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23 Giugno 2025 - 22:34
Radicalizzati e pronti a colpire: la nuova minaccia si nasconde tra i giovani
L’ultimo caso è quello di un ventenne di origine marocchina, fermato a Perugia. È stato arrestato giovedì scorso dai carabinieri del Ros: secondo gli investigatori, si era detto disponibile ad unirsi all’ISKP, la famigerata articolazione dello Stato Islamico attiva nella regione del Khorasan. Un nome che evoca scenari di guerra, propaganda estrema e reclutamento digitale. Ed è proprio su internet che prende forma uno dei fenomeni più preoccupanti degli ultimi anni: la radicalizzazione jihadista tra i giovanissimi. Sempre più spesso, infatti, a cadere nella rete sono ragazzi molto giovani, talvolta anche minorenni, che si avvicinano all’ideologia estremista attraverso forum, social e piattaforme criptate.
Un processo insidioso, silenzioso, ma che desta la massima attenzione da parte dell’intelligence italiana e delle unità antiterrorismo, soprattutto alla luce dell’escalation di conflitti in Medio Oriente. L’offensiva israelo-americana contro l’Iran – uno scenario in continua evoluzione – rischia di dare nuovo impulso alla propaganda online, aumentando esponenzialmente il pericolo di attivazioni autonome. I famigerati lupi solitari: soggetti isolati, radicalizzati in solitudine, spesso sconosciuti ai servizi, che possono colpire senza preavviso, senza una rete alle spalle, senza cellule dormienti strutturate sul territorio.
E mentre si monitora il web, cresce anche l’attenzione sulle rotte migratorie: i flussi verso l’Italia sono in aumento e – per quanto sia doveroso ribadirlo – non si può escludere il rischio che tra i migranti si nascondano profili pericolosi, già radicalizzati o pronti ad esserlo. Gli sbarchi dal Nord Africa sono in costante crescita, ma è la rotta balcanica a preoccupare: corridoio terrestre poco presidiato, utilizzato per portare elementi islamisti in Europa.
Alla luce di questo quadro, dopo la riunione straordinaria di domenica al Viminale del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica e del Comitato di analisi strategica antiterrorismo, il livello di attenzione sul territorio italiano è stato notevolmente innalzato. Le direttive inviate a prefetti e questori sono chiare e perentorie: rafforzamento della sorveglianza su obiettivi statunitensi, incluse le basi Usa e i comandi Nato; monitoraggio attento di eventuali manifestazioni promosse da movimenti antimilitaristi e antagonisti; controllo accurato delle misure di protezione per obiettivi legati agli Stati Uniti e a Israele; e infine, ricognizione e rivalutazione delle difese presso le infrastrutture critiche.
Particolare attenzione anche a aeroporti e stazioni ferroviarie, soprattutto nei giorni e nelle tratte frequentate da turisti americani e da membri delle comunità ebraiche. Ma l’incubo più grande resta quello di un attentato improvviso, messo in atto da un singolo, in luoghi simbolici o affollati che non rientrano nei classici target israeliani o americani.
Negli ultimi mesi in Germania si sono verificati episodi emblematici: auto lanciate sulla folla, accoltellamenti casualiper strada. Atti di terrorismo difficili da prevedere e quasi impossibili da intercettare in anticipo. Proprio per questo, le forze dell’ordine italiane sono state invitate a rafforzare la presenza nei luoghi della movida, durante eventi pubblici, feste, concerti, ovunque si registrino grandi concentrazioni di persone.
I dati europei parlano chiaro: nel 2024 gli attentati in Europa sono raddoppiati rispetto al 2023. E il trend non accenna a diminuire nei primi mesi dell’anno in corso. È il cosiddetto effetto-Gaza: un’escalation di odio e violenza che si riflette nel numero di attacchi, molti dei quali – quasi la metà – direttamente connessi al conflitto nella Striscia. In prevalenza, si tratta di aggressioni con armi bianche, compiute da soggetti con meno di 30 anni.
L’apertura del fronte iraniano rischia ora di moltiplicare la chiamata alle armi via web, con una propaganda che punta dritta a conquistare le menti più fragili e vulnerabili. Giovani italiani compresi.
A confermare la pericolosità della situazione, bastano alcuni episodi recenti:
Milano, maggio: arrestato un ventenne egiziano, studente alla Statale. Faceva propaganda jihadista online e conservava un manuale per la costruzione di ordigni artigianali.
Merano, marzo: in manette un 23enne perito elettrotecnico, autore di contenuti jihadisti e antisemiti su internet. Stava perfezionando le sue capacità nella fabbricazione di esplosivi.
Palermo, maggio: fermati due cittadini bengalesi di 21 e 18 anni, accusati di aver diffuso materiale di propaganda dell’ISIS e di istigazione al jihad.
È evidente che la rete è un campo di battaglia strategico per la sicurezza nazionale. Ma non è l’unico. Anche le frontiere meritano un controllo meticoloso. I 30mila sbarchi previsti per il 2025 (già 6mila in più rispetto all’anno scorso) accendono un campanello d’allarme, soprattutto per l’aumento delle partenze dalla Libia. I controlli sulle persone che arrivano via mare sono oggi più scrupolosi che mai, per intercettare potenziali infiltrati radicalizzati.
Quanto alla rotta balcanica, da pochi giorni sono attivi pattugliamenti congiunti tra le polizie di Italia, Slovenia e Croazia, al confine con la Bosnia. Un progetto sperimentale che durerà almeno tre mesi, mirato a contrastare il transito di elementi sospetti.
Infine, massima allerta anche sul fronte cyber. Gli attacchi informatici rappresentano una componente fondamentale della guerra ibrida, ormai indissolubilmente legata ai conflitti armati. Nel mirino degli hacker – spesso legati a gruppi terroristici o a Stati nemici – ci sono il comparto energetico e l’industria della Difesa: settori strategici da proteggere con ogni mezzo.
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