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31 Maggio 2025 - 11:51
Hanno rubato Capitan America. Ma il colpo più duro è al cuore dei bambini
Non è un furto qualsiasi. Non è una notizia di cronaca nera come tante. Quando il 13 maggio scorso a Torino hanno rubato dall’auto di Walter Galliano, in sosta in corso Galileo Ferraris, il suo costume da Capitan America, con tanto di scudo e accessori, non se n’è andato solo un oggetto. Se n’è andato un simbolo. Una corazza cucita con tredici anni di sorrisi, lacrime, abbracci. Un mantello di umanità, da indossare ogni volta che la vita chiede troppo a un bambino.
Quel costume era il cuore di una missione. Quella della NIDA – Nazionale Italiana dell’Amicizia, l’associazione che Galliano ha fondato nel 2012 con un gruppo di amici per trasformare lo sport e la solidarietà in un progetto concreto di aiuto. Un’idea semplice, nata a Torino e capace di moltiplicarsi in tutto il Paese: vestire i panni dei supereroi – e delle principesse – ed entrare nei reparti pediatrici, portando un dono e una carezza a chi sta affrontando la malattia.
Con il progetto “Supereroi e Principesse in corsia”, i volontari della NIDA si sono fatti riconoscere in tutta Italia. Non una semplice evoluzione della clownterapia, ma una vera e propria missione di amore, presenza, contatto umano. Oltre 300 volontari, più di 150.000 bambini raggiunti, spesso nei momenti più duri della loro vita. Il tutto senza finanziamenti pubblici, ma con il tempo, le energie e i sacrifici di chi crede che un sorriso valga più di mille parole.
Ma la NIDA non si è fermata agli ospedali. A Falchera, quartiere della periferia torinese, ha costruito la Cittadella dello Sport Bea & Stefania, un impianto sportivo di 40.000 metri quadrati pensato per bambini disabili, ragazzi con malattie rare, famiglie in difficoltà. Uno spazio senza barriere, dedicato a Beatrice Naso, la bambina affetta da una rara patologia genetica soprannominata “bambina di pietra”, e alla madre Stefania, entrambe scomparse troppo presto. In loro nome, ogni giorno, si gioca, si fa fisioterapia, si combattono battaglie silenziose.
Il centro è anche un motore economico: gli affitti dei campi finanziano attività gratuite per i più fragili, ore di riabilitazione, attrezzature mediche, supporto psicologico. Una piccola macchina del bene. Ma troppo spesso lasciata sola a combattere.
Negli ultimi dodici mesi, infatti, la Cittadella è diventata bersaglio di ladri e vandali. Il costume da Capitan America è solo l’ultimo colpo. Il più doloroso, certo. Ma non il solo. Una settimana prima, qualcuno aveva forzato il deposito degli attrezzi e portato via tre decespugliatori, una motosega, diverse pale, materiali da giardinaggio. Attrezzi indispensabili per prendersi cura degli spazi verdi, tenuti in ordine proprio dai volontari. Poco tempo prima era sparito anche un generatore, e ancora prima cavi elettrici. A novembre i ladri avevano portato via scatoloni pieni di giocattoli per i mercatini di Natale, gazebo, sedie, tavoli, perfino mixer musicali e casse audio.
Il danno economico è ormai intorno ai 20 mila euro. Ma quello morale è incalcolabile.
Walter Galliano è stanco. Ma non si arrende. Ha scritto a diversi assessori, alla Circoscrizione 6, alla politica cittadina. Non per lamentarsi, ma per chiedere ascolto, rispetto, protezione. «Tutti credono nel nostro progetto, però siamo sempre stati lasciati soli», ha detto. E poi: «Se continua così, restituisco le chiavi alla Città: si prendano loro la responsabilità». Parole amare, cariche di frustrazione. Ma anche di verità.
Serve un incontro con le istituzioni. Serve un presidio. Servono telecamere di sorveglianza, almeno. Serve la consapevolezza che qui non si tratta di proteggere dei beni, ma di difendere un sogno. Una comunità. Una storia.
Eppure, nonostante tutto, la NIDA non si ferma. I volontari continuano a indossare i costumi, a entrare negli ospedali, a presentarsi alle feste dei bambini, a rimettere in ordine il campo sportivo, a recuperare attrezzi dove possono, a fare i salti mortali. Non hanno smesso neppure un giorno. Non smetteranno oggi.
Perché i supereroi esistono. Non hanno superpoteri. Hanno mani che stringono, occhi che sorridono, spalle larghe per portare il dolore degli altri. Il furto di un costume non basta a fermarli.
Ma quello che possiamo fare – tutti – è aiutarli a non sentirsi soli. A vegliare su di loro come loro vegliano sui più fragili. Perché il vero crimine non è rubare uno scudo, ma lasciare indifesi quelli che ogni giorno lottano per salvare qualcuno.
Nata nel cuore della periferia torinese, la Cittadella dello Sport “Bea & Stefania” è un progetto unico nel suo genere. Sorge a Falchera, su un’area di oltre 40.000 metri quadrati, ed è dedicata alla memoria della piccola Beatrice Naso, affetta da una rarissima malattia genetica che la rese celebre come “la bambina di pietra”, e a sua madre Stefania, scomparse a pochi mesi di distanza l’una dall’altra.
La struttura è completamente accessibile, priva di barriere architettoniche, pensata per ospitare bambini e ragazzi con disabilità, o affetti da malattie rare. Al suo interno si trovano campi sportivi, aree verdi, spazi polifunzionali e, in futuro, sono previste sale attrezzate per la fisioterapia pediatrica.
Il modello è semplice quanto virtuoso: gli affitti dei campi da parte di associazioni e squadre sportive servono a finanziare attività gratuite per i piccoli pazienti: dalle terapie mediche alla fisioterapia, dall’acquisto di dispositivi sanitari al sostegno psicologico per le famiglie. È un luogo dove si gioca, ma soprattutto si cresce. E si ricostruisce fiducia.
Il progetto “Supereroi e Principesse in corsia” è l’anima della NIDA. Dal 2013, ogni settimana, decine di volontari in costume visitano ospedali pediatrici di tutta Italia. Indossano le vesti di Capitan America, Spiderman, Elsa di Frozen, Wonder Woman o Batman, per regalare un momento di leggerezza a chi è costretto a vivere l’infanzia tra flebo, visite e diagnosi.
Con il consenso di medici e famiglie, entrano nei reparti e nei day hospital, portando giochi, disegni, musica, carezze. Per molti bambini, sono l’unica visita “fuori dal comune” che ricevono. E per i genitori, spesso affranti e soli, rappresentano un piccolo sollievo. Un messaggio: non siete abbandonati.
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