Cerca

Attualità

Caluso: il balcone cadente e il wc dei piccioni. Shakespeare scansati

Dalla tragedia di Romeo e Giulietta alla farsa urbana dei marciapiedi killer e delle “opere d’arte” pericolanti. Passeggiare a Caluso è un’avventura tra contatori a vista, ferri sporgenti e guano di piccione. Ma tranquilli: è tutto sotto controllo. Forse.

Un balcone ridotto così da un incidente avvenuto anni fa'

in Via Vittorio Veneto

"Oh Romeo, Romeo, perché non posso affacciarmi e tu avvicinarti?"
Se la tragedia di Shakespeare andasse in scena oggi a Caluso, più che l’amore contrastato di due giovani innamorati, a tenere col fiato sospeso sarebbe la condizione del balcone. Già, perché per affacciarsi da certe ringhiere calusiesi servirebbe il coraggio di chi partecipa a un reality estremo. Altro che Verona: qui ci ritroviamo direttamente in una puntata alternativa di Squid Game, in versione urbanistica, dove il premio finale non è l’amore eterno, ma la semplice sopravvivenza del pedone.

Benvenuti a Caluso, comune canavesano dalle radici antiche e dal manto stradale... altrettanto vetusto. Una cittadina che a suo malgrado si ritrova palcoscenico di una tragicommedia quotidiana, dove i protagonisti — ignari cittadini, bambini, anziani, turisti — devono affrontare prove di coraggio degne della miglior coreografia post-apocalittica. Altro che marciapiedi: qui abbiamo percorsi a ostacoli, buche a sorpresa, balconi ballerini e installazioni artistiche non richieste.

Prendiamo Via Vittorio Veneto: uno dei simboli di questa decadenza estetica. Da anni — sì, anni — un balcone rimasto vittima di uno scontro con un camion campeggia come scultura incompiuta. Una sorta di monumento al disinteresse, un’opera post-industriale dal titolo ipotetico: “Aspettando la messa in sicurezza”.

Ferro contorto, cemento sconsolato, uno scenario che neppure Banksy oserebbe firmare. La domanda sorge spontanea: è arte o è negligenza? Nel dubbio, meglio passare al centro della carreggiata, sperando che non arrivi un altro camion.

In Via Armando Diaz

L'immancabile compagno in Via Armando Diaz

Ma la galleria del rischio non si ferma qui. Basta fare due passi — con prudenza — fino a Via Armando Diaz. Qui il protagonista è un altro balcone che mostra con orgoglio la sua pancia: una pancia nuda, slabbrata, con ferri scoperti e crepe in bella vista. Una dichiarazione d’intenti: guardatemi, sto cadendo con eleganza. Come se non bastasse, c’è anche un contatore a vista, perché a Caluso l’arredo urbano è un optional. E per non farci mancare nulla, ecco il tocco finale: un wc per piccioni, opera multisensoriale che coniuga degrado, odori e rischio igienico-sanitario. Un vero e proprio tour esperienziale, offerto gratuitamente dai palazzi del centro.

Sia chiaro: questi non sono casi isolati. A Caluso, i marciapiedi dissestati sono così diffusi da sembrare voluti. Come se l’amministrazione avesse pensato a una forma alternativa di educazione motoria. Addio tapis roulant, benvenuti crateri, gradini mancanti, salite ardite e buche profonde. Si attraversa il paese come in un videogioco: ogni tratto è un livello da superare, ogni errore un rischio reale. Solo che qui, purtroppo, non c’è il tasto “ripeti livello”.

Chi ci rimette? Sempre loro: i cittadini. Quelli che provano a camminare col passeggino, che accompagnano un parente anziano, che portano la spesa o semplicemente tentano il gesto rivoluzionario di andare a piedi. Un gesto che a Caluso è diventato estremo. Pericoloso. Da evitare.

E allora, chi gioca davvero la partita? Chi è il burattinaio di questo teatro dell’assurdo? Chi sono gli autori invisibili di questo immobilismo? Chi dovrebbe essere — metaforicamente parlando, s’intende — eliminato dal gioco per manifesta incapacità di gestione del decoro urbano?

L’impressione è che a Caluso la vera tragedia non sia Giulietta che non può vedere Romeo, ma i cittadini che non possono vedere una città curata, sicura, accogliente. Non chiedono opere faraoniche o passerelle mediatiche. Chiedono solo di non rischiare la vita ogni volta che si affacciano, camminano o alzano gli occhi. Chiedono, in fondo, normalità.

E allora, forse, è arrivato il momento di spegnere le luci su questa scenografia tragicomica e accendere qualche faro. Perché l’ironia, per quanto terapeutica, non basta a tenere su un balcone. E non tiriamo troppo la corda, che una è già tesa, sperando non sia neanche elettrica, stando attenti a evitare qualche buca.

In Via vittorio Veneto





Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori