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13 Giugno 2025 - 00:20
Vent’anni di Fondazione Guelpa: milioni distribuiti, promesse rilanciate
Venti anni di impegno a favore della cultura, della memoria e dello sviluppo locale. La Fondazione Guelpa li ha celebrati lunedì 9 giugno, in Municipio a Ivrea, tracciando le rotte "future" di una trasformazione che guarda ben oltre la semplice erogazione di contributi.
I numeri sono pomposi. Dal 2005 a oggi la Fondazione ha destinato oltre 8 milioni di euro a enti, associazioni culturali e al Comune di Ivrea, finanziando in particolare le attività dell’Assessorato alla Cultura e del Museo Civico “P.A. Garda”. Un flusso continuo di denaro che ha permesso a molte realtà locali di crescere, produrre cultura e consolidare il tessuto sociale eporediese.
Ma il futuro ha nuove ambizioni, e a guidarle saranno il presidente Bartolomeo Corsini, la vicepresidente Daniela Broglio e i consiglieri Giacomo Bottino, Sabrina Gonzatto e Giancarlo Guarini.
In primis, il progetto per la nascita di un Polo Culturale della Città di Ivrea, per il quale il Collegio degli Esperti della Fondazione sta definendo le Linee Guida che daranno vita a un bando internazionale di progettazione. Lo Studio GROMA, incaricato della prima fase di lavoro, sarà presto protagonista di una pubblicazione su una rivista tecnica specializzata.
Al centro del rilancio identitario della Fondazione anche il recupero dell’immobile dove visse Lucia Guelpa, da cui tutto ebbe origine. Nasce così Casa Guelpa, un progetto di riqualificazione che "trasformerà l'appartamento di 300 metri quadri in un luogo d’incontro, riflessione e ricerca, aperto alla città e alle istituzioni culturali italiane". "Un “luogo vivo” per l’ideazione e la condivisione di cultura..." dicono.
Accanto a questi interventi, la Fondazione ha annunciato un’importante collaborazione con la Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia – Archivio Nazionale del Cinema d’Impresa.
Obiettivo: il riordino e la conservazione dell’Archivio storico del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa e di altre esperienze teatrali del Canavese.
Un patrimonio raro di circa 3.300 tra video e audio, contenente tracce di personalità del calibro di Edoardo Fadini, Carmelo Bene, il Living Theatre, Agata Guttadauro, la Compagnia Solari-Vanzi, e materiali legati alla storica produzione video dell’Olivetti. Un archivio prezioso che, grazie a questo accordo, sarà salvaguardato e restituito alla fruizione pubblica.
Tra le cose fatte, l’inserimento del Cimitero di Ivrea nell’ultima edizione dell’Atlante dei Cimiteri Significativi Italiani, presentata alla fiera internazionale Tanexpo di Bologna nell’aprile 2024. Un riconoscimento importante, che include Ivrea nel circuito nazionale della valorizzazione culturale dei cimiteri monumentali.
Ma forse l’aspetto più dirompente della nuova fase riguarda la scelta della Fondazione di diventare un Ente del Terzo Settore (ETS), iscrivendosi al RUNTS – Registro Unico Nazionale del Terzo Settore. Un passo che ne modificherà profondamente il profilo giuridico e operativo: non più solo soggetto erogatore, ma vero e proprio promotore attivo di progetti culturali, in grado di accedere a bandi nazionali e regionali, costruire reti e attrarre nuove risorse.
Palazzo municipale. Ore 11. La Fondazione Guelpa convoca la stampa per celebrare i suoi vent’anni di attività. Numeri, progetti, fotografie. Otto milioni di euro distribuiti in due decenni, un nuovo bando internazionale alle porte, la riqualificazione della casa di Lucia Guelpa (circa 300 metri quadri), l’accordo con l’Archivio del Cinema d’Impresa. Si presenta come una macchina che si muove. Ma basta scostare la tenda per accorgersi che gira spesso a vuoto.
Dietro l’annuncio delle “Linee Guida” per il Polo Culturale e della trasformazione in ETS – Ente del Terzo Settore – la Fondazione prova a rilanciarsi, promettendo di non essere più soltanto un ente erogatore, ma un “promotore di progetti culturali”. Una dichiarazione d’intenti che non è nuova. Nel bilancio previsionale, nero su bianco, si parlava già di Casa Guelpa, di co-working, di sinergie. Nessuna menzione, però, al problema – lo avranno irrisolto? – degli ascensori, da mesi oggetto di contese condominiali. Ma tant’è.
