Cerca

Attualità

Salva una storia: quando la memoria diventa azione civile

A Caluso gli studenti del Martinetti ricostruiscono le vite di 22 ebrei internati durante la guerra. Nasce così un progetto di Public History che restituisce dignità alle vittime e crea luoghi permanenti della memoria. Con un documentario, un ebook e una scultura commemorativa, la scuola si apre al territorio e alla coscienza collettiva

La dirigente dell'Istituto Piero Martinetti

Katia Milano

In un tempo in cui la memoria storica viene troppo spesso distorta, banalizzata o piegata a fini politici, preservare l’autenticità del ricordo della Shoah non è solo un esercizio intellettuale, ma un dovere etico. L’Olocausto non è un evento confinato nelle pagine dei libri: è un monito permanente, un grido che attraversa le generazioni contro ogni forma di disumanizzazione. Per questo la sua commemorazione deve restare immune da ogni strumentalizzazione geopolitica e da ogni logica contingente.

Ricordare non significa tacere. Significa, al contrario, assumersi la responsabilità di esercitare un pensiero critico, anche nei confronti di chi, come lo Stato d’Israele oggi, agisce in uno scenario internazionale che merita di essere interrogato con gli stessi strumenti etici e civili con cui giudichiamo ogni attore politico. Perché è proprio nella forza della memoria — vera, condivisa, documentata — che risiede la capacità di opporsi a nuove forme di persecuzione, a vecchie logiche di dominio, alla violenza che si abbatte su chi non ha voce.

È in questo contesto che si inserisce “Salva una storia”, il progetto dell’IIS Martinetti di Caluso, un esempio concreto di come la Didattica della Storia e la Public History possano fondersi, con risultati sorprendenti. Se la prima si muove entro i confini sicuri della scuola, con metodi consolidati e un pubblico circoscritto, la seconda si avventura nello spazio pubblico, sfidando la complessità delle interpretazioni e dialogando con la comunità. Quando le due dimensioni si incontrano, come in questo caso, la scuola si trasforma in officina viva di memoria collettiva.

Il progetto, attivato negli anni scolastici 2021-2022 e 2022-2023, ha preso forma con l’intento di ricostruire le vicende di 22 ebrei internati a Caluso tra il 1941 e il 1943: croati in maggioranza, ma anche serbi e un austriaco. L’approccio è stato rigoroso: ricerche d’archivio minuziose, incroci di dati, documenti recuperati, digitalizzati, analizzati. Ma l’idea si è presto allargata, travalicando i limiti della pura indagine storica. Grazie alla collaborazione con la Comunità Ebraica di Torino, con il Comune di Caluso e con enti come la Fondazione Fossoli, la ricerca è diventata un’opera di restituzione pubblica della memoria.

La dedizione degli studenti del Martinetti

Il risultato più visibile? Un documentario di 17 minuti, realizzato interamente dagli studenti delle classi 5G e 5E sotto la guida delle professoresse Francesca Lapolla e Daniela Neirotti, premiato a livello nazionale e punto d’arrivo di un lavoro collettivo multidisciplinare. A dare corpo alla memoria, però, è stato soprattutto l’allestimento di due veri e propri luoghi della memoria: una formella commemorativa e un memoriale permanente, installati in Piazza Ninfa Albaluce. Lì, dove prima c’era solo un’aiuola anonima, ora sorge un’opera d’arte che fonde Natura e Artificio: una magnolia abbraccia i tralci di vite in ferro della scultura, simbolo potente di rinascita e resistenza.

Il percorso didattico ha coinvolto numerose discipline — Storia, Filosofia, Arte, Lingua Inglese, Educazione Civica, IRC — e ha previsto momenti di alta formazione: dalla visita al campo di Fossoli e al Museo Monumento al Deportato di Carpi, agli incontri con esperti come Elena Mastretta, psicologa ed esperta di Didattica della Storia, e Catrin Vimercati, direttrice di Wikimedia Italia. È anche grazie a loro se gli studenti hanno realizzato un ebook pubblicato su Wikibooks, uno strumento di divulgazione che raccoglie le storie degli internati di Caluso, insieme a una riflessione sull’importanza della testimonianza.

Ogni fase del lavoro è stata pensata e realizzata con cura: la scrittura del soggetto, le illustrazioni ispirate ai luoghi di Caluso, la realizzazione delle musiche e dei sottotitoli. Ma soprattutto, è stata messa al centro la persona: ognuno dei 22 internati è stato raccontato nella sua individualità, con i dati biografici, le relazioni, le circostanze della cattura o della fuga, la deportazione o la salvezza.

“Mi è stato chiesto che senso ha oggi costruire un memoriale” — ha raccontato la professoressa Orsini, curatrice del progetto — “Ho risposto che è fondamentale avere un luogo fisico nel paese in cui la scuola opera. Un luogo dove potersi fermare, riflettere, ricordare. Un luogo della comunità”.

Un luogo che oggi è anche didattica attiva: da tre anni gli studenti del Martinetti guidano i più piccoli in visite al memoriale, un’attività che unisce memoria storica e orientamento scolastico. L’auspicio è che questa sinergia tra scuole medie e superiori continui nel tempo, rafforzando la consapevolezza delle nuove generazioni.

Il progetto ha potuto contare sul sostegno concreto del Comune di Caluso, della Comunità Ebraica, della Fondazione De Levy e della TOLI (The Olga Lengyel Institute for Holocaust Studies and Human Rights), dimostrando quanto l’interazione tra scuola e territorio possa produrre cultura viva e partecipata.

“Salva una storia” non è solo un progetto scolastico. È una presa di posizione civile, un investimento sulla coscienza critica, una risposta pedagogica e culturale all’oblio. È la dimostrazione che la Storia — quando esce dai confini dei manuali e cammina tra le strade — può ancora insegnare qualcosa. A tutti.

Piastrelle commemorative 

Piastrelle che portano un valore umano

Ulteriore memoriale 

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori