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Lodo ASA, il giorno del giudizio: Comuni in ansia per la sentenza che può mandarli in default

Martedì 10 giugno la Corte d’Appello di Torino decide sulle responsabilità del crac della municipalizzata: 50 Comuni del Canavese rischiano di dover pagare oltre 37 milioni di euro. Rivarolo guida il tentativo di un accordo stragiudiziale per evitare la catastrofe finanziaria

Il futuro del Lodo ASA: una sfida per i Comuni del Canavese

Una data da segnare sul calendario: martedì 10 giugno, a Torino, la Corte d’Appello sarà teatro di uno snodo cruciale per decine di Comuni canavesani coinvolti nel fallimento dell’ex municipalizzata ASA. Un procedimento che, dopo anni di altalene giudiziarie, è tornato d’attualità con forza e potrebbe generare effetti devastanti per gli equilibri finanziari degli enti pubblici coinvolti.

Non si tratta di un semplice passaggio tecnico, ma di una vera e propria resa dei conti: da un lato i rappresentanti delle amministrazioni comunali che avevano partecipato alla vita consortile di ASA, dall’altro il curatore fallimentare Stefano Ambrosini, incaricato di ricostruire i conti e chiedere il risarcimento per il “crac” di quella che fu una delle più importanti multiutility a partecipazione pubblica del Canavese.

Per evitare che la sentenza attesa dalla Corte d’Appello si trasformi in un colpo fatale, le amministrazioni si sono attivate nelle ultime settimane con una serie serrata di incontri, nel tentativo di trovare un’intesa extra-giudiziale. Al centro dell’azione il Comune di Rivarolo Canavese, che detiene quasi un quarto delle quote consortili dell’ex ASA, e che si è fatto promotore di una linea condivisa con gli altri enti territoriali per cercare una soluzione che scongiuri la bancarotta.

L’ultima riunione, svoltasi venerdì 30 maggio a Rivarolo, ha riunito i sindaci più esposti, e fa seguito al vertice del 27 maggio con lo stesso curatore fallimentare. Presente anche l’assessora ai rapporti con gli enti superiori, Alessia Cuffia, che ha preso in mano il dossier cercando di avviare un percorso negoziale prima della sentenza.

La tensione è altissima: l’ipotesi di dover versare una cifra superiore ai 37 milioni di euro (più interessi e spese) terrorizza i sindaci, che parlano apertamente di rischio default.

La vicenda è tra le più complesse e spinose del panorama politico-amministrativo canavesano. Il fallimento di ASA, avvenuto formalmente nel 2013 con la consegna dei libri in tribunale, ha messo in ginocchio un sistema pubblico che fino a pochi anni prima contava 450 dipendenti e garantiva servizi essenziali in oltre 50 comuni del Canavese occidentale. In quegli anni, la tensione sociale aveva toccato l’apice: a Castellamonte, alcuni lavoratori si erano barricati nel municipio con taniche di benzina, chiedendo con disperazione un incontro con Prefetto, Regione e Provincia. Gli stipendi venivano pagati a metà, i licenziamenti erano dietro l’angolo, e l’azienda arrancava senza più liquidità né prospettive.

La svolta giudiziaria è arrivata nel 2016, quando un lodo arbitrale ha riconosciuto la responsabilità dei Comuni soci, imponendo loro di risarcire un passivo che nel frattempo era lievitato a 74 milioni di euro. L’importo fu poi parzialmente ridotto a 36 milioni, ma restava comunque insostenibile per bilanci comunali già fragili. Alcuni Comuni reagirono, rifiutandosi di sottostare a quella decisione e impugnando il provvedimento.

Nel 2019, la Corte d’Appello di Torino diede ragione agli enti locali, dichiarando nullo il lodo e sollevando i Comuni dal pagamento. Per la prima volta dopo anni, si intravedeva una via d’uscita: le richieste di ASA vennero rigettate e il debito considerato non dovuto. Ma la battaglia era tutt’altro che finita.

Nel marzo 2024, la Cassazione ha ribaltato nuovamente il quadro, annullando la sentenza d’appello e disponendo che il caso tornasse alla Corte torinese. Una doccia fredda che ha riaperto la partita e rimesso tutto in discussione. Ecco quindi l’urgenza, la frenesia, l’ansia dei Comuni di trovare un accordo prima che arrivi una condanna che potrebbe travolgere la stabilità economica dell’intero territorio.

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La cifra oggi al centro del contendere è di 37.250.509,46 euro – solo per le perdite certificate – a cui si sommano interessi legali e spese. Alcuni enti potrebbero non reggere all’urto. Per questo Rivarolo ha imboccato la via della diplomazia, tentando di trasformare lo scontro giudiziario in un tavolo di trattativa. All’incontro del 27 maggio con Ambrosini, oltre a Cuffia, erano presenti i sindaci di Rivarolo e di Castellamonte Martino Zucco Chinà e Pasquale Mazza.

L’obiettivo comune è uno solo: sciogliere il nodo della “corda” prima che la “ghigliottina” si abbatta sulle loro teste.

Ora, l’attenzione è tutta puntata su martedì 10 giugno. Sarà il giorno del giudizio, in tutti i sensi. La speranza è che, in extremis, si riesca a scrivere un finale meno drammatico a una storia che da troppo tempo pesa come un macigno sulla vita amministrativa del Canavese.

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