Cerca

Pagine di storia

Ël Quintët, la musica nel sangue. Un’antica tradizione canavesana

Un testo di Rinaldo Doro per la rivista "Canavèis" di Baima e Ronchetti

Brosso, aprile 1979. Diego e Natale Mattiè Cassietto (foto G. Torra)

Brosso, aprile 1979. Diego e Natale Mattiè Cassietto (foto G. Torra)

Ël Quintët, ël Trombi (le trombe), la Muda (il cambio), la Fanfara sono denominazioni in uso in diversi paesi del Canavese – rispettivamente Brosso, Rueglio, Palazzo e Quincinetto – per indicare lo stesso tipo di formazione musicale, un ensemble formato da strumenti a fiato, perlopiù ottoni.

***

L’indicazione quintetto non deve però dare adito all’idea che siano necessarie almeno cinque persone per formare il gruppo, questa motivazione è bensì dovuta alla struttura musicale: trattasi difatti di musica eseguita con cinque parti differenti. Gli strumenti che compongono il quintët sono strumenti a fiato, non essendo contemplate le percussioni o i cordofoni.
Qualche volta può comparire la fisarmonica, ma non era prevista all’origine della formazione. Gli strumenti a fiato, essendo per loro natura monofonici, con la formazione a cinque voci differenti creano polifonia.

Le parti del quintët

Per comporre un quintët, come indicazione teorica, occorrono cinque parti: la Prima parte o Canto (viene eseguita generalmente da un clarinetto, un saxofono o da una tromba); il Contraccanto (può essere eseguito dagli stessi strumenti, i quali possono suonare una parte in terza, o in ottava o una melodia variata); gli Accompagnamenti (normalmente eseguiti dai Genis; formano le due note dell’accordo, terza e quinta e suonano generalmente in levare); il Basso (mantiene il tempo e la quadratura del tutto, non disdegnando però talvolta di eseguire esso stesso il tema portante).

Questa formazione si presume abbia come genesi la Fanfara militare (denominazione, come abbiamo detto, ancora in uso a Quincinetto, Carema, Settimo Vittone, Tavagnasco, ecc.), che eseguiva musiche atte ad essere suonate in movimento, in marcia o di corsa. Era quindi auspicabile l’uso di uno strumento portatile, non eccessivamente pesante e soprattutto facilmente gestibile in intonazione e articolazione. L’uso di clarinetti e saxofoni sarebbe stato introdotto molto più tardi, con l’avvento della Banda.

Montalto Dora, immediato dopoguerra. I Coscrit esprimono la loro gioia correndo per le vie del paese.

Montalto Dora, immediato dopoguerra. I Coscrit esprimono la loro gioia correndo per le vie del paese.

Stati Uniti d'America, 1900 circa. Al centro, con il basso a tracolla, Romeo Barasa di Quassolo; alla sua sinistra il fratello Ercole, famoso trombettista.

Stati Uniti d'America, 1900 circa. Al centro, con il basso a tracolla, Romeo Barasa di Quassolo; alla sua sinistra il fratello Ercole, famoso trombettista.

Ricordiamo che, in Italia, l’organizzazione di Bande musicali non avvenne prima del 1865 e che, con l’avvento del Regno d’Italia (1861), la pratica di alfabetizzazione musicale venne largamente diffusa nelle città e nei paesi, proprio per dare vita a quelle forme associative chiamate Bande.
Maestri di musica, appositamente stipendiati, vennero interpellati nei vari comuni per istruire alla lettura musicale i suonatori che fino ad allora avevano fatto più pratica che grammatica, cioè suonavano ad orecchio, senza spartito.
Questo contribuì alla scomparsa di tutto un repertorio arcaico di tradizione orale, ma si sa che non si può suonare musica bandistica, di natura colta o semi-colta, senza che ognuno rispetti la sua parte.

Il quintët antico

Gli strumenti del quintët antico erano diversi dagli attuali: tipo la cornetta (derivante dalla cornetta militare senza pistoni), dal suono più morbido e agile rispetto alla tromba.
Il canneggio conico della cornetta influisce molto sul suono, rendendolo più scuro e melodioso; la tromba, invece, presentando un canneggio cilindrico, suona con tonalità più squillanti.
La cornetta eseguiva la parte del Canto. Il Contraccanto poteva essere eseguito dal genis (della famiglia dei Flicorni) o dal bombardino (nome in italiano Eufonio), entrambi strumenti a canneggio conico.
La famiglia dei Genis fu strutturata da Adolphe Sax, l’inventore del saxofono, attorno al 1845.

Gli Accompagnamenti possono oggi essere eseguiti anche dal trombone a coulisse o dal corno francese, a seconda della disponibilità.
Il Basso può essere suonato dal tuba o dal bassotuba; un modello adatto alla marcia è l’helicon.
A Torino c’erano diversi costruttori di strumenti a fiato (Moretto, Milanesio, Morutto) e anche nelle nostre zone: ad esempio la fabbrica Pitetti di Ivrea.
La lega metallica usata non era sofisticata, ma il suono scuro e armonico che ne derivava è una caratteristica sonora del quintët antico.

