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Vietato andare a scuola in bici (a Ciriè). La denuncia di una cittadina smaschera la retorica green del Comune

Clara Vittone solleva il caso: “Prima dicono di pedalare, poi vietano di lasciare le bici nel cortile delle scuole”. E intanto nessuno risponde alle mail

Vietato andare a scuola in bici (a Ciriè). La denuncia di una cittadina smaschera la retorica green del Comune

Vietato andare a scuola in bici (a Ciriè). La denuncia di una cittadina smaschera la retorica green del Comune

C’è qualcosa che non torna nel racconto green della Città di Ciriè, e a farlo notare, con tono fermo ma pacato, è una cittadina, Clara Vittone, che ha deciso di rompere il silenzio e mettere nero su bianco ciò che molti genitori pensano ma non dicono: andare a scuola in bicicletta è bello, ma solo se il Comune ti lascia farlo davvero.

La questione, in apparenza banale, è in realtà il simbolo di un cortocircuito tra propaganda e realtà. Da un lato, il Comune diffonde volantini con consigli ai bambini: “Vai a piedi o in bicicletta”. Posta sui social con entusiasmo per celebrare l’adattamento degli spazi urbani alla mobilità sostenibile. Dall’altro, quando una famiglia decide di seguire alla lettera quei suggerimenti virtuosi, scopre che… non si può. O meglio, si può andare in bici, ma non la si può lasciare nel cortile della scuola.

“Ho scritto diverse mail per segnalare il problema” – racconta Clara – “ma, a parte la dirigente scolastica, nessuno ha risposto. Nemmeno un ‘presa visione’ per cortesia istituzionale”. Un silenzio assordante, che diventa doppio schiaffo: il primo all’educazione civica, il secondo alla coerenza amministrativa.

La cittadina ha fatto anche un piccolo censimento: controllando altre scuole, persino fuori Ciriè, ha scoperto che la regola di vietare il parcheggio delle biciclette all’interno del cortile scolastico non è affatto diffusa ovunque. Anzi, sembra essere una singolarità tutta ciriacese. E, come se non bastasse, pare venga fatta distinzione tra bici degli alunni e quelle degli insegnanti. “Ma perché? Sono entrambe biciclette!”, scrive giustamente, con tono sorpreso. Una domanda che in una città che dice di puntare sulla mobilità dolce non dovrebbe nemmeno porsi.

Il problema, però, non è solo di natura logistica. Il nodo è culturale. “Sarà possibile trovare una soluzione?”, chiede Clara. “Le intenzioni sembrano buone, ma le azioni dovrebbero essere all’altezza”. Un’osservazione che colpisce nel segno: la mobilità sostenibile non si fa con i post su Facebook, ma con scelte concrete, quotidiane, tangibili. Con spazi sicuri per le biciclette, rastrelliere, cortili aperti ai mezzi a due ruote. Con ascolto delle istanze dei cittadini, soprattutto quando sono propositive e educate.

Nel suo post, Clara rilancia l’appello: “Troviamo una soluzione per garantire che i mezzi di trasporto – bici, monopattini – siano al sicuro da furti e vandalismi. Solo così possiamo educare, sensibilizzare e formare cittadini più responsabili dell’ambiente”. Parole semplici, ma potentissime. Perché è esattamente di questo che si tratta: di coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa. Di rispetto per chi ci crede davvero, e non solo nelle giornate mondiali della bicicletta o nei progetti finanziati dal PNRR.

Un dialogo costruttivo, scrive ancora Clara, può portare a tutto. Ma per dialogare servono due interlocutori. E a oggi, da parte del Comune, nessuno si è ancora fatto vivo.

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