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“Perché siamo ancora fascisti?” Il veleno sottile che scorre sotto la pelle della democrazia

All’incontro ANPI di Caluso con la storica Nicoletta Fasano, un’analisi lucida e spietata del neofascismo contemporaneo, tra memoria edulcorata, retoriche populiste e responsabilità della sinistra smarrita

La professoressa

Nicoletta Fasaro

In un tempo in cui il neofascismo non si presenta più con camicie nere e stivaloni, ma si insinua nei discorsi quotidiani, nei toni da bar, nelle nostalgie identitarie e nei populismi che si travestono da “buon senso”, la sfida è imparare a riconoscerlo prima ancora che combatterlo. Non è più una questione di simboli e manifestazioni esplicite, ma di una corrosione silenziosa e costante che agisce sotto pelle, nel linguaggio, nelle omissioni, nei silenzi. Un veleno lento che erode i fondamenti stessi della democrazia.

Sabato 24 maggio, dalle 16 alle 18, la Sala Magaton nel Chiostro dei Frati Francescani in Piazza Mazzini, ha ospitato un incontro significativo promosso dall’ANPI di Caluso. Ospite d’eccezione Nicoletta Fasano, storica, autrice e collaboratrice dell’Istituto per la Storia della Resistenza di Asti, che da anni si occupa di memoria, deportazioni, storia di genere e formazione dei docenti. Ha moderato l’incontro la presidente della sezione calusiese Marilena Pedrotti, la quale ha espresso soddisfazione per la qualità della partecipazione, nonostante la concomitanza con la manifestazione a Ivrea per la Palestina. “Siamo comunque felici che anche quella piazza si sia riempita: essere presenti dove la storia chiama è sempre un dovere”, ha affermato.

L’intervento di Nicoletta Fasano ha preso le mosse da una domanda volutamente scomoda: “Perché siamo ancora fascisti?”, titolo del libro di Francesco Filippi da cui ha tratto molte delle sue riflessioni. Una provocazione necessaria per decostruire i tanti alibi e le banalizzazioni che ancora oggi impediscono all’Italia di fare davvero i conti con il proprio passato. “A scuola – ha sottolineato Fasano – le insegnanti distinguono ancora tra totalitarismi e dittature, come se il fascismo fosse meno grave del nazismo. Questo crea nei ragazzi l’idea che il fascismo avesse un volto umano. Ma non è così. È un errore gravissimo”. Un errore che contribuisce a perpetuare una narrazione edulcorata, spesso folkloristica, che sminuisce la reale brutalità del ventennio.

Fasano ha ricordato che il fascismo non fu un accidente della storia, ma nacque e crebbe in Italia. “Non è stato un fenomeno estraneo, ma profondamente radicato nel nostro Paese”. Eppure, la memoria collettiva tende a concentrarsi solo sul biennio della Repubblica Sociale, dimenticando che già ben prima del 1943 c’erano leggi razziali, persecuzioni, omicidi politici, guerra d’aggressione e censura. Una rimozione che ha reso più facile il ritorno di certe narrazioni. “Il fascismo non è stato una parentesi tra due fasi democratiche. È stato il frutto di un sistema malato, uscito male dalla Prima Guerra Mondiale. E i suoi semi sono ancora lì”.

Ampio spazio è stato dedicato anche all’analisi della rappresentazione culturale del fascismo e del nazismo. In Germania, ha spiegato Fasano, il nazismo è rappresentato nella sua interezza come un orrore sociale condiviso. In Italia, invece, fiction e cinema spesso propongono un fascismo semplificato, quasi ridicolo, come nel caso del film Sono Tornato, che riprende l’idea tedesca di Lui è Tornato, ma perdendone completamente la carica critica. La stessa serie Netflix tratta dal romanzo di Antonio Scurati, M. Il figlio del secolo, evidenzia – secondo Fasano – questa tendenza a trattare il fascismo più come un’ambientazione che come una condanna morale.

L'intervento di Marilena Pedrotti, presidente dell'Anpi sezione Caluso

L'attento ascolto della presidente dell'Anpi 

L'intervento di Nicoletta Fasaro, docente storica

Una parte dell’intervento è stata dedicata all’analisi delle leggi nate per contrastare la riorganizzazione fascista: la Legge Scelba del 1952, la Legge Mancino del 1993, e i successivi tentativi di riformulare strumenti più adeguati ai tempi. “Oggi certi gesti e rituali vengono giustificati in nome della libertà di opinione. Ma la libertà d’opinione non può includere chi nega la democrazia”, ha ribadito. È una deriva pericolosa, che riduce la portata delle norme antifasciste e consente alla propaganda nera di sopravvivere, sia pur sotto nuove forme.

Durante il dibattito è emersa forte la preoccupazione per il ritorno di un populismo capace di parlare alle emozioni delle persone, cavalcando insicurezze e paure. Il nemico cambia volto, ma la dinamica è la stessa: oggi si colpisce il migrante, il diverso, si invoca l’identità nazionale, si mitizza un passato che non si è vissuto, ma che appare rassicurante perché privo del dubbio e della complessità del presente. “Il fascismo offre soluzioni semplici. E quando la sinistra si ritrae, quando non sa più parlare con il linguaggio delle persone, allora quei vuoti vengono riempiti da chi urla più forte”, ha osservato Fasano.

Non sono mancati riferimenti critici al ruolo della sinistra italiana negli ultimi decenni. “Ha rinunciato a raccontare la Resistenza in modo forte e inclusivo. Ha lasciato che il revisionismo avanzasse, che certi episodi venissero strumentalizzati”. Come nel caso delle Foibe, spesso utilizzate da certa destra per delegittimare l’intero movimento partigiano. E come nel racconto distorto delle violenze della guerra civile, che ha finito per livellare le responsabilità, equiparando chi lottava per la libertà a chi combatteva per la dittatura.

Infine, Fasano ha toccato un punto centrale: il rapporto tra memoria e attualità. “Non possiamo difendere la memoria del popolo ebraico se oggi giustifichiamo la violenza del sionismo israeliano. La democrazia non è selettiva. O vale per tutti o non vale per nessuno”. Un pensiero che ha trovato eco anche nelle parole finali della presidente Pedrotti, che ha rilanciato l’invito a partecipare ai prossimi incontri promossi dall’ANPI di Caluso: tre appuntamenti, nei sabati di giugno, dedicati alla lettura di Geni, Il ribelle, Uno dei Calvi , raccolta di poesie partigiane scritte dalla stessa Pedrotti e rivolte alle scuole. L’obiettivo è chiaro: coltivare la coscienza civile partendo dai più giovani, portando la memoria nelle aule prima che il buio torni a calare.

L’invito è aperto a tutti: studenti, genitori, cittadini. Perché in un’epoca dove ogni cosa diventa business, e dove gesti e simboli del fascismo vengono normalizzati, ricordare è un atto di resistenza. E comprendere che il fascismo non è un “fenomeno del passato” ma una minaccia ancora viva, è il primo passo per evitarne il ritorno. “Non è semplice liberarsi del fascismo”, ha detto qualcuno tra i presenti, “ma è nostro compito usare la coscienza per farlo, ogni giorno, con determinazione”.

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