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24 Maggio 2025 - 16:03
tony Cuomo (foto archivio
Vent’anni. Venti anni di cucchiaiate fumanti, sorrisi larghi e mani che si stringono attorno a un pentolone che sa di mare e di casa. Venti anni di brodo, cozze, pomodori, storie e risate. Un rito popolare, quasi sacro, che ogni 2 giugno trasforma Corso Nigra nel salotto buono dell’anima eporediese.
Iniziata quasi per gioco nel 2006, la Grande Zuppa di Pesce di Tony Cuomo, titolare del rinomato ristorante Aquila Nera, è diventata col tempo molto più di un evento gastronomico. È una liturgia laica, un appuntamento che ha preso il sapore della consuetudine e il calore delle cose che restano. È un atto d’amore, cucinato lentamente per questa città, per la sua gente, per una tradizione che profuma di mare anche a due passi dalle montagne.
E quest’anno, nel 2025, la zuppa spegne venti candeline. Un traguardo tondo, simbolico, commovente. E come ogni festa che si rispetti, anche questa edizione sarà più grande, più colorata, più viva che mai.
Il pentolone? Quello di sempre, gigantesco. Ma con un cuore che batte ancora più forte. Quasi 2.000 chili di pesce freschissimo, girati con maestria e passione. Nel 2024 furono distribuite 2.700 porzioni. Quest’anno si punta dritti a superare le 3.000, con lo stesso spirito di condivisione di sempre. Perché questa non è solo zuppa: è appartenenza.
La giornata inizierà alle 10:30, con aperitivi in musica e un Corso Nigra che si trasformerà in un piccolo mondo incantato: mercatini d’artigianato, vintage e antiquariato, odori, voci, sguardi. I passanti si fermeranno, i bambini correranno tra le bancarelle, le note si mescoleranno ai profumi. La festa si respirerà nell’aria. Le bandierine sono già pronte per essere piantate come fiorellini colorati sulla via.
Alle 13:00 spaccate, scatterà la magia: la distribuzione gratuita della zuppa. E mentre i cucchiai affondano nel brodo bollente, tra cozze nere e gamberi rosa, pomodori che raccontano il sud e sapori che accarezzano la memoria, ci si guarderà negli occhi. E lì, in quel momento, nessuno sarà solo.
Ma quest’anno, per celebrare degnamente il ventesimo compleanno della zuppa, ci sarà un gran finale da leggenda: una torta lunga quattro metri, tutta colorata di azzurro, in onore della vittoria del Napoli.
Un omaggio viscerale, quasi intimo, alle radici di Tony. Perché Tony Cuomo è napoletano dentro, e Ivrea lo ha adottato come un figlio. Il ponte che unisce il Vesuvio alla Dora passa per un cucchiaio e finisce in una fetta di torta.
Una torta azzurra, enorme, scenografica, simbolica. Roba da Guinness dei Primati. Ma soprattutto, roba da Cuomo.
La musica, come sempre, sarà il sottofondo della giornata. Davide Mindo presenterà spettacoli, balli, emozioni.Saliranno sul palco i “ZetaGiò” e “Gli Amis d’la Crota”. Ma il vero spettacolo sarà negli occhi della gente. Nei sorrisi. Nelle mani impiastricciate di sugo. Nei brindisi improvvisati sul marciapiede.
Perché a Ivrea, la Festa della Repubblica si celebra così: con una zuppa calda, una fetta di torta azzurra, e un sorriso da condividere con chi passa.
E dietro tutto questo, come sempre, lui: Tony Cuomo. L’uomo che arrivò a Ivrea nel 1969 con una valigia piena di sogni e che, con il suo lavoro, la sua follia buona e la sua infinita generosità, ha costruito una delle tradizioni più belle che questa città abbia mai avuto.
Con una zuppa, Tony ha creato una famiglia lunga un chilometro, che ogni 2 giugno si ritrova, si abbraccia, si riconosce.
C’è chi arriva in una città per caso. E poi c’è chi la trasforma in casa.
Tony Cuomo, nel 1971, non sapeva nemmeno dove fosse Ivrea. Era partito da Amalfi, dal cuore della Costiera, come tanti giovani del Sud, con in tasca poche lire e in mente una sola certezza: lavorare, costruirsi un futuro. La meta era la Germania, terra di fabbriche e stipendi sicuri. Ma un giorno, un sciopero dei treni lo fermò in Piemonte. E fu lì, tra le vie acciottolate del centro, i bar chiusi, l’aria densa di fabbriche e dignità operaia, che qualcosa lo colpì. Forse l’energia, forse la gente, forse il destino.
