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22 Maggio 2025 - 23:33
Via Varmondo e i cassonetti
“Sindaco, come faccio a buttare l’immondizia? Aspetto una sua risposta con ansia… grazie”.
È bastata questa frase — scritta sotto la foto scattata a una serie di auto parcheggiate a pochi centimetri dai cassonetti — per far esplodere la rabbia su Facebook. Decine di commenti, meme, insulti, accuse e proposte più o meno ironiche: “Appoggiamogli i sacchi sul cofano”, “Chiamiamo i vigili”, “Mazza da baseball sui fanali”. Il tutto, a metà tra sfogo e disperazione.
La verità è che quella foto non è solo un’immagine virale. È il simbolo di un disagio che va avanti da mesi.
Per l’esattezza, da quando i cassonetti della raccolta differenziata, posizionati in via Macchieraldo — a due passi dal Teatro Giacosa e dalla sede del Pd — sono stati spostati in cima a via Varmondo, lungo una salita ripida, trafficata e senza alcuna protezione. E lì sono rimasti.
Tutto è iniziato con il Carnevale: come da tradizione, i bidoni vengono rimossi per far spazio alla festa. Solo che, quest’anno, non sono più tornati. Al loro posto, un foglio A4 appeso a un muro con l’avviso lapidario dello spostamento. Nessuna comunicazione ufficiale, nessuna condivisione con i residenti, nessuna alternativa.
Ma c’è di più. In città serpeggia un sospetto sempre meno sussurrato: i cassonetti sarebbero stati rimossi da via Macchieraldo non per esigenze logistiche, ma per fare posto a chi aveva bisogno — e forse il potere — di parcheggiare comodamente davanti a casa. Una scelta imposta dall’alto, per favorire pochi — forse amici degli amici — scaricando il disagio su tanti.
Il risultato? Chi abita in via Macchieraldo o nei pressi deve ora farsi centinaia di metri a piedi, spesso sotto il sole o sotto la pioggia, con sacchi pesanti in mano. Gli anziani arrancano, i commercianti del centro protestano, le famiglie si arrangiano. Dall’Amministrazione, invece, solo una laconica risposta: “È stato deciso così”.
E non è finita. I cassonetti sono stati ricollocati in un punto che definire infelice è un eufemismo: via Varmondo è una strada stretta, in pendenza, dove le auto si accalcano ovunque, bloccando sistematicamente l’accesso ai bidoni.
La foto virale non racconta un’eccezione. Racconta la regola. Nessuno controlla. Nessuno multa. Nessuno, pare, vuole prendersi la responsabilità di ammettere che — forse — si poteva fare tutto in modo diverso.
In Via Macchieraldo al posto dei bidoni ci sono la sto parcheggiate
C’è chi prova a ridimensionare: “Si può buttare lo stesso l’immondizia”. Ma i residenti rispondono con le immagini: sacchi accatastati, odori nauseabondi, rifiuti lasciati agli angoli, degrado quotidiano. Il decoro, quello tanto sbandierato nei comunicati ufficiali, si è trasformato nel suo contrario.
A peggiorare le cose, l’annuncio delle cosiddette “campane intelligenti”, un sistema di raccolta hi-tech già testato — e fallito — a Banchette. I cittadini le attendono con ansia… ma solo perché temono il peggio. C’è chi le definisce “un fallimento costoso”, chi scherza amaro: “Ecco la smart city: l’immondizia resta, ma almeno sarà intelligente”.
Insomma, i cittadini non ci stanno. Alcuni parlano di raccolta firme, di una richiesta protocollata per ripristinare i cassonetti dove erano prima. Altri ormai sono rassegnati: “È una causa persa”. E così, mentre il Comune parla di turismo, sostenibilità e digitalizzazione, la città reale annaspa tra slalom di sacchetti e lamiere, con l’ansia della multa se si sbaglia cassonetto e l’incertezza quotidiana su dove buttare l’umido.
Ivrea voleva essere modello. E invece è diventata metafora. Una città che predica il decoro e genera disagio, chiede collaborazione ma impone scelte, invoca regole ma tollera l’inciviltà.
La foto dell’auto davanti ai cassonetti non è un banale incidente urbano. È un manifesto. L’immagine plastica di una città che non ascolta, non dialoga, non cammina insieme ai suoi cittadini. Nemmeno quando camminano carichi di sacchi. Nemmeno davanti alla sede del Pd.
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