondo; tutti sparano (…) il fuoco è concentrato su Piero Piero che viene ferito alla natica sinistra da una bomba lanciata da un marò contro di lui, si salva grazie all’eroismo del Balilla (Armando Francone), il più giovane partigiano del gruppo, tredici anni appena, che gli si butta addosso e rotolano entrambi nel fossato.
Francone perderà un occhio e quattro falangi di una mano.
Restano a terra tre partigiani, tra cui Giorgio Davito, e undici uomini di Bardelli. Alcuni marò riescono a scappare, tutti gli altri vengono disarmati, caricati sui due camion e portati in Val Soana a Campiglia».
Tedeschi partecipò allo scontro di Ozegna e venne fatto prigioniero. Dopo la guerra divenne senatore del Movimento Sociale Italiano.
Dal volume Sì bella e perduta: «Giunse notizia che un sottotenente, Gaetano Oneto, aveva disertato, con l’aiuto di due marò. Bardelli considerava il fatto inammissibile. Così decise di andare a riprendersi il fuggitivo, che era stato segnalato alla stazione di Ozegna.
La piazza era sbarrata da uomini armati: facevano segno di fermarsi. Bardelli diede l’alt, ci disse di non sparare e si avviò, a piedi, verso colui che evidentemente era il capo. Sapemmo poi trattarsi di certo Piero Urati, ex sottufficiale dell’Esercito, noto come Piero Piero (…)
Bardelli disse che i partigiani stessero tranquilli e ci lasciassero passare, perché dovevamo andare a riprendere un disertore.
Povero Bardelli, quel dialogo doveva servire soltanto a dar tempo al resto della banda a circondare la piazza e prenderci in trappola.
E quando il segnale venne, Piero Piero balzò indietro puntando l’arma contro il Comandante, ordinandogli di arrendersi. Ma Bardelli, invece di arrendersi, rispose lanciando un grido: “Il Barbarigo non s’arrende! Fuoco!”.
Mentre così gridava, il mitra nemico lo falciava. Noi tutti, che eravamo sul camion in mezzo alla piazza, non avemmo scampo. Il combattimento durò una decina di minuti (…)
Di 41 che eravamo, undici rimasero uccisi quasi subito, altrettanti furono feriti; chi era più agile riuscì a cavarsela con un gran balzo che lo portò a ridosso della chiesa; il più svelto di tutti imboccò addirittura la porta della canonica, salì sul campanile e poi, a cose finite, dette l’allarme ai nostri (…)
in tre o quattro fummo messi contro un muro per essere passati per le armi; un’anima buona ci salvò gridando: “Arrivano i tedeschi!”. Allora in fretta e furia, fummo caricati su una vecchia corriera e trasportati a Pont Canavese».
Il combattimento di Ozegna ebbe un epilogo che fu unico nella storia della Resistenza italiana: la fucilazione del sottotenente Gaetano Oneto da parte di un plotone di esecuzione misto, composto da cinque partigiani e cinque marò della Decima.
Andiamo con ordine.
La mattina successiva allo scontro di Ozegna la Decima Mas occupò il paese minacciando di bruciarlo e prese in ostaggio oltre 40 uomini e due donne che portarono ad Ivrea, alla caserma Freguglia. Iniziò una febbrile trattativa, alla quale partecipò attivamente il parroco don Bacchio, per la liberazione degli ostaggi in cambio della liberazione dei prigionieri in mano partigiana.
Dopo una settimana si concluse un accordo: gli ostaggi vennero liberati e stessa sorte toccò ai prigionieri dei partigiani, con l’esclusione di coloro che avevano fatto precisa scelta di passare nelle file partigiane.
Fin qui tutto è abbastanza chiaro: si trattò di uno scambio, una prassi già applicata altrove. Ma in questo accordo, conclusosi a metà luglio, il sottotenente Oneto non fece parte dello scambio. Verrà poi fucilato in Val Soana, a Configliè, nel territorio di Pont Canavese, da un plotone misto il 4 settembre 1944.
La motivazione di questo comportamento non è ben chiara. Da parte partigiana le testimonianze sono rare, mentre molto di più è stato scritto da esponenti della Decima Mas. Anche in questo caso si riportano sinteticamente alcune versioni.
Il partigiano Giorgio Davito, classe 1928, cadde l’8 luglio 1944 nello scontro a fuoco avvenuto nella piazza di Ozegna tra i partigiani di Piero Piero ed i marò della Decima Mas. A Giorgio Davito fuconcessa la medaglia d’argento al valor militare e in suo onore la divisione partigiana, comandata da Piero Urati (Piero Piero), ne assunse il nome. Dopo la Liberazione nel maggio 1945, la salma di Giorgio Davito fu traslata da Ozegna a San Giorgio, suo paese natale. Ai lati della bara il picchetto d’onore, composto da due partigiani armati di mitra: a sinistra Giovanni Datta (John) ed a destra Giorgio Guglielmino (Ricciolino). I due ragazzi in primo piano che imbracciano mazzi di fiori (Franco a sinistra e Giovanni a destra) sono gemelli e fratelli del caduto (foto archivio Giovanni Datta).
