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18 Giugno 2025 - 22:44
Luca Bravo
In una società che troppo spesso minaccia l’autostima di chi si sente più fragile, dove la violenza di genere continua a essere una piaga quotidiana, difendere il diritto alla libertà e all’espressione di sé non è solo un dovere morale: è una necessità urgente. Per molte donne, questo significa imparare a riconoscere, prevenire e affrontare situazioni che vanno dalle molestie verbali fino alle aggressioni più estreme.
A raccogliere questa esigenza sociale, con passione e visione, è Luca Bravo, maestro 6° Dan di Karate, cintura nera e fondatore del Dojo di Caluso, attivo dal 2000 in via Martiri d’Italia 16. Nato come centro dedicato al karate agonistico per i più piccoli, il Dojo ha saputo evolversi nel tempo, fino a diventare un vero punto di riferimento per chi cerca non solo un’arte marziale, ma uno strumento di consapevolezza, crescita personale e autodifesa.
“Ho avuto la fortuna di partecipare ad alcuni stage e corsi di formazione con il maestro Giuseppe Beghetto, una leggenda del Karate europeo”, racconta Bravo. Beghetto, noto anche come campione olimpico di ciclismo su pista, è stato per anni responsabile tecnico della sede lombarda della Fijlkam, nonché fondatore del Dojo “Sho Bu Kan” a Gallarate nel 1969. Allievo diretto del Maestro Hiroshi Shirai, 7° Dan, con oltre 400 gare alle spalle, è oggi considerato una pietra miliare delle arti marziali italiane. Un esempio, un maestro, una guida.
Ma è proprio dalla volontà di andare oltre lo sport e riscoprire le radici più profonde del combattimento, che Luca Bravo ha intrapreso un nuovo percorso: quello del Koryu Uchinadi. Si tratta di un sistema tradizionale, riscoperto e codificato da Hanshi Patrick McCarthy, che affonda le sue radici nell’Okinawa pre-moderna, mescolando tecniche cinesi con un’applicazione pratica, realistica e moderna.
In un esercizio di difesa personale, da destra a sinitra il collega Paolo Burzio insieme a Luca Bravo
Da sinistra a destra il gruppo piemonte nella disciplina del Koryu Uchinadi: Luca Bravo, Burzio Renato,Giorgia Pascarella, Renato Ricci, Davide Pronzato,Mauro Nicoletta, Andrea Gobbato
Gli esercizi esterni
Il Koryu Uchinadi privilegia la pratica a coppie (Tegumi futari geiko), il contatto, la simulazione di scenari credibili. Le kata – le forme – non sono esercizi estetici, ma sintesi strategiche dei movimenti studiati. Il principio è chiaro: sfruttare la biomeccanica umana per difendersi nel modo più efficace e meno rischioso possibile. “Non è solo una disciplina fisica”, spiega Bravo, “ma un percorso che coinvolge mente, corpo e spirito. Un’educazione alla lucidità, alla calma, alla scelta giusta nel momento sbagliato”.
Nel 2016, il Dojo ha compiuto un ulteriore salto di qualità, aprendo le sue porte alla formazione in autodifesa, con un occhio di riguardo al mondo femminile. Oggi, la sede dedicata a questi corsi si trova in via Rua 1 a Caluso, ospitata nello studio dell’osteopata Marta Salvetti, a testimonianza di un approccio integrato tra benessere fisico, prevenzione e consapevolezza.
“Il mio obiettivo non è trasformare le persone in combattenti, ma aiutarle a sentirsi più sicure, più stabili, più presenti”, dice Bravo. “La tecnica non serve a scatenare reazioni impulsive, ma a dosare l’intervento, a capire quando e come agire, senza mai travalicare i limiti della legge e del buon senso”.
La difesa personale, sottolinea, non è mai vendetta. È un’azione mirata, razionale, spesso l’ultima spiaggia prima della fuga. Serve a neutralizzare una minaccia, non a punire. “Una reazione eccessiva può ritorcersi contro. Si deve colpire solo quanto basta per mettersi in salvo”.
E non mancano i consigli pratici: “Evitate di difendervi con le chiavi in mano, se non sapete come usarle. Rischiate di farvi male. E anche i calci nei genitali maschili, se non ben direzionati, possono peggiorare la situazione: l’aggressore potrebbe reagire con maggiore violenza”. Meglio puntare a colpi semplici, ma efficaci: “Le orecchie, i muscoli delle gambe, i punti che stordiscono e danno il tempo di scappare.In più, utile colpire gli occhi affinché l'avversario non riesca ad avere più il controllo della situazione visiva. L’obiettivo non è vincere, ma uscire vivi e indenni”.
Importante, poi, non cedere allo stereotipo: la difesa personale non è solo per le donne. “Anche gli uomini possono essere vittime e devono sapere come difendersi. Cambia il contesto, ma non il principio: agire sempre con proporzione e lucidità”, sottolinea Bravo.
Accanto a lui, a sostenere questo progetto, ci sono anche il collega Paolo Burzio, Quarto Dan, e il giovane aiuto istruttore Dal Zovo Reale Thomas. Da quest'anno, inoltre, con i bambini, vi sarà Pietro Zocca. Insieme, portano avanti un’idea diversa di Dojo: non solo un luogo dove si apprendono tecniche di combattimento, ma una vera e propria scuola di vita. Una comunità.
In un tempo in cui si parla troppo spesso di paura e troppo poco di strumenti per affrontarla, il Dojo di Caluso si propone come baluardo educativo, spazio di libertà, punto di riferimento. Perché l’autodifesa, insegnata bene, praticata con coscienza, è molto più di un pugno ben assestato: è un atto di rispetto verso sé stessi. E verso il mondo che ci circonda.
Per chi possa essere interessato, può contattare il maestro Luca Bravo sia al numero 3463020497 che per mail ildojo.caluso@gmail.com insieme al link di riferimento https://www.koryu-uchinadi.it .
Il valore del Dojo di Caluso all'interno di vari seminari
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