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Ciak si gira. A Caluso un docufilm sull’eccidio nazifascista e il partigiano Oscar

“Eroi Silenziosi” ricostruisce la strage del 1944 e racconta la storia di Giovanni Borca, sopravvissuto anche alla tragedia del Pian del Lot. Un progetto per mantenere viva la memoria della Resistenza

Il protagonista della vicenda

L'interprete attore di Giovanni Borca

La memoria storica non è un esercizio nostalgico, né un rito retorico. È una necessità, urgente e concreta, soprattutto quando la realtà ci ricorda che nulla è scontato. La pandemia, l’impennata dei prezzi, i conflitti che insanguinano l’Europa e il Medioriente: tutto ci parla di un mondo fragile, interconnesso, che può spezzarsi da un momento all’altro. Per questo, tornare a riflettere su ciò che è stato è più che mai attuale. È un dovere civile.

Sabato 7 giugno, Caluso ha fatto un salto indietro nel tempo, accendendo i riflettori su una delle pagine più drammatiche della Resistenza piemontese: l’eccidio di Caluso. Lo ha fatto attraverso le riprese di Eroi Silenziosi, docufilm prodotto dall’Associazione Culturale Terre da Raccontare, che racconta la storia del partigiano Giovanni Borca, detto “Oscar”, sopravvissuto tanto all’eccidio del suo paese quanto alla strage del Pian del Lot.

Ma questo non è un semplice racconto. È una ricostruzione corale, frutto di una squadra che ha deciso di restituire dignità e voce alla storia locale, e di farlo con il rigore della ricerca e la potenza del linguaggio cinematografico.

Alla regia, Centrone coordina con visione e cura ogni fase della produzione. Il suo sguardo artistico guida la narrazione visiva, cercando il giusto equilibrio tra precisione storica e impatto emotivo. Nulla è lasciato al caso.

Fondamentale è stato il lavoro di Luca Ariano, che ha raccolto testimonianze, scavato negli archivi, ascoltato i ricordi. La sua opera è la radice su cui si è costruita l’intera sceneggiatura. “Eroi Silenziosi” poggia su memorie autentiche, su voci che rischiavano di andare perdute. E grazie alla penna esperta di Rino Coppola, queste voci sono diventate racconto: una trama coerente, avvincente, che tiene insieme i fatti storici e le emozioni di chi li ha vissuti.

Lo scontro tra due SS e il protagonista 

L'aggressività dei generali nazisti 

L'istante in cui avvenne l'eccidio 

Immagine che deriva da alcune riprese di scena 

Il momento della disperazione

“Non ci siamo limitati a raccontare l’eccidio di Caluso”, spiega il regista. “Alcune scene si soffermano anche sul ritrovamento di alcune SS italiane sequestrate in un agguato partigiano pochi giorni prima della strage e poi rinvenute senza vita nelle Valli di Lanzo. Il nostro intento è fornire una visione ampia, lasciare che sia lo spettatore a riflettere e giudicare.”

La profondità di questa operazione non è solo nella scrittura o nella regia. C’è anche, e soprattutto, nella cura dei dettagli. In questo senso, il contributo di Devis Ughetti, storico e collezionista di uniformi militari, è stato determinante. Esperto di storia della Seconda Guerra Mondiale, Ughetti ha supervisionato costumi, equipaggiamenti e ambientazioni, garantendo un realismo che non è semplice estetica, ma rispetto per la verità. Fibbie, tessuti, stemmi: ogni elemento è il frutto di una ricerca scrupolosa.

Il risultato? Un’opera che promette di essere molto più di un docufilm: un viaggio nel tempo, un atto di giustizia verso chi ha combattuto e sofferto, una finestra aperta sul passato per parlare, con forza, al nostro presente.

Le riprese proseguiranno nei prossimi giorni. Le prossime sessioni si terranno sabato 14, domenica 15 giugno e nei successivi sabati del 21, 28 giugno e 5 luglio. Un’occasione imperdibile per vedere da vicino come si costruisce una memoria collettiva, fotogramma dopo fotogramma.

Per Caluso, questo progetto è un’occasione di riscatto culturale. È un modo per dire: “Noi non dimentichiamo”. Perché solo ricordando possiamo educare le nuove generazioni a rifiutare l’abuso di potere, il dominio, la discriminazione. Solo ricordando possiamo formare cittadini consapevoli, capaci di scelte etiche, in grado di mettere il bene comune prima del proprio tornaconto.

La memoria, oggi, è un atto rivoluzionario. E raccontare la Resistenza, con questa passione e questo rigore, è la miglior forma di resistenza che possiamo esercitare.

Una forte ferita collettiva di cui c'è necessità di raccontarla 





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