Dal libro Duri a morire sono presentati i ricordi del sergente Luciano Pieri: «Questo processo, e la relativa esecuzione, già precostituita, si dovevano svolgere a Configlieto (Configliè, ndr) Val di Soana. Il tribunale doveva essere costituito da uomini sia della Decima che dei partigiani, e lo stesso doveva essere per il plotone d’esecuzione (..).
Era una mattinata stupenda. Siamo stati per un bel po’ a contatto con questi partigiani, sempre col dito sul grilletto temendo un tradimento, come era accaduto ad Ozegna.
Il tenente Piccoli ci fece schierare davanti ad un muretto, prospiciente il fiume Soana, ed al nostro fianco prese posizione un plotone di partigiani (..).
Oneto arrivò allo spiazzo: era un ragazzo alto, vestito di un doppio petto grigio, con le mani legate dietro la schiena.
Il capitano Montanari, comandante di questa spedizione, arrivò assieme ad altri partigiani, fra cui credo vi fosse anche Piero Piero.
Oneto venne portato vicino al prete per confessarsi. Si buttò a terra chiedendo pietà, invocando sua mamma. Tutti misero mano alle armi, ma miracolosamente non nacque uno scontro.
Dopo qualche minuto Oneto fu alzato, che non aveva cessato di invocare pietà, fu legato ad una sedia, contro il muretto, con le spalle volte a noi.
Il capitano Montanari cominciò a dare gli ordini consueti: “attenti”, “puntate”. Il plotone d’esecuzione era formato da dieci di noi e dieci partigiani, ordinati su due file.
Al “puntate” Oneto si alzò con la sedia legata addosso, si volse verso di noi, e gridò: “Ragazzi, mirate al petto, viva l’Italia”.
Il plotone fece fuoco e Oneto cadde rantolante. S’avvicinò il capitano Montanari con la pistola, gli puntò l’arma, ma gli tremava la mano e non riuscì a sparare.
Allora un partigiano uscì dalle file del plotone, spostò il capitano, appoggiò la canna del mitra alla testa di Oneto e tirò una raffica che gli distrusse il capo.
Un gruppo di ufficiali scavalcò la gerarchia interna ottenendo un incontro con Mussolini, il quale se la cavò dicendo che il fatto era di una “leggerezza imperdonabile”».
Il volume Il Comandante Bardelli contiene la deposizione di Mario Tedeschi, rilasciata a Milano il 10 settembre 1944: «Il giorno 7 luglio disertava dal Sagittario, insieme con sette uomini, il tenente di corvetta Oneto.
Il giorno 8 luglio, nell’andare alla ricerca dei disertori, il comandante Bardelli veniva ucciso nell’imboscata tesagli a Ozegna.
Il tenente Oneto veniva in tal modo ad essere indirettamente il responsabile della morte del comandante Bardelli.
Il giorno 3 settembre il principe Borghese riuniva ad Ivrea tutti i comandanti dei battaglioni dislocati nella zona, comunicando loro che, avendo deciso di spostare le forze di fanteria marina nella valle di Lanzo, aveva dovuto prendere accordi con la banda di Piero.
Il patto sarebbe stato suggellato con la fucilazione del tenente Oneto, la quale, a detta del comandante Borghese, soddisfaceva in parte la uccisione di Umberto Bardelli.
Il comandante Borghese comunicava inoltre che la fucilazione sarebbe avvenuta in Val Soana, località scelta dai partigiani e posta interamente sotto il controllo, e secondo le modalità imposte dai partigiani, i quali rifiutavano di consegnare Oneto alle forze della Decima e chiedevano che venisse fucilato da marinai e banditi messi a comporre il plotone d’esecuzione».
Sempre da Il Comandante Bardelli si legge la lettera autografa di B.C., 4ᵃ compagnia, datata 12 settembre 1944: «Per partecipare alla fucilazione dell’ex tenente Oneto partimmo da Ivrea il mattino del 4 settembre e arrivammo a Pont verso le 8,30. Quattro uomini del Barbarigo rimasero a terra, e salirono una decina di N.P. (Nuotatori Paracadutisti) con due ufficiali.
Ripartimmo da Pont, diretti verso il luogo dell’appuntamento; preceduti da una macchina con a bordo un capitano ed un tenente.
Si va avanti per un altro chilometro e finalmente la macchina si ferma davanti ad una casa, fuori dalla quale stavano tre partigiani.
Altri cinque minuti di attesa e ricompare il capitano dei partigiani seguito dal cappellano e dal tenente.
Il nostro capitano ci dà l’attenti e presenta il picchetto al capitano dei partigiani; poi chiama quattro N.P. e li manda alla casa a prendere il condannato.
Intanto sbucano dalla strada sei ribelli e si schierano affiancati al nostro picchetto.
