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Poveri sì, scemi no. Le case popolari di Settimo Torinese chiedono aiuto all'onorevole Riccardo Molinari

A Settimo 50 alloggi popolari murati da anni. Un cartello denuncia l’abbandono. La sindaca Piastra pensa alla demolizione, i residenti chiedono rispetto

Poveri sì, scemi no. Le case popolari di Settimo Torinese chiedono aiuto all'onorevole Riccardo Molinari

In foto Manciameli e il cartello

Non una lettera formale, non un post sui social. Un cartello. Scritto a mano, con i pennarelli. Attaccato a un palo, tra gli alberi, là dove la gente passa. Perché tutti leggano. Perché nessuno possa più dire “non sapevo”. Così, un gruppo di cittadini delle case popolari di Settimo Torinese – quartiere Borgo Nuovo – ha deciso di denunciare, ancora una volta, l’abbandono e il silenzio delle istituzioni. L’urgenza è tale da non aspettare il protocollo, né le risposte formali: serve che qualcuno ascolti. Subito.

A rivendicarlo, nero su bianco (anzi, rosso e blu su bianco), è Giuseppe Manciameli, inquilino storico e volto noto della protesta. Il messaggio è rivolto direttamente all’onorevole Riccardo Molinari, con una richiesta chiara e dignitosa: “Un incontro per discutere la situazione degli alloggi popolari”. Parole pesanti, pronunciate senza alzare la voce, ma che pesano come pietre.

Manciameli vive qui da 42 anni e, praticamente da sempre, chiede alla politica di non essere considerato un cittadino di serie B. Né lui, né le famiglie che vivono attorno a lui, né quelle che ogni giorno aspettano una casa mentre gli appartamenti restano chiusi, murati, abbandonati.

cartello

Tende e vetri rotti sui balconi di alcune abitazioni abbandonate; in basso, una delle case murate e un'altra con la porta rotta

Il contenuto del cartello è tanto semplice quanto esplosivo: circa 50 alloggi, da anni, sono chiusi. Nessuno li ha riassegnati. Nessuno ci ha più messo piede. Nessuno si è chiesto cosa significhi vedere le luci spente mentre le famiglie dormono in auto, o si arrangiano tra affitti insostenibili e pacchi della Caritas. Il paradosso è grottesco: appartamenti pubblici sbarrati e vuoti, mentre fuori l’emergenza abitativa divora vite e dignità. Intanto gli affitti delle case private salgono, i redditi stagnano, le spese impazziscono. “Le famiglie del nostro quartiere sono costrette a vivere in povertà”, si legge.

Non basta. Il cartello rilancia un’accusa precisa, una bomba messa giù con apparente innocenza, ma che pesa come una denuncia penale: “Abbiamo appreso che la sindaca intende abbattere il palazzo delle case popolari”. Sì, proprio quello dove ancora oggi abitano decine di famiglie. Sì, proprio quello dove alcuni alloggi – denuncia il cartello – “sono già stati venduti”. Venduti da chi? A chi? Con quale criterio? A quale prezzo? E soprattutto: con quale logica si abbatte un edificio da cui ancora devono essere trasferiti gli inquilini? Dove andranno? Chi pagherà il trasloco? Dove sono i piani, i tempi, le garanzie?

Da qui l’appello finale: “Chiediamo un incontro con Lei per discutere di persona la situazione e trovare soluzioni concrete”. Toni pacati, ma fermi. Una mano che chiede di essere stretta. Un diritto che reclama ascolto. Una dignità che nessuno ha il diritto di calpestare.

Nessuna minaccia, nessuna invettiva. Solo una richiesta di attenzione, firmata da chi, dopo anni di promesse e parole, ha deciso di alzare la voce con carta, nastro adesivo e pennarello.

Di proprietà del Comune di Torino ma gestito da ATC, questo "pezzo" di città – che nessuno al mondo ci invidia – qualche mese fa era tornato alla ribalta delle cronache sulla scia di alcune "sparate" davvero grosse della sindaca Elena Piastra, la "visionaria" o, a seconda dei casi, la "chiacchierona". Sui giornali aveva parlato con entusiasmo di "abbattimento" e "ricostruzione" a prezzi calmierati. Come se bastasse cambiare le parole per cambiare la realtà. Un’idea che non solo non era piaciuta: a qualcuno erano pure girate come le pale di un ventilatore.

Giuseppe Manciameli, oggi come allora, non si nasconde. Punta il dito, senza timore. Sugli appartamenti sfitti. Su quelli abbandonati. Su quelli murati per evitare gli abusivi, ma “riscaldati” come se fossero abitati. Sul contatore che gira. Sulle bollette altissime. Sulle cantine trasformate in discariche, con il rischio d’incendio dietro ogni angolo. Su quel cortile che non è più un cortile, su quelle fermate del bus senza vetri, su quell’area cani con il muretto crollato.

Guarda l’emergenza abitativa dritta negli occhi e non si dà pace. 

“Perché non li riassegnano?” si chiede. “Se c'è questo bisogno di case, perché murarli?” si interroga. “La Piastra sta gettando benzina sul fuoco”, diceva qualche mese fa. “Non vorrei si stesse già pensando all'abbattimento senza che vi sia uno straccio di idea su cosa fare con chi ancora abita qui. La politica dovrebbe ascoltare i cittadini. Ma poi, che senso avrebbe abbattere? Hanno appena speso più di un milione per rifare i tetti e, non più tardi di una decina di anni fa, ci avevano chiesto se volevamo acquistare gli alloggi. Qui ci sono persone che non hanno di che sfamarsi, che vivono con il pacco della Caritas, che non hanno un lavoro, che chiedono aiuto... Chi gli dà i soldi per un trasloco?”

