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06 Giugno 2025 - 22:41
È solo una crema alle nocciole? No, è molto di più. È resistenza. È orgoglio. È diaspora. È il gusto dell’infanzia e il sapore della rivincita. Si chiama El Mordjene e non ha nulla da invidiare alla celebre Nutella. Anzi, per molti, è meglio. Ma da quando i vasetti di questa crema algerina hanno cominciato a volare via dagli scaffali delle drogherie magrebine di Parigi e Marsiglia, la Francia ha deciso di mettere un freno. Dogane blindate, sequestri alle frontiere, multe, allarmi sanitari. Perché? Ufficialmente, per motivi igienico-sanitari. Ufficiosamente, perché fa paura.
Paura di cosa? Di perdere il monopolio dell’amore spalmabile, quello che ha reso la Ferrero un gigante mondiale e la Nutella un oggetto di culto. Ma El Mordjene è più di un concorrente: è un simbolo. Del legame tra l’Algeria e i suoi figli espatriati. Del desiderio di riconoscimento. Di giustizia commerciale. Di parità. E anche di dolcezza, sì, ma senza il retrogusto amaro del colonialismo.
Quando i doganieri francesi hanno cominciato a sequestrare vasetti algerini come fossero droga, la risposta non si è fatta attendere. TikTok si è infiammato. Meme, video, parodie: giovani algerini che difendono a spada tratta “la nostra Nutella”, che ironizzano sui controlli come se fossero scene da “Narcos”, che ballano davanti a scaffali vuoti sognando il prossimo carico clandestino. El Mordjene è diventata virale, nel senso più letterale del termine.
E mentre a Bruxelles si tirano in ballo i regolamenti comunitari sui prodotti lattiero-caseari, ad Algeri si grida al boicottaggio mascherato. Il presidente dell’associazione per la protezione dei consumatori, Mustapha Zebdi, non ha usato mezzi termini: “È concorrenza sleale. L’Europa ha paura della qualità algerina.”
Nel frattempo, la "Nutella algerina" è diventata una sorta di souvenir rivoluzionario. Chi riesce a farla passare la vende a peso d’oro. Le copie contraffatte si moltiplicano. Le scorte si esauriscono. E più la Francia reprime, più El Mordjene trionfa.
Perché questa non è una guerra commerciale. È una guerra di identità. Una guerra dolce ma determinata, combattuta a colpi di cucchiaini e affetto. Una guerra che profuma di nocciola, ma lascia un retrogusto amaro di ingiustizia e censura. In gioco non c'è solo un vasetto: c’è la possibilità di dire noi ci siamo, esistiamo, e il nostro sapore non si può cancellare con una multa doganale.
E mentre Ferrero tace – forse preoccupata, forse divertita – un’intera generazione algerina ride, posta, balla e sogna. Con un barattolo in mano. Che non è solo crema. È rivoluzione.
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