Arriva intanto, bendato e sorretto da quattro N.P., il tenente Oneto il quale, dopo essersi confessato, è condotto davanti al plotone d’esecuzione.
Dopo aver rifiutato la sedia ed aver pregato il nostro capitano di essere fucilato al petto gridò: “Dio sia benedetto! Viva l’Italia” e comandò con voce ferma: “Ragazzi… attenti… puntate...”.
I colpi di mitra partirono facendolo cadere al suolo.
Qualche rantolo uscì dalla sua bocca; un partigiano allora gli diede il colpo di grazia».
Nesi fu ufficiale della X Mas e autore del libro Ozegna 8 luglio 1944: «Tutti i prigionieri catturati a Ozegna, dopo una settimana erano stati liberati. Rimasero con Piero Piero i marò del battaglione Sagittario che avevano disertato con il guardiamarina Oneto.
Per Oneto ci furono non brevi e non facili trattative di scambio, perché non sempre venivano effettuate alla pari: uno contro uno.
Un semplice soldato non valeva un ufficiale. Arrivati a un disertore contro cinque partigiani, la conclusione fu rapida, ma vincolata ad una condizione imposta da Piero Piero, quella di poter partecipare alla fucilazione (..)».
L'autore fa riferimento a due documenti ufficiali firmati dal comandante della Divisione Decima Mas.
Il primo documento è un Ordine del giorno inviato a tutti i comandi dei battaglioni, datato 4 settembre 1944: «Il guardiamarina Oneto Gaetano di Battista, nato a Sampierdarena il 28/10/1913, riconosciuto colpevole dei seguenti reati: 1) diserzione, 2) sobillazione alla diserzione, 3) intelligenza con il nemico, 4) furto di armi, è stato condannato alla fucilazione alla schiena previa degradazione. La sentenza è stata eseguita stamane alle ore 10,30…».
Il secondo documento, indirizzato al Sottosegretario di Stato per la Marina e datato 8 settembre 1944, così riporta:
«L’8 luglio u.s. il tenente Oneto disertava dal battaglione Sagittario di stanza ad Agliè (Ivrea) con 10 uomini armati e passava ai banditi (..). In successivi accertamenti risultava che l’Oneto si era appropriato, prima della fuga, di una somma di denaro destinato alla paga del personale da lui dipendente e aveva fatto commercio, a suo personale vantaggio, di materiale appartenente all’amministrazione militare. La sentenza previa degradazione è stata eseguita in terreno neutro da un picchetto di 6 uomini della X e 6 banditi al comando del T.V. Montanari, in presenza di una rappresentanza di 20 uomini della X e di 20 banditi. Sebbene la fucilazione di un ex ufficiale da parte di un picchetto misto composto come sopra detto presenti caratteristiche non ortodosse, si ritiene che il provvedimento sia stato salutare anche ai fini delle conclusioni che ne potranno trarre coloro, che per avventura, avessero in animo di disertare le file repubblicane per passare ai banditi».
«Per concludere le interminabili trattative, Piero Piero propone di fucilare sul posto Oneto, visto che il suo destino è comunque segnato, onde evitargli almeno le torture; si prepara un plotone formato da cinque marò e da cinque partigiani della Volante. È Piero Piero a dare l’ordine per l’esecuzione».
Da queste versioni una motivazione netta e chiara non esiste. Sicuramente il plotone misto è il risultato di un accordo avvenuto tra le parti. Ma cosa prevedeva questo accordo da consentire un’azione che fu unica nella storia della Resistenza italiana?
Allo stato delle conoscenze è impossibile trarre delle precise conclusioni su un fatto così originale.
Bibliografia
Bordogna Mario, (a cura di), Junio Valerio Borghese e la X flottiglia Mas dall’8 settembre 1943 al 26 aprile 1945, Edizioni Mursia, Milano 1995.
De Mayo Tullia – Viano Vincenzo, Il prezzo della libertà, Edizioni A.N.P.I. di Cuorgnè, Lanzo 1977.
Lazzero Ricciotti, La Decima Mas. La compagnia di ventura del principe nero, Rizzoli, Milano 1984.
Lombardi Andrea, Comandante Bardelli, Edizioni effepi, Genova 2005.
Nesi Sergio, Ozegna 8 luglio 1944. Cronaca di una inutile strage, Edizioni Lo Scarabeo, Bologna 2008.
Perissinotto Marino, Duri a morire. Storia del battaglione Barbarigo, Edizioni Ermanno Albertelli, Parma 2001.
Tedeschi Mario, Sì bella e perduta. Storia del battaglione Barbarigo, Edizioni Campo della memoria, Roma 1994.
Urati Piero (a cura di Rosanna Tappero), Piero Piero. Autobiografia di un protagonista della guerra partigiana 1943–1945, Edizioni Le Château, Aosta 2005.
«Il Gavason», Periodico della gente di Ozegna, nn. 6 e 8, 1998.
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