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22 Giugno 2025 - 17:07
B-2 sopra l’Iran, crateri nel nucleare e minacce sullo Stretto: la guerra (ri)comincia a mezzanotte.
Con il nome in codice “Midnight Hammer”, gli Stati Uniti hanno colpito nella notte tre impianti nucleari iraniani, riportando il mondo sull’orlo di un nuovo conflitto in Medio Oriente. Il blitz, ordinato dall’ex presidente Donald Trump e coordinato dalla Casa Bianca, è stato annunciato in una conferenza stampa dal Segretario alla Difesa Pete Hegseth e dal capo di Stato Maggiore generale Caine.
«Poche persone a Washington ne erano a conoscenza», ha spiegato Caine. L’operazione ha coinvolto sette bombardieri strategici B-2, decollati in segreto e rimasti in volo per 18 ore senza scalo, nel più lungo raid dalla guerra in Afghanistan del 2001. Gli aerei hanno colpito nella notte iraniana Fordow, Natanz ed Esfahan, tre dei principali centri del programma nucleare di Teheran.
«È stato un successo schiacciante», ha dichiarato Hegseth, precisando che «i bombardamenti hanno devastato il piano nucleare iraniano e non hanno preso di mira civili o truppe». Il Segretario ha poi sottolineato: «L’operazione non mirava al cambio di regime. L’Iran sia intelligente e ascolti le parole di Trump: ogni rappresaglia scatenerà una forza maggiore da parte nostra».
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) June 21, 2025
Prima di colpire, Washington avrebbe avvertito gli alleati regionali e persino Teheran, secondo quanto riferito dal sito Amwaj.media, diretto da un analista iraniano con base in Gran Bretagna. Una fonte politica iraniana, rimasta anonima, ha confermato che «l’amministrazione Trump il 21 giugno ha comunicato di non voler uno scontro totale e di voler colpire solo i tre siti nucleari».
Secondo al Jazeera, immagini satellitari mostrano «tre grandi crateri» nei punti d’impatto e «ingressi ai tunnel completamente ostruiti». Le difese aeree iraniane sarebbero state «distrutte». Ma Teheran nega: «L’industria nucleare è profondamente radicata nel nostro Paese e le sue radici non possono essere distrutte», ha detto alla TV di Stato Behrouz Kamalvandi, portavoce dell’Agenzia per l’Energia Atomica dell’Iran, aggiungendo: «Ci sono danni inflitti ai siti, ma non è la prima volta che la nostra industria viene colpita. La nasconderemo di nuovo».
A preoccupare ora è la possibile chiusura dello Stretto di Hormuz, passaggio strategico per un terzo del petrolio mondiale. «Il Parlamento ritiene necessario chiuderlo», ha dichiarato Esmail Kosari, membro della Commissione per la sicurezza nazionale iraniana. Ma la decisione spetterà al Consiglio Supremo di Sicurezza.
Durissima la reazione degli Stati Uniti. «Chiudere lo Stretto di Hormuz sarebbe un suicidio», ha detto il vicepresidente J.D. Vance. «Tutta la loro economia passa da lì. Non credo abbia alcun senso. Gli Stati Uniti non sono in guerra con l’Iran, ma con il suo programma nucleare. Gli attacchi di stanotte hanno ritardato sostanzialmente lo sviluppo delle armi nucleari».
Immediata la convocazione di una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. La premier Giorgia Meloni ha avuto colloqui urgenti con il premier canadese Mark Carney, presidente di turno del G7, con il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro britannico Keir Starmer. Sono stati attivati anche i contatti con Mohammed bin Salman (Arabia Saudita), Mohammed bin Zayed (Emirati Arabi Uniti) e Tamim al-Thani (Qatar).
«È stata condivisa e data massima rilevanza alla necessità di lavorare per una rapida ripresa dei negoziati tra le parti per evitare un ulteriore allargamento del conflitto e arrivare a una soluzione politica della crisi», comunica Palazzo Chigi.
Nel frattempo, l’America si blinda. Massima allerta da New York a Los Angeles, passando per Washington D.C., dove le autorità federali stanno monitorando possibili minacce. «Le nostre risorse sono pienamente impegnate. Rimaniamo vigili. Dio benedica l’America e tutti coloro che la difendono», ha scritto su X il vicecapo dell’FBI Dan Bongino.
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