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20 Maggio 2025 - 16:46
Un turista entusiasta...
In principio fu la panchina. Solitaria, scolorita, un po’ storta come lo spirito di chi l’ha montata, ma fedele alla sua missione: offrire riposo e panorama. Poi, un giorno, qualcuno pensò bene di completarne la funzione. Davanti, a pochi passi – cioè a un battito di ciglia – sono apparse due cabine igieniche. Una blu, una gialla. I più romantici le chiamerebbero “tonalità primarie”. I più onesti: due cessi in piena faccia.
Siamo a Settimo Torinese, regno di Elena Piastra, sindaca illuminata che spesso si dice impegnata nella riqualificazione urbana e nell'immaginare nuovi quartieri modello "Parigi". Ed è indubbio che questo accostamento tra mobilità intestinale e arredo pubblico racconti qualcosa di profondo sul senso estetico dell’amministrazione. Un cittadino ha immortalato la scena, ha pubblicato la foto su Facebook, e da lì è partito il valzer dei commenti, un coro che va dalla satira all’incredulità, passando per la compassione verso chi – poverino – magari sperava in cinque minuti di silenzio all’aria aperta. Invece si è ritrovato di fronte una coppia di bagni chimici degni di un backstage da concerto anni ’90.
La magia è tutta lì: una panchina che non serve più a guardare il mondo, ma a contemplare un cubicolo in PVC dove la dignità cittadina va letteralmente a morire. Più che arredo urbano, pare uno sketch mal riuscito di Zelig. E invece no: è Settimo. Quella che negli slogan istituzionali: la città della scienza, dell’innovazione, della cultura, la città bella da vivere...
E – perché no – anche della defecazione in pieno campo visivo.
Certo, a voler essere raffinati, si potrebbe leggere il tutto come un’opera concettuale: un’installazione postmoderna sulla condizione umana. L’uomo e i suoi bisogni. Il cittadino e i suoi limiti. L’elettore e il suo destino. Ma più banalmente, è solo l’ennesima foto di un’arroganza pubblica che non ascolta, non osserva, non ragiona. Solo posiziona. Sposta. Lascia lì. E poi si autocelebra su Facebook.
Il bello è che non è chiaro se prima ci fosse la panchina o i bagni. In ogni caso, qualcuno ha deciso che andava bene così. Che era tutto perfettamente coerente con l’idea di città accogliente, sostenibile e “a misura di cittadino”. Una misura un po’ particolare, forse quella del metro da cantiere lasciato per sbaglio nella tasca di un assessore distratto.
E mentre i commenti social si sprecano, tra chi vorrebbe spostarli, chi invoca santi protettori dell’arredo urbano e chi si limita a ridere per non piangere, resta lì – immobile – la cartolina perfetta: una panchina e due bagni. Il trittico sacro del “ce ne freghismo” comunale.
Chissà se la sindaca passerà di lì, magari venerdì mattina, durante il mercato, tra una stretta di mano e una dichiarazione sulle politiche green. E chissà se troverà il tempo di sedersi. O se almeno riuscirà a vederla, la panchina. Sempre che non venga oscurata da un nuovo bagno chimico.
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