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21 Maggio 2025 - 00:55
Lo Russo e Nardelli
A Torino non si governa più, si regna. E dalla Reggia di Palazzo Civico, Stefano Lo Russo, primo cittadino con il piglio del monarca illuminato solo a parole, firma con la sua giunta una delibera che ha il sapore amaro di un editto di fine impero: niente più licenze a chi è moroso con Imu e Tari. Stop al rinnovo, stop all’autorizzazione, stop alla sopravvivenza.
L’assessora al Bilancio Gabriella Nardelli, novella ministra delle Finanze del regime comunale, annuncia con orgoglio il provvedimento: “Vogliamo contrastare la concorrenza sleale”. In realtà, si dichiara guerra a chi non ce la fa più a pagare due delle tasse più odiose, vessatorie e ormai fuori controllo: la Tari e l’Imu. Due ghigliottine fiscali che hanno già tagliato le gambe a centinaia di commercianti.
Il Comune non ha dubbi: se non paghi tutto, sei fuori. Se sei in difficoltà, ti chiudiamo. Se provi a chiedere tempo, ti revocano la licenza. Ed ecco così che in una Torino dove intere vie sono ormai distese di saracinesche abbassate, la risposta non è aiutare, sostenere, dialogare. È colpire, punire, epurare.
Non basta più il pignoramento di conti correnti e stipendi (24 milioni sequestrati nel 2023), non bastano gli espropri sugli immobili (per altri 6 milioni), ora il Comune alza il tiro: “verrà stabilita ogni anno una soglia di debito oltre la quale scatterà la sospensione della licenza”. Oggi si parla di 50 mila euro, domani chissà. Il criterio? Arbitrario, discrezionale, deciso dalla Giunta. Come nel peggiore ancien régime, dove la sorte del bottegaio dipendeva dal favore del funzionario.
E se pensate che siano solo i “furbetti” a essere colpiti, vi sbagliate. Il provvedimento riguarda “attività commerciali e produttive”, bar, ristoranti, piccoli negozi, ambulanti (per ora esclusi, ma per quanto?). Gente che combatte ogni giorno con bollette quadruplicate, affitti impossibili, concorrenza dei centri commerciali, e ora pure con la mannaia del Comune.
Il messaggio è chiaro: o paghi tutto e subito, oppure fuori dai piedi. Un piano spacciato per “lotta all’evasione”, ma che sa tanto di vendetta sociale. Perché, lo sanno tutti, chi ha i soldi veri non paga mai tutto, o lo fa tramite avvocati, ricorsi e consulenze milionarie. A chi tocca allora? Al macellaio, al fioraio, al pizzaiolo, a chi ha una bottega sotto casa. A chi ha retto negli anni duri del Covid, delle bollette folli, dei lockdown e dei clienti scomparsi. Quelli sì, possono essere sacrificati sull’altare del rientro di bilancio.
Il Comune deve recuperare 55,6 milioni l’anno? E allora via con la scure. Ma attenzione: qui non si colpisce l’evasore fiscale furbo e sistemico. Si colpisce il debole, il solo, il senza difese. E si fa pure passare la cosa per una misura di equità.
Così Torino – che un tempo era la città operaia, solidale, comunitaria – oggi diventa Parigi, con Lo Russo nei panni di Luigi XVI e Nardelli in quelli della Contessa delle imposte, che gongolano a Versailles.
Il popolo? Che mangi brioche, o meglio, che spenga l’insegna e si cerchi un altro mestiere.
E intanto, altre saracinesche si abbasseranno. Si aggiungeranno a quelle già chiuse. A quelle vetrine spente che raccontano di fallimenti annunciati e di politiche incapaci di ascoltare. Perché se davvero l’obiettivo fosse aiutare la città, il Comune agirebbe sui costi della Tari (alle stelle) e dell’Imu (insostenibile), non con il bastone ma con una mano tesa.
Invece si sceglie il pugno duro. Si getta benzina sul fuoco. Si reprime l’ultimo respiro del piccolo commercio. In una città che ha già perso la sua anima, la giunta Lo Russo si prepara a sferrare il colpo finale. E lo fa col sorriso tecnocratico di chi non si sporca le mani, ma firma i decreti da dietro una scrivania.
Torino non ha più un sindaco. Ha un sovrano. E per chi non ce la fa, resta solo la strada. O la ghigliottina, o la rivoluzione...
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