AGGIORNAMENTI
Cerca
Attualità
28 Maggio 2025 - 11:06
Caterina Greco, Elena Piastra e Stefano Lo Russo
Torino si avvicina – almeno sulla carta – alle elezioni comunali del 2027. Ma sotto la Mole va in scena il solito carosello tragicomico di sigle improvvisate, incontri riservati e dichiarazioni solenni che, in termini di sostanza, valgono quanto il due di picche quando briscola è bastoni.
C’è chi si affanna a cucire “nuove alleanze”, chi rispolvera il “primato della politica”, chi fonda comitati come fossero circoli del burraco. Ma lo spettacolo resta quello di sempre: tutti parlano, tutti si agitano, tutti sognano. Eppure basta guardarli per capire che non contano una sega. Girano l’aria. E sperano che qualcuno li prenda sul serio.
Perché una cosa, ormai, è certa: le vere decisioni – candidati, alleanze, strategie – non nasceranno qui. Le scriveranno nei palazzi ovattati del Nazareno o nel loft romano dei 5 Stelle. Il resto? Animazione da sottoscala. Una recita buona per passare il tempo, in attesa della solita chiamata da Roma: “Ehi, tu, sì proprio tu, metti via il programma e preparati a farti da parte”.
Prendiamo la fantomatica Alleanza per Torino, che avrebbe dovuto riportare ordine nel mondo del civismo moderato. Alla presentazione di qualche giorno fa c’era una lunga fila di matusa in cerca di visibilità. Sì. Anche lui, Valentino Castellani.... Vecchi rompiscatole da assemblea condominiale, che si presterebbero a qualsiasi cosa pur di strappare una foto sui giornali ma che farebbero meglio a seguire l’esempio di Sergio Chiamparino e starsene a casa con un buon libro.
Musi lunghi, poche idee, e gli addii sono partiti prima ancora dei comunicati stampa. Stefania Boschetti si è dileguata perché “non aveva capito che fosse roba elettorale”. Mario Giaccone è rimasto, ma con l’aria rassegnata di chi – come in Ecce Bombo – preferisce esserci per non sentirsi dire che non partecipa. Di sottofondo Pino De Michele che trama nei corridoi per riprendersi il giocattolo sottrattogli dall’economista Pietro Garibaldi.
Per farla breve sembrava più una riunione di condominio che un progetto politico: nessuno vuole pagare le spese, ma tutti pretendono di decidere il colore della facciata.
Eppure, tra defezioni e comunicati ambigui, qualcuno ci crede ancora. Forse. Magari. Così nascono altre sigle, altri brindisi con acqua frizzante. L’ultima è la cosiddetta Alleanza per il Piemonte, nata in un ristorante sul Po, quasi fosse una cena tra vecchi amici più che una proposta per il futuro. E chi si è seduta a tavola? Di nuovo lei, la sindaca più instancabile del Nord Ovest: Elena Piastra.
Ex bonacciniana, oggi “indipendente progressista di ispirazione Schleiniana a geometria variabile”, amministra Settimo Torinese con i 5 Stelle e sogna in grande. Dicono voglia correre per la Regione. Peccato che le elezioni regionali si siano tenute solo l’anno scorso. La chiamano la sindaca con la valigia Ryanair, colleziona incarichi e patrocini, e fa curriculum come vicepresidente dell’associazione ALI accanto a Roberto Gualtieri. Una specie di candidatura permanente, sempre attiva anche quando non serve.
Il suo problema? Nel Pd non ha più né santi né eroi. Dopo l’inchiesta che ha travolto la corrente Gallo e la “galliana” Caterina Greco, la sindaca non ha più sponsor. Evaporati, come la pazienza dei suoi cittadini, alle prese con erba alta, strade rotte, e topi festanti nelle isole ecologiche.
Nel frattempo, a Palazzo Civico, Stefano Lo Russo osserva. Grigio su grigio. Il suo problema non è governare una città spenta – quello sarebbe il minimo sindacale – ma sopravvivere alla prossima raffica di giochi politici. Perché Elly Schlein, ostinatamente unitaria, ha un piano. E Lo Russo non ci rientra.
Non è una questione personale – si salutano, si annusano ogni volta che si incontrano – ma nel 2021 lui e i suoi bloccarono l’intesa coi 5 Stelle, mandando a casa Francesco Boccia e gli ambasciatori del Nazareno. Ora tocca pagare.
Chiara Appendino lo detesta. Giuseppe Conte lo snobba. Giorgio Airaudo lo punzecchia. La Cgil? Tesse le lodi di Cirio. Una compagnia che sembra uscita da un casting per nemici giurati. Non a caso si fanno già altri nomi: Daniele Valle, eterno secondo, Chiara Foglietta, benemerita dei diritti civili, e – per la centesima volta – Guido Saracco, ex rettore del Politecnico, che nel 2021 era il compromesso perfetto. Peccato non sia servito.
Daniele Valle
E mentre a sinistra si balla la danza delle candidature, al centro si rievoca il “primato della politica”. È il caso dei Moderati di Mimmo Portas e di Azione, che si sono incontrati per un “fidanzamento, non un matrimonio” (mica sono scemi). Vogliono il ritorno delle province – sì, proprio quelle – e dicono chiaro che “se Lo Russo non è ricandidato, noi non ci stiamo”. Peccato che alle regionali abbiano sostenuto Cirio, e che Portas chieda che “resti in carica fino al 2029”. Come dire: le idee chiare, ma confuse.
Tant’è. A Torino la politica è viva, sì, ma solo nei salotti e nei corridoi. Le alleanze nascono di notte e si dissolvono all’alba. Le sigle spuntano come startup senza business plan. I candidati appaiono e scompaiono come avatar impazziti in un videogioco rotto. E il destino della città? Sta nelle mani di chi, da Roma, tirerà le fila all’ultimo secondo. Qui si parla, si litiga, si proclama. Ma senza telecomando, si resta fermi su Telelungodora.
Edicola digitale
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.