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Amianto all’ospedale di Ivrea: compaiono gli adesivi. L’Asl minimizza, ma la paura resta

Scritte di allarme sulle finestre più vecchie mettono in agitazione utenti e visitatori. L’Asl To4 rassicura: “È solo una misura di prevenzione”. Ma la presenza di materiali contenenti amianto in un edificio sanitario continua a sollevare interrogativi

Amianto all’ospedale di Ivrea: compaiono gli adesivi. L’Asl minimizza, ma la paura resta

Attenzione contiene Amianto

All’ospedale di Ivrea sono spuntati piccoli adesivi con una scritta che non passa certo inosservata: “Attenzione, contiene amianto”. Attaccati in modo apparentemente anonimo sui vetri di alcune finestre, in particolare lungo le scale e nelle zone di passaggio secondarie, quei messaggi hanno destato preoccupazione tra chi ogni giorno entra ed esce dalla struttura sanitaria. E non solo a Ivrea. Stesse identiche scritte sono comparse anche all’ospedale di Cuorgnè, sugli infissi più vecchi ancora presenti in alcuni reparti.

Chi si è imbattuto negli adesivi ha fatto fatica a restare indifferente. “Ma davvero c’è ancora l’amianto?”, si chiedono in molti, guardando quelle finestre come fossero improvvisamente diventate pericolose. La sola parola – amianto – è sufficiente a rievocare paure antiche, bonifiche mai completate, e legittimi dubbi sulla sicurezza degli ambienti ospedalieri.

amianto

A intervenire per spegnere l’allarme è stata la direzione dell’Asl To4, che ha cercato di chiarire il significato della segnalazione. «La normativa vigente prevede il monitoraggio continuo di tutti i manufatti contenenti amianto in forma non friabile, in particolare se risalgono a prima degli anni ’90», spiegano dall’Azienda sanitaria. Si tratta, nello specifico, di vecchi mastici utilizzati per fissare gli infissi, materiali che potevano contenere fibre d’amianto inglobate, non disperse.

«Qualora vengano individuati mastici che contengono fibre di amianto inglobate – anche se in forma stabile e non rilasciabile – la normativa prevede l’applicazione di specifici simboli di pericolo», prosegue la nota. Nessun rischio immediato, dunque. L’adesivo serve semplicemente a impedire interventi incauti o manutenzioni eseguite senza le opportune precauzioni.

A Ivrea come a Castellamonte, dunque, l’amianto c’è ma è “incapsulato”, stabile, monitorato. Ma questo basta a tranquillizzare chi ogni giorno lavora o viene curato in quegli ambienti?

La realtà è che la parola “amianto” fa ancora paura, e non a caso. Nonostante le rassicurazioni tecniche, resta una diffusa sensazione di disagio. Perché, anche se la legge non impone l’eliminazione immediata del materiale inglobato, è difficile accettare l’idea che dentro un ospedale – nel 2025 – possano ancora esserci elementi contaminati, anche se “dormienti”.

In effetti, la presenza di amianto nelle strutture più datate era già nota. Ma a cambiare, ora, è la percezione pubblica: quegli adesivi la rendono visibile, concreta, tangibile. Non è più solo un’informazione tecnica, è qualcosa che si tocca con mano, che si legge mentre si attraversano le scale, mentre si attende l’ascensore, mentre si accompagnano i propri cari nei reparti.

E allora la domanda inevitabile è: quanto amianto c’è ancora? E per quanto tempo dovremo conviverci? Perché è vero che la legge consente la conservazione dei materiali in sicurezza, ma è altrettanto vero che ogni giorno che passa senza una bonifica definitiva è un giorno in più di convivenza forzata con un passato che non si riesce a cancellare.

Alla fine, quegli adesivi non sono solo segnali di pericolo. Sono segni del tempo, tracce indelebili di un’epoca in cui l’amianto si usava ovunque, persino dove si curava la gente. E oggi, anche se non minaccia direttamente la salute, continua a far discutere. E a inquietare.

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