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Il toro del Farò cade di lato: sarà un anno "brutto"

Tradizione secolare, piazza piena, ma il simbolo della città cade di lato: né fortuna né sventura. Solo incertezza. E domani fuochi, concertoni e speranze da riconquistare

Il farò di Torino: un simbolo di tradizione e speranza per l'anno che verrà

Torino, 23 giugno 2025. Il cuore della città ha ripreso a battere attorno alle fiamme del Farò di San Giovanni, l’antico rito propiziatorio che da secoli anima la vigilia del santo patrono. Alle 22 in punto, in una gremita Piazza Castello, il sindaco Stefano Lo Russo ha appiccato il fuoco alla grande pira di legno, affiancato dalle maschere storiche di Gianduja e Giacometta, come da cerimoniale. In pochi minuti le fiamme hanno avvolto la struttura, e lo sguardo di migliaia di torinesi si è concentrato verso l’alto, lì dove svettava il toro rampante, simbolo della città e ago della bilancia per interpretare il futuro.

Ma quest’anno il destino ha esitato. Il toro è caduto "di lato", non né verso Porta Nuova (presagio di buon auspicio), né verso Palazzo Reale (considerato, invece, di cattivo augurio). Un’esitazione che ha lasciato spazio a ironie e interpretazioni. “Andrà un po’ bene e un po’ male”, ha commentato sorridendo il primo cittadino. Un verdetto diplomatico, specchio forse della complessità del presente e dell’incertezza del domani.



Un rito che viene da lontano

La tradizione del Farò affonda le sue radici nel lontano 18° secolo, anche se si ispira a riti ancora più antichi. La prima testimonianza ufficiale risale al 1790, quando il Re di Sardegna ordinò di celebrare il patrono con l’accensione di un grande falò. In realtà, già nei secoli precedenti, in tutta Europa si usava accendere fuochi propiziatori nel periodo del solstizio d’estate, in onore del sole e della fertilità. A Torino, la festa si sovrappose con la celebrazione di San Giovanni Battista, patrono amatissimo della città, e assunse una dimensione pubblica, teatrale, solenne. Da allora, tra interruzioni e rinascite, il Farò è rimasto un appuntamento imprescindibile.

Ogni anno, al termine del rogo, si attende il momento in cui la scultura del toro crolla. Se cade verso Porta Nuova, il destino sarà favorevole. Se invece cade verso Palazzo Reale, è un segnale infausto. Lo scorso anno, nel 2024, il toro cadde proprio in direzione di Porta Nuova, facendo sperare in un anno sereno. Ma, a giudicare dagli ultimi mesi, i torinesi sanno che la realtà spesso smentisce anche i più radicati riti.

La festa continua: tra concerti e fuochi d’artificio

Il Farò, però, è solo l’inizio. Domani, 24 giugno, Torino continuerà a festeggiare con una lunga giornata di eventi. Al mattino, alle 10:30, è prevista la tradizionale Messa solenne al Duomo, seguita dalla distribuzione dei Pani della Carità. Nel pomeriggio il Po ospiterà regate di canottaggio e dragonboat, che richiamano ogni anno sportivi e curiosi.

In serata, Piazza Vittorio Veneto si trasformerà in un grande palco per il concerto gratuito "Torino is Fantastic", condotto da Gerry Scotti e Noemi. Tra gli artisti attesi: Shaggy, Annalisa, Tananai, Antonello Venditti, Gianna Nannini, Il Volo, Mahmood e Alessandra Amoroso. Uno spettacolo che promette di far cantare tutta la città.

A chiudere i festeggiamenti, intorno alle 23:30, l’attesissimo spettacolo pirotecnico visibile dal Lungo Po. Per accedere all’area concerto servirà registrarsi con QR code e presentarsi entro le 20:30. Le zone saranno sei, tutte presidiate per garantire la sicurezza. Chi non riuscirà a entrare potrà comunque ammirare i fuochi dalle aree verdi e blulungo il fiume.

Tradizione, modernità e un segno da interpretare

Tra fiamme, musica e folla, il Farò si conferma come uno dei momenti più identitari e sentiti del calendario torinese. Anche quando il toro si ostina a non scegliere una direzione, la città si raccoglie intorno alla sua simbologia, accendendo speranze, risate e qualche inevitabile riflessione.

E mentre Torino si prepara a vivere un'altra notte magica, resta quell’incertezza sospesa a mezz’aria, tra il fuoco e il cielo: “Andrà un po’ bene e un po’ male”. Che è forse la profezia più onesta, e più umana, che si potesse chiedere.

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