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Alberto Cirio si dimette e va a fare il Ministro...

Ha deciso di cambiare aria. Peccato che a Roma ci sia quella del raccordo anulare

Alberto Cirio si dimette e va a fare il Ministro...

Alberto Cirio

Da mesi – pardon, da ben prima delle elezioni regionali dello scorso anno – gira questa voce mezza bisbigliata e mezza urlata, come succede solo quando la smentita serve a tener viva l'indiscrezione: Alberto Cirio si sarebbe stufato di fare il presidente del Piemonte. Vuole “andare oltre”. Tradotto: Roma, Bruxelles, Strasburgo, l'Onu, magari pure Marte, se ci fosse un posto da rappresentante permanente della viticoltura langarola.

Lui, ovviamente, fa spallucce. Sorride. Ma il tam tam continua. Vuole fare il ministro, dicono i bene informati (quelli che sbagliano sempre). Oppure il sottosegretario. O, per non farsi mancare nulla, l’europarlamentare. E qui la domanda sorge inevitabile: ma Cirio è davvero così sprovveduto da mollare il trono di governatore, all'ultimo piano del grattacielo, per andare a sgobbare in un sottoscala ministeriale?

Ma dai. Suvvia. Un po’ di rispetto per l’intelligenza. Nessun presidente di Regione sano di mente – neppure Zaia, che parla con gli animali, Fedriga, che vive in Friuli e lo fa sembrare glamour, o De Luca, che a ogni conferenza stampa cita i Vangeli apocrifi – ha mai avuto la tentazione di emigrare verso incarichi più piccoli, più faticosi e molto meno prestigiosi.

Perché va detto, a scanso di equivoci: in Italia fare il presidente di Regione è meglio che fare il ministro. Hai potere, visibilità, sei chiamato “presidente” pure dal panettiere, e nessuno ti chiede davvero conto di quello che fai. Anzi, più sorridi alle inaugurazioni, più ti amano. Se poi arrivi puntuale a una fiera del peperone o a un taglio del nastro per un asilo nido, ti danno anche la cittadinanza onoraria.

Quindi, la vera domanda è un'altra: chi ha messo in giro questa voce? Forse Cirio stesso, con quell’astuzia tutta sua da ragazzo di campagna che ha capito come sopravvivere nella giungla dei franchi tiratori ("Tranquilli prima o poi me ne vado...", "Adesso me ne vado", "Occhio che me ne vado"), oppure qualche avversario che spera di liberarsi di lui per manifesta ambizione. Diciamo che se fosse "gossip", è fatto malissimo. Perché il presidente, a giudicare dal numero di selfie, in media tre   al giorno, due con sindaci e uno con un salame dop, sembra non avere la benché minima intenzione di andarsene.

Lo vedete voi, uno come lui, svegliarsi alle 5 per prendere il treno per Roma, affrontare commissioni parlamentari, votazioni notturne, emendamenti e mozioni? Lui che oggi gira il Piemonte tra sagre del formaggio, celebrazioni alpine e scuole appena tinteggiate, con l’aria di chi si gode la seconda giovinezza?

Ha 52 anni. Alla scadenza naturale del secondo mandato – che nessuno oggi osa pronosticare sarà l’ultimo – ne avrà 56.

E se nel frattempo passa la riforma per il terzo mandato, cosa fa? Si ritira a vita privata a fare il testimonial per le eccellenze piemontesi? Ma non scherziamo. E' evidente che si farà  un'altro giro e a 61 anni avrà ancora tempo per decidere cosa vuole fare da grande. Diciamo che se nel frattempo spuntasse, un posto da Commissario Ue (improbabile) alla Meloni viene un coccolone e chiedono a lui di candidarsi alla presidenza del Consiglio, magari un pensierino ce lo potrebbe fare. Ma sottosegretario? Suvvia.

Cosa succederà nei prossimi anni ve lo diciamo noi. Continuerà a fare quello che gli riesce meglio: girare il Piemonte con l’espressione soddisfatta di chi ha appena raccontato la storia della penna "Bic", stringere mani, distribuire pacche sulle spalle e raccogliere complimenti come figurine. Il tutto con quella tipica aria da eterno studente in gita scolastica, con l’orgoglio di chi sa di essere il preferito della prof.

E dunque, basta con queste voci. Cirio non va da nessuna parte. Resta lì dov’è. Fa il presidente. Anzi, fa il Re. Il Re a casa sua. E se qualcuno ha ancora dubbi, faccia un salto a Vinitaly, al Salone del Libro, o alla prossima inaugurazione di una rotonda a Fossano. Sarà lì, immancabile, con il sorriso da campagna permanente e lo sguardo di chi pensa: "Cambiare aria? No, grazie. Preferisco il profumo di Barolo e consensi".

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