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Benvenuti a Settimo: sedetevi comodi, la vista sui cessi è… mozzafiato

Due bagni chimici parcheggiati davanti a una panchina diventano il simbolo dell’arredo urbano creativo made in Piastra. Quando il decoro si fa in cabina

Benvenuti a Settimo: sedetevi comodi, la vista è… mozzafiato

Un turista entusiasta...

In principio fu la panchina. Solitaria, scolorita, un po’ storta come lo spirito di chi l’ha montata, ma fedele alla sua missione: offrire riposo e panorama. Poi, un giorno, qualcuno pensò bene di completarne la funzione. Davanti, a pochi passi – cioè a un battito di ciglia – sono apparse due cabine igieniche. Una blu, una gialla. I più romantici le chiamerebbero “tonalità primarie”. I più onesti: due cessi in piena faccia.

la panchina

panchina

Siamo a Settimo Torinese, regno di Elena Piastra, sindaca illuminata che spesso si dice impegnata nella riqualificazione urbana e nell'immaginare nuovi quartieri modello "Parigi". Ed è indubbio che questo accostamento tra mobilità intestinale e arredo pubblico racconti qualcosa di profondo sul senso estetico dell’amministrazione. Un cittadino ha immortalato la scena, ha pubblicato la foto su Facebook, e da lì è partito il valzer dei commenti, un coro che va dalla satira all’incredulità, passando per la compassione verso chi – poverino – magari sperava in cinque minuti di silenzio all’aria aperta. Invece si è ritrovato di fronte una coppia di bagni chimici degni di un backstage da concerto anni ’90.

La magia è tutta lì: una panchina che non serve più a guardare il mondo, ma a contemplare un cubicolo in PVC dove la dignità cittadina va letteralmente a morire. Più che arredo urbano, pare uno sketch mal riuscito di Zelig. E invece no: è Settimo. Quella che negli slogan istituzionali: la città della scienza, dell’innovazione, della cultura, la città bella da vivere...

E – perché no – anche della defecazione in pieno campo visivo.

Certo, a voler essere raffinati, si potrebbe leggere il tutto come un’opera concettuale: un’installazione postmoderna sulla condizione umana. L’uomo e i suoi bisogni. Il cittadino e i suoi limiti. L’elettore e il suo destino. Ma più banalmente, è solo l’ennesima foto di un’arroganza pubblica che non ascolta, non osserva, non ragiona. Solo posiziona. Sposta. Lascia lì. E poi si autocelebra su Facebook.

Il bello è che non è chiaro se prima ci fosse la panchina o i bagni. In ogni caso, qualcuno ha deciso che andava bene così. Che era tutto perfettamente coerente con l’idea di città accogliente, sostenibile e “a misura di cittadino”. Una misura un po’ particolare, forse quella del metro da cantiere lasciato per sbaglio nella tasca di un assessore distratto.

E mentre i commenti social si sprecano, tra chi vorrebbe spostarli, chi invoca santi protettori dell’arredo urbano e chi si limita a ridere per non piangere, resta lì – immobile – la cartolina perfetta: una panchina e due bagni. Il trittico sacro del “ce ne freghismo” comunale.

Chissà se la sindaca passerà di lì, magari venerdì mattina, durante il mercato, tra una stretta di mano e una dichiarazione sulle politiche green. E chissà se troverà il tempo di sedersi. O se almeno riuscirà a vederla, la panchina. Sempre che non venga oscurata da un nuovo bagno chimico.

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