AGGIORNAMENTI
Cerca
Qualcosa di sinistra
09 Giugno 2025 - 19:43
Astensione o partecipazione? Il senso (smarrito) del voto
«Nel corso degli ultimi anni si registra un costante declino della partecipazione elettorale: alle prime elezioni repubblicane per la Camera dei deputati partecipò oltre il 92 per cento degli aventi diritto, alle elezioni europee del 2019 meno del 55 per cento». Questo l’incipit con il quale, nell’aprile del 2022, sul sito della Camera dei deputati si annunciava la relazione dal titolo «Come ridurre l’astensionismo e agevolare il voto».
Che cosa ne sia stato dello studio non è dato sapere, certo che scorrerlo sarebbe, proprio oggi, di grande utilità. Ad esempio, la ricerca suddivide gli astensionisti in tre categorie: alienati, indifferenti, involontari. Se i primi manifestano un atteggiamento di «critica radicale, insoddisfazione, sfiducia» e il loro comportamento è di «astensione continua», pure gli indifferenti, che manifestano «distacco e disinteresse», si astengono in modo continuativo e sono disinformati. Infine gli astensionisti involontari, lo sono per «impedimenti personali», e la loro astensione è «intermittente».
In questi ultimi giorni si è molto detto sul diritto/dovere di voto, scomodando il dibattito alla Costituente e il compromesso raggiunto, condensato nella formula di «dovere civico» voluta da Meuccio Ruini, presidente della Commissione dei 75, ma non solo.
In proposito, nel 2005, la Corte costituzionale ebbe a sottolineare che «l’astensione nel voto è diversa dalla mancata partecipazione al voto» (le parole hanno un peso) e che «il non partecipare alla votazione costituisce una forma di esercizio del diritto di voto significante solo sul piano socio-politico». Quest’ultimo è proprio il significato della scelta della presidente Meloni: recarsi alle urne e non ritirare la scheda è significante solo sul piano politico e non della dottrina.
Ecco: nel dire un sì o un no al quesito referendario siamo stati chiamati a esprimerci in merito, non sull’opportunità di compiacere o di ostacolare questo o quello. Illuminante in proposito è l’articolo della ex ministra Elsa Fornero: «le riforme degli ultimi due decenni non hanno certo adeguatamente prodotto i risultati sperati», ma la «precarietà attuale non è frutto di quelle norme» bensì «dei cambiamenti dovuti alla globalizzazione».
Questi referendum hanno chiesto di esprimerci su norme che, per un ventennio, hanno dominato il mercato del lavoro, accendendo i riflettori sulle condizioni contrattuali e di sicurezza dei lavoratori.
Se vi sia stato calcolo politico nella scelta dei promotori dei referendum, se diversi tra gli esponenti politici, per sottrarsi ad una ponderata valutazione degli effetti delle leggi esistenti in materia di mercato del lavoro (delle quali, in qualche caso sono stati consapevoli artefici) hanno balbettato dei distinguo; se, infine, autorevoli esponenti del governo ci hanno invitato a disinteressarci del voto per questioni di bottega, poco importa.
Noi siamo stati chiamati a esprimerci nel merito e, questo, solo avrebbe dovuto contare.
Segui MARTA RABACCHI QUI
Edicola digitale
I più letti
Ultimi Video
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.