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Cronaca

“Spero che tua figlia muoia come Martina”: l’odio colpisce la figlia di Giorgia Meloni

Dopo il femminicidio di Martina Carbonaro, un post choc scatena indignazione e reazioni politiche

“Auguro alla figlia della Meloni la sorte della ragazza di Afragola”: bufera social, Meloni denuncia un clima di odio malato

“Auguro alla figlia della Meloni la sorte della ragazza di Afragola”: bufera social, Meloni denuncia un clima di odio malato

L’inferno non è metafora. Esiste, è online, e stavolta ha assunto la forma di una frase che fa gelare il sangue: “Auguro alla figlia della Meloni la sorte della ragazza di Afragola”. Sì, proprio così. Qualcuno – probabilmente un ex dipendente del Ministero dell’Istruzione, secondo quanto diffuso da Fratelli d’Italia – ha pensato bene di usare il nome di una bambina, Ginevra, per attaccare la madre, Giorgia Meloni, augurandole di finire come Martina Carbonaro, la quattordicenne di Afragola assassinata brutalmente dal suo ex fidanzato.

Una frase che non è solo inaccettabile. È disumana, e lo è ancora di più se davvero a scriverla è stato un uomo che ha avuto a che fare con le istituzioni della Repubblica. Un educatore, o qualcuno che pretendeva di esserlo.

“Questo non è scontro politico. Non è nemmeno rabbia. È qualcosa di più oscuro”, ha scritto Meloni sui suoi profili social. E ha ragione: non siamo più dentro i confini del confronto civile. Siamo oltre, in un territorio in cui si augura la morte a una bambina per colpire una leader politica. E dove certi mostri si sentono persino legittimati a farlo, protetti dall’anonimato e da un clima malato che ogni giorno si nutre di veleni.

“Racconta un clima malato, un odio ideologico, in cui tutto sembra lecito, anche augurare la morte a un figlio per colpire un genitore. Ed è contro questo clima violento che la politica, tutta, dovrebbe sapersi unire. Perché esistono confini che non devono essere superati mai. E difenderli è una responsabilità che va oltre ogni appartenenza”, ha scritto ancora la premier, rivendicando con dignità il suo ruolo di madre, prima ancora che di capo del governo.

Il post è stato rilanciato sui canali ufficiali di Fratelli d’Italia e ha fatto subito esplodere una bufera. Per una volta, però, la condanna è stata unanime. E i primi a parlare sono stati proprio due ministri.

Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione, è stato durissimo:“Stiamo effettuando tutte le verifiche utili a individuare l’identità dell’autore di questo atto indegno. Le autorità preposte sapranno adottare provvedimenti esemplari. Nessuna tolleranza verso la violenza”. E ha espresso solidarietà piena alla presidente del Consiglio, colpita nei suoi affetti più cari.

Gli fa eco Orazio Schillaci, ministro della Salute: “A dir poco ripugnanti e vergognose le parole di odio rivolte verso la figlia del Presidente del Consiglio. È ancor più sconcertante che provengano da persone che lavorano nelle istituzioni e che evidentemente non hanno alcun senso civico”.

Da Pier Ferdinando Casini arriva una riflessione amara ma necessaria: “La solidarietà a Giorgia Meloni per le espressioni usate contro la piccola Ginevra sui social non dovrebbe nemmeno essere una notizia in un paese normale”.

E aggiunge: “Poiché a volte la politica sconfina nella inciviltà, voglio esprimerle la mia più affettuosa vicinanza”.

Parole chiare anche da sinistra. Il deputato Piero Fassino scrive su X: “Soltanto una immensa miseria umana può indurre qualche sciagurato ad augurare a Ginevra, la figlia della premier Meloni, di subire il martirio di Martina, la giovane ragazza di Afragola. Esecrazione e solidarietà a Ginevra e alla sua mamma”.

Ma c’è da chiedersi: come siamo arrivati a questo punto?
Quando l’odio si è trasformato in costume? Quando è diventato normale abbassarsi fino al punto di attaccare i figli dei politici per colpire i genitori? E perché, anche dopo una frase simile, c’è chi ancora resta in silenzio, o peggio, tenta goffamente di sminuire?

La violenza verbale, l’aggressività sistematica, il disprezzo dell’altro sono ormai la lingua corrente di una parte del dibattito pubblico. E ogni giorno che passa, le conseguenze si fanno più pesanti. Finché un giorno, qualcuno, protetto da uno schermo, decide di evocare la morte di una ragazzina uccisa, per colpire un’altra bambina che ha solo la colpa di essere figlia della premier.

È questa la politica che vogliamo? È questo il confronto democratico che meritiamo?

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