Non ripartì più.
Cominciò dal basso, come si faceva allora, come si dovrebbe fare sempre. Alla pizzeria La Lucciola, in cucina, con le mani nella farina e i sogni nel cuore. Ma Tony non è mai stato uno che si accontenta. Non bastava servire pizze: lui voleva costruire qualcosa di suo. Così, nel 1972, rilevò un locale storico: l’Aquila Nera, all’epoca noto come “da Rico”, di proprietà della famiglia Danzero.
Nessuna eredità, nessuna scorciatoia. Solo sacrificio, volontà, schiena dritta e sorriso sincero.
Così è nata una delle storie più autentiche di Ivrea, una storia che oggi attraversa più di mezzo secolo.
Oggi l’Aquila Nera non è semplicemente un ristorante. È un rifugio caldo dove si incontrano i profumi del Sud e l’accoglienza del Nord. È la sala di casa per chi non ne ha una, la tavola imbandita per chi ha fame di cibo e di umanità.
Perché Tony ha fatto della sua cucina un gesto sociale: piatti semplici, generosi, veri. Sorrisi offerti senza calcolo, gesti di gentilezza serviti insieme al vino della casa. E ogni piatto racconta la storia di un uomo che ha conosciuto la povertà e ha scelto di non farla pesare a nessuno.
Ha visto passare generazioni. Ha accolto studenti, operai, famiglie, turisti, pellegrini.
Ha visto Ivrea cambiare. E ha resistito con lei. Un passo dopo l’altro. Con il grembiule addosso e il cuore aperto.
Ma Tony Cuomo non si è mai fermato ai fornelli.
In tutti questi anni è stato anche benefattore, promotore culturale, uomo di sport.
È stato presidente dell’Ivrea Calcio, ha donato un’ambulanza alla Croce Rossa, ha sostenuto l’Auser per l’acquisto di un mezzo per disabili, ha aiutato associazioni, cori, biblioteche, squadre dilettantistiche, eventi di quartiere.
Sempre in silenzio. Mai una foto, mai un ringraziamento richiesto. Solo la consapevolezza che fare del bene è una forma di cucina più alta.
Nel 2018, in pieno boom del turismo lento, ha fatto realizzare un murale sulla Via Francigena, per celebrare i camminatori e ricordare che l’accoglienza è un valore.
E poi c’è la mitica Zuppa di pesce da record, cucinata e offerta gratuitamente in piazza a centinaia di persone. Serate in cui il profumo del mare si mescolava alla gratitudine della città.
E se sei passato da Ivrea, te l’hanno detto:
“Vai da Tony, che è sempre aperto.”
E lì, senza fanfare né tappeti rossi, potresti aver trovato Patty Pravo, Bettino Craxi, Michele Placido, Luca Zingaretti, Katia Ricciarelli, Orietta Berti, Vittorio Sgarbi, Loretta Goggi, Miss Universo, Gianni Rivera, Emanuele Filiberto di Savoia, Gianluigi Mariannini, Beppe Grillo.
Tutti passati da Tony Cuomo.
Tutti serviti con garbo, con rispetto, con affetto.
Perché per Tony non esistono vip. Solo persone.
Dietro ogni successo c’è una squadra silenziosa. Una famiglia vera.
C’è Amalia, la compagna di una vita. Le figlie Lucia e Antonietta, che hanno affiancato il padre nella crescita del locale. E Marco Bianchi, il genero – in arte Cosmo, musicista noto a livello nazionale – che in quel microcosmo di dignità e lavoro ha respirato valori che oggi racconta nelle sue canzoni.
E poi c’è stato il Covid.
Quando il mondo della ristorazione è crollato, quando le sale si sono svuotate e le luci si sono spente, Tony non ha licenziato nessuno.
Ha resistito, ha stretto i denti, ha scelto la dignità.
Nessun dipendente lasciato a casa, nessuno abbandonato.
Una scelta che pochi hanno avuto il coraggio o la coscienza di fare.
E infine, Tony Cuomo è anche consigliere comunale in carica.
Una voce fuori dal coro. Libera, popolare, onesta.
Uno che non ha mai tradito la città, neppure quando avrebbe potuto convenirgli.
Uno che non ha mai fatto sconti alla propria parte politica.
Perché per Tony Ivrea viene prima di tutto.
E lavora ancora oggi, a testa alta, per tenere viva l’anima vera della città.
Non quella delle vetrine luccicanti e dei progetti calati dall’alto. Ma quella dei marciapiedi, dei negozianti, degli artigiani, degli operai, delle famiglie, dei giovani in cerca di un futuro.
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