Una musica spontanea

Abbiamo parlato finora di musica scritta per banda, ma il quintët prevede che si suoni senza notazione scritta, senza orchestrazione, se non quella spontanea e a orecchio.
Il testimone Aldo Fontana, suonatore di tromba di Brosso, nel 1974 raccontò ad Amerigo Vigliermo:

«Noi suoniamo tutti più volentieri nel Quintët! Noi non siamo musicanti del Conservatorio e allora, venendo su con qualche suonata da Quintët, ci sembra che suonino bene e allora c’è un’altra soddisfazione! Come ti dico, meglio che suonare un pezzo... Capisco che suonare un pezzo abbia un altro valore, un’altra faccenda, ma il Quintët è una soddisfazione più grossa per noi e anche per quelli che ascoltano, almeno per quelli di questi nostri paesetti che sono nati lì e si capisce che non sanno la musica, ma la sentono! Eccome se la sentono!»

Emerge così tutta la spontaneità e la bellezza che caratterizzano la nostra tradizione musicale popolare, aldilà di ogni velleità e speculazione economica.

Il repertorio musicale

Qual è il repertorio del Quintët?
Generalmente sono ballabili: valzer, polche, mazurche, monferrine, ma anche marce e brani cantati.
Si costituiva ad esempio la Fanfara dei Coscritti o la Fanfara dei Partenti, che suonava quando qualcuno emigrava.
Per i funerali c’era invece tutta la Banda. Non c’erano occasioni speciali: bastava la voglia e nasceva la festa.

Il quintetto permette l’interscambiabilità tra i suonatori, anche se non si conoscono. Nessuno è primadonna, ma tutti giocano in squadra.
Molti titoli erano anonimi: valzer Amore notturno, polca Scossa elettrica, La va benone! (di Dante Corzetto detto Rabat, di Rueglio).
Altri titoli: Polca veglia, Mazurca Veglia, Polca di Bagino, Polca di Anita (eseguita da Anita Mosca, nipote di Aristide Mosca detto Palasòt).

Spesso restano solo indicazioni come Valzer n. 10 o Mazurca n. 2, con numeri riportati su libretti usati come promemoria.
Questi libretti, preziose testimonianze, sono spesso l’unica fonte disponibile per ricostruire il repertorio.
La musica del quintët non è statica, ma si aggiorna continuamente. Anche brani leggeri o moderni vengono eseguiti con lo stile tipico del passato.

I grandi suonatori.
Per concludere, qualche nome di suonatori da QuintëtIsidoro Battistino detto Barba Mineur, Renato Battistino, Aldo Fontana (Brosso); Leo Bosonetto, Renato Vairetto, Ninetto Vairetto (Carema); Primo Avial (Lessolo); Carletto Giovanetto, Margherita Vigna (Montestrutto); Aristide Mosca detto Palasòt, Quinto Bonino (Palazzo Canavese);
Giuseppe Buat, Lino Buat, Domenico Jachi (Quincinetto); Dante Corzetto detto Rabat, Melino Peraglie, Gianni Peraglie, Gelso Vigna (Rueglio); Gianni Prola, Giacomo Sardino (Settimo Vittone).


La mazurca del Piën d’Alàs
«Ballavano sino a togliere l'erba»

Un aneddoto raccontato dalla viva voce di Isidoro Battistino di Brosso«Ti posso dire che il titolo originale era Una volta ero bella. Era nel 1922 e la gente qui a Brosso viveva facendo gli operai alla miniera o i margari. Nel mese di giugno c’è stato uno sciopero di tre mesi e, dato che era il tempo del fieno, tutti sono andati su per le cascine a tagliarlo. Dato che tutti suonavano, si sono portati dietro lo strumento perché sapevano di stare su almeno quindici giorni. E così di sera si trovavano dove c’erano le matòtte (ragazze) e suonavano e ballavano fino a notte tarda.
Forse perché non sapevano tanti ballabili o forse perché la mazurca piaceva a qualcuno, suonavano sempre quella e così ha preso il nome della Mazurca del Piën d’Alàs! Si dice Piën d’Alàs, ma non è tanto in piano. Era un prato e a forza di girarci sopra hanno strappato persino la tëppa (il manto erboso)! I proprietari erano molto arrabbiati! Pensa, era quando c’erano ancora tutte quelle ragazze… Già, quando c’erano tutte quelle ragazze e bastavano solo doi cotlet-te… e l’era già festa gròssa!»

Brosso, aprile 1979. Renato Battistino al clarinetto e Isidoro Battistino detto Barba Mineur al genis (foto G. Torra).

Brosso, aprile 1979. Renato Battistino al clarinetto e Isidoro Battistino detto Barba Mineur al genis (foto G. Torra).

Palazzo Canavese, marzo 1979. La Muda 'd Palàs, da sinistra Anita Mosca, Quinto Bonino, Elvio Giovannini, Florido, Aristide e Giuliana Mosca (foto G. Torra).

Palazzo Canavese, marzo 1979. La Muda 'd Palàs, da sinistra Anita Mosca, Quinto Bonino, Elvio Giovannini, Florido, Aristide e Giuliana Mosca (foto G. Torra).

TI E' PIACIUTA QUESTA PAGINA DI STORIA? QUI NE TROVERAI TANTE ALTRE CLICCA

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori