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19 Giugno 2025 - 23:20
Il consigliere regionale Sergio Bartoli
È bastato un voto. Un singolo emendamento – tecnico, condiviso, già benedetto dalla Giunta – per trasformare l’Aula del Consiglio regionale del Piemonte in una zona rossa da crisi di nervi. Alla fine, Forza Italia ha deciso di votare contro… sé stessa.
Il casus belli è l’emendamento del consigliere Sergio Bartoli, presidente della V Commissione – Ambiente, in quota alla lista Cirio Presidente – Piemonte Moderato e Liberale. Il testo, già approvato in Giunta, puntava a eliminare il vincolo dei due mandati per i presidenti degli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC) e dei Comprensori Alpini (CA). Un’idea tutto sommato sensata: premiare competenze ed esperienza, evitando di buttare a mare risorse umane solo per un limite formale.
Ma qualcosa – o qualcuno – ha deciso che fosse l’occasione perfetta per piantare il coltello nella schiena della maggioranza. A votare contro l’emendamento sono stati proprio cinque consiglieri di Forza Italia: Mauro Fava, Annalisa Beccaria, Debora Biglia, Davide Buzzi Langhi e Francesco Graglia. Con loro anche i leghisti Luigi Icardi e Fabio Carosso, che hanno evidentemente ritenuto opportuno aggiungere un pizzico di caos istituzionale al caldo di giugno.
La reazione di Bartoli? Furibonda.
“Una vera e propria imboscata. Una vigliaccata consumata in Aula”, ha detto, senza nemmeno provare a nascondere lo sconcerto. E in effetti la scena ha il sapore della tragedia greca, condita però da una certa goffaggine piemontese: “Quando un emendamento viene condiviso con l’Esecutivo e approvato dalla Giunta, ci si aspetta coerenza. Invece, alcuni colleghi hanno scelto deliberatamente di colpire non solo un provvedimento ragionevole, ma anche la stabilità politica della coalizione.”
Una crisi tutta interna, in cui Forza Italia si prende a sportellate da sola. Con una nota di umorismo involontario: “Forse qualcuno ha confuso i Presidenti degli ATC con i Sindaci o i Presidenti di Regione. Se così fosse, saremmo di fronte a un caso da manuale: il caldo estivo ha mandato in tilt il giudizio politico di una parte del gruppo azzurro.” Il termometro politico, in effetti, ha superato i 40 gradi.
Sul merito, poco da dire: l’emendamento non prevedeva deroghe automatiche, ma solo la possibilità di confermare chi lavora bene, con l’ok degli enti locali e delle associazioni. La legge nazionale del 1992, ricordata in Aula dall’assessore Gianluca Vignale, non prevede alcun limite di mandato. La norma piemontese è un unicum, senza fondamento giuridico.
Eppure, tutto questo è passato in secondo piano. Il dato politico è un altro: una frattura profonda nella maggioranza, un atto di sfiducia mascherato da voto tecnico. Anzi, neanche tanto mascherato.
“Chi ha votato contro ha tradito non solo me, ma la linea del Presidente Cirio e della sua stessa Giunta”, ha affermato Bartoli. Il che, detto da un esponente della lista civica del Presidente, suona più come un’ultima chiamata che come un richiamo all’ordine.
Nel frattempo, il Consiglio ha proseguito l’esame della Legge di Riordino. Approvati 35 articoli su 54, tra cui quello proposto dal leghista Marco Protopapa per l’istituzione del Polo termale dell’Acquese, e vari emendamenti su urbanistica e gestione delle risorse idriche. Ma l’aria era tesa, e la sospensione della seduta ha fatto capire che non si trattava solo di “normale dialettica parlamentare”.
Ora la domanda è una sola: quanto può ancora reggere questa maggioranza? Perché se Forza Italia comincia a colpire i propri uomini in Aula, allora il problema non è l’opposizione, ma il riflesso nello specchio.
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