AGGIORNAMENTI
Cerca
Cronaca
25 Giugno 2025 - 01:11
lavori in corso
È crollato ancora. Lunedì 24 giugno 2025, una nuova fetta di ospedale si è staccata dal cielo (quello dei disastri annunciati) ed è piombata nel Laboratorio Analisi delle Molinette, centro nevralgico della Città della Salute di Torino. A finire giù, stavolta, è stato il controsoffitto. Fortunatamente, non ci sono stati feriti. Ma è ormai un dettaglio di pura fortuna. La vera notizia, quella che non fa più notizia, è che stiamo parlando dell’ennesimo crollo. L’ennesimo episodio che dimostra come il sistema sanitario piemontese stia letteralmente sprofondando. Sotto ogni punto di vista.
E no, non si tratta di un caso isolato. Solo due giorni prima, sempre all’interno della Città della Salute, era toccato al Day Hospital del San Lazzaro. Una doppietta da primato mondiale, altro che ospedali agli "onori del mondo". Qui gli ospedali sono ormai sui manuali internazionali di edilizia del disastro. Manuali, va detto, che però nessuno dei nostri amministratori sembra aver letto.
A denunciare il crollo del 24 giugno sono stati i sindacati Cgil, Cisl, Uil e Fials, con toni che ormai rasentano la disperazione. «Invece di sospendere le attività per garantire la sicurezza del personale e degli ambienti, la direzione ha pensato bene di installare un ponteggio interno sotto cui i tecnici continuano a lavorare regolarmente», hanno scritto. Insomma, la scena è questa: laboratori pieni di strumentazioni, impianti elettrici attivi, personale specializzato che opera in condizioni da zona sismica e ponteggi montati alla bell’e meglio. Non siamo a Kabul. Siamo a Torino. E siamo nel 2025.
Nel frattempo, i pazienti che aspettano i prelievi sono costretti ad attendere fuori, sotto il sole o sotto l’acqua. Il tutto in una città che si riempie la bocca di parole come accoglienza, diritto alla salute, efficienza sanitaria. Ma che poi non riesce nemmeno a garantire un riparo decente a chi si presenta con una ricetta medica in mano.
E mentre tutto questo accade, mentre i controsoffitti si sbriciolano e la sicurezza strutturale degli ospedali sembra un concetto astratto, qualcuno trova anche il tempo per le medagliette. Il sindaco Stefano Lo Russo, sempre pronto con le forbici in mano per il prossimo taglio del nastro, ha premiato tra gli “ambasciatori di Torino nel mondo” il direttore del Dipartimento di Oncologia della Città della Salute, Umberto Ricardi, che ha avuto il coraggio di dichiarare: «Spero che Torino possa avere presto ospedali agli onori del mondo per chi ci lavora e per chi deve essere curato». Onori del mondo? Qui siamo a livelli da record, sì, ma per numero di pezzi caduti in testa.
Se non fosse tragico, sarebbe comico. Invece è solo desolante. Perché quello che sta accadendo negli ospedali torinesi – non solo le Molinette, ma anche il Sant’Anna, il CTO, il San Lazzaro – è il risultato di anni di scelte sciagurate, di manutenzioni inesistenti, di proclami fatti più per coprire l’inazione che per lanciare progetti seri. Tutti aspettano il famoso Parco della Salute, quell’utopia architettonica e funzionale che dovrebbe sostituire l’attuale complesso. Ma mentre si aspetta, e si aspetta, e si aspetta ancora, il vecchio sistema sanitario implode su se stesso. E chi lo vive – operatori, medici, pazienti – si arrangia come può, pregando che quel giorno non cada proprio il soffitto sopra la propria testa.
E a proposito di promesse, ricordate il piano straordinario da 32 milioni di euro annunciato dalla Regione nel 2022? Doveva risolvere i problemi con interventi urgenti, a breve e medio termine. Ma a distanza di tre anni, la fotografia è desolante: di lavori veri e propri nemmeno l’ombra, e intanto i problemi si moltiplicano. Daniele Valle, consigliere regionale del Pd, lo ha detto chiaro: «Era il 3 ottobre 2022 quando crollava il primo controsoffitto alle Molinette. Da allora ci sono state altre cadute, ma come unico segno tangibile oggi ci ritroviamo una nuova porta scorrevole e una pavimentazione dell’atrio, inaugurate in pompa magna». Ecco, benvenuti nel paese dove si rifanno gli ingressi mentre gli ospedali cadono a pezzi.
E non è finita. Perché i dati parlano chiaro: le Molinette sono tecnicamente, strutturalmente e funzionalmente obsolete. Non c’è da ristrutturare, non c’è da rattoppare. C’è da ricostruire da capo. Ma dire questa verità significa dover affrontare una responsabilità politica gigantesca, che nessuno, evidentemente, vuole prendersi. Meglio allora limitarsi alla strategia del cerotto: tappare la buca, montare il ponteggio, rassicurare a parole, ignorare la sostanza.
E se qualcuno prova a sollevare la voce? Zittito. Se un medico denuncia le condizioni di lavoro? Isolato. Se un sindacato chiede la sospensione delle attività in nome della sicurezza? Derubricato a “catastrofista”.
Ma la verità è che Torino sta affondando nella vergogna di una sanità che cade a pezzi, e a cui si risponde con conferenze stampa e rendering colorati. Finché qualcuno non si farà davvero male – e non per metafora – continuerà così. A ogni crollo, un comunicato. A ogni denuncia, un’altra pezza. A ogni indignazione pubblica, un’altra foto del Parco della Salute che verrà.
Solo che nel frattempo, la salute vera – quella dei cittadini, quella degli operatori – è già sotto le macerie. E sotto i controsoffitti crollati.
Edicola digitale
I più letti
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.