E ancora… co-working? Per chi? Per il consiglio di amministrazione della Fondazione – Corsini, Broglio, Bottino, Guarini, Gonzatto – che si riunisce una volta al mese, quando va bene? Per chi, esattamente? Per studenti immaginari? Per lavoratori senza fissa dimora? Per operatori culturali che nessuno ha mai convocato? A Ivrea, dove gli uffici sfitti non si contano più, l’idea di aprire l’ennesimo spazio in un appartamento di piazza di città suona come una moda d’importazione – in ritardo – da un mondo che qui, semplicemente, non esiste. Co-working per nessuno.
Eppure, le intenzioni erano chiare. Il bilancio previsionale parlava di “redazione del bando internazionale per la progettazione esecutiva del Polo culturale di Piazza Ottinetti”, della ristrutturazione della residenza di Lucia Guelpa, del superamento del semplice ruolo erogativo per diventare motore culturale. Obiettivi ambiziosi, almeno sulla carta.
Per anni, la Guelpa è stata l’ossessione della politica eporediese. Ai tempi del sindaco Stefano Sertoli, bastava sfogliare un verbale per trovare la parola “Guelpa” ogni tre righe. Un mantra: lascito, fondazione, statuto, biblioteca, museo. Poi, con l’arrivo di Matteo Chiantore, è calato il silenzio. Ex oppositori divenuti assessori – Francesco Comotto, Massimo Fresc – e la questione è uscita dai radar. Nessun dibattito, nessuna polemica, nessuna rendicontazione pubblica.
Fino a quando, due settimane fa, la miccia si è riaccesa. L’occasione? Una mozione presentata in Consiglio comunale da Andrea Cantoni di Fratelli d’Italia. Un documento che chiede di “smetterla di usare la Fondazione come un bancomat buono per tutte le stagioni culturali”. Parole dure, che puntano dritte al nodo centrale: a cosa serve oggi la Fondazione Guelpa?
“Siamo giunti a un momento storico – ha detto – Se giuridicamente non ci sono più vincoli, moralmente sì. La Guelpa deve diventare un faro culturale. Ma dobbiamo volerlo. Possiamo anche decidere di chiudere tutto. Oppure esplodere. A livello nazionale.”
Una frase che suona tanto come ultimatum quanto come provocazione.
Il progetto del Polo culturale – che si era portato avanti qualche anno fa grazie al lavoro dell’architetto Patrizia Bonifazio e di sei studenti dell’Alta Scuola Politecnica (Vesna, Luca, Luis, Morena, Davide, Eugenia) – è evaporato tra carte, delibere e rinvii. I materiali del Museo Etnografico, oltre 2.300 pezzi, sono stati sistemati alla meno peggio nell’ex centro cottura e nella vecchia sala lettura.
E poi, i numeri. La Fondazione ha deliberato 5 milioni di euro a favore del Comune. Una somma che ha stravolto l’equilibrio patrimoniale dell’ente.
A fine 2025, se – e solo se – l’ex Cena verrà effettivamente abbattuto, resteranno appena 1,4 milioni di euro in cassa, su un patrimonio che nel 2014 ammontava a 7,2 milioni, quando i soli interessi garantivano 700 mila euro l’anno e permettevano a molti di dormire sonni tranquilli. Oggi, gli interessi sono scesi a 59 mila euro, una cifra che non copre nemmeno le spese correnti.
Il problema, insomma, è uno solo e ha il sapore di una profezia che si compie: il patrimonio si sta consumando, lentamente ma inesorabilmente. A colpi di prelievi, ristrutturazioni, progetti lasciati a metà, ascensori in lite condominiale e co-working per nessuno, ci si avvicina al punto di non ritorno. E quando il conto sarà vuoto, come in certe favole senza lieto fine, le cicale smetteranno di cantare. E resterà solo il silenzio.
E ora? La conferenza stampa promette il rilancio, un bando internazionale, una nuova fase. Ma i fatti non corrono alla stessa velocità delle intenzioni. Il Cena è ancora in piedi. Gli archivi sono ancora da riordinare. E il faro culturale continua a tremolare come una candela in mezzo al vento.
La verità è che nessuno ha ancora deciso davvero cosa farne, di questa Fondazione. E ogni giorno che passa, ogni euro speso senza una visione, ci avvicina al finale già scritto. Quando il salvadanaio sarà vuoto, sarà troppo tardi per domandarsi come usarlo.
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