Qualche mese fa, Manciameli aveva anche incontrato l’assessore regionale Maurizio Marrone“Si è fatto un'idea dei nostri problemi”, raccontava. “Mi ha promesso che tornerà con il nuovo presidente dell'ATC. Lo sto aspettando...”

E poi ancora. “Abbiamo pagato per 40 anni la Gescal”, dice. “È giusto che ci diano i servizi che ci spettano. Spendo 420 euro al mese, non sono pochi. Devono ristrutturare e fare manutenzione. ATC deve dare i servizi. Lo dico chiaro: non riusciranno mai a toglierci la dignità…”

Manciameli si lamenta, ma non si arrende. Si lamentava alla stessa maniera due anni fa, e prima ancora tre anni fa. Lo ripete da tempo. Non cambia tono, non cambia parole. Cambia il silenzio attorno a lui, sempre più assordante. 

“Continuerò a denunciare finché avrò voce”, ci diceva. “Siamo 170 famiglie e ci saranno più di 30 case vuote: l’appartamento a fianco al mio è di una signora che è morta da 8 anni, ma il riscaldamento continua ad essere acceso e noi paghiamo. Ci è arrivato il conguaglio e ci sono bollette da 750 euro. Ma io mi chiedo, la gente come fa? Ci sono persone che percepiscono 1.000 euro al mese e altre che prendono i pacchi della Croce Rossa o vanno in chiesa. Infatti, molta gente non riesce a farcela. Non è che non vogliamo pagare, ma che almeno ci diano la possibilità di scorporare le spese.”

Passeggiando per le scale e gli androni, ci sono porte perennemente aperte perché le serrature sono rotte da mesi. Il disagio è palpabile. Guardando la facciata di una palazzina, si contano più e più alloggi non abitati, con balconi in cui sono ammassati mobili, oggetti e tende rotte e sporche. “Noi paghiamo 1.200 euro di riscaldamento, ma lasciano i termosifoni accesi anche nelle abitazioni dove non c’è nessuno…” ci diceva. “Qui la gente non ce la fa più, e il punto è che non interessa a nessuno.”

Il peggio, però, è nelle cantine: mobili vecchi, frigoriferi, vestiti ammucchiati, buche delle lettere sradicate, cavi elettrici scoperti, libri a terra. “Se qualcuno qui scende, si accende una sigaretta e butta la cicca per terra, o anche solo della cenere, l’incendio scoppia in un attimo. Se ci fosse un fuoco qui, voglio proprio vedere come ci salviamo”, commentava preoccupato.

In alcuni scantinati, nemmeno si riesce ad entrare a causa della quantità di materiali stipati all’interno. “Sono in contatto con il Comitato Inquilini”, dice Manciameli“ATC, Comune di Settimo e Comune di Torino devono intervenire: la gente è stanca, paga e non riesce ad arrivare a fine mese. Se nemmeno questo bastasse, chiederemo l’intervento del Prefetto.”

Le popolari di via Foglizzo sono sempre state un tasto dolente a Settimo, ma oggi la situazione è sfuggita di mano. Al Comune di Torino, che ne è proprietario. All’ATC, che dovrebbe gestirle. E anche all’Amministrazione comunale di Settimo Torinese, che continua a non vedere, non sentire, non parlare.

E allora, ancora una volta: dove sono le lettere? Dove sono le PEC? Dove sono le email firmate da Elena Piastra per pretendere, con forza, un intervento urgente? Dove sono le ordinanze? Dove sono i documenti che dimostrano, almeno, un tentativo? Dove sono le prove che qualcuno, almeno una volta, abbia davvero ascoltato questo grido?

Cosa dice il cartello?

GRUPPO DI CITTADINI DELLE CASE POPOLARI DI SETTIMO TORINESE
QUARTIERE BORGO NUOVO

ONOREVOLE MOLINARI RICCARDO
OGGETTO: RICHIESTA DI INCONTRO PER DISCUTERE LA SITUAZIONE DEGLI ALLOGGI POPOLARI A SETTIMO T.SE

Egregio Onorevole Molinari Riccardo,
siamo un gruppo di cittadini residenti nelle case popolari di Settimo T.se, quartiere Borgo Nuovo, e ci rivolgiamo a Lei per chiedere un incontro urgente per discutere la grave situazione degli alloggi popolari nel nostro quartiere.

Da molti ANNI, circa 50 alloggi sono rimasti CHIUSI e non sono stati assegnati alle famiglie che ne avrebbero bisogno. Nello stesso tempo, in case private, l’affitto per famiglie è aumentato, nonostante l’emergenza abitativa e la crisi economica che colpiscono molte famiglie del nostro quartiere, costringendole a vivere in povertà.

Inoltre, abbiamo appreso che la sindaca intende abbattere il palazzo delle case popolari, mentre ci chiediamo come maigli alloggi dello stesso palazzo siano stati venduti.

Chiediamo quindi un incontro con Lei per discutere di persona la situazione e trovare soluzioni concrete per risolvere il problema degli alloggi popolari nel nostro quartiere.

La ringraziamo in anticipo per il tempo che vorrà dedicarci.
Resto in attesa di un suo cortese riscontro

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