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Emergenza abitativa a Torino: tra alloggi vuoti e famiglie allo stremo, serve una svolta

Torino e il dramma del diritto alla casa: tra alloggi inagibili e risorse insufficienti, migliaia di famiglie vivono in condizioni precarie mentre le soluzioni tardano ad arrivare.

Emergenza abitativa a Torino: tra alloggi vuoti e famiglie allo stremo, serve una svolta

Emergenza abitativa a Torino: tra alloggi vuoti e famiglie allo stremo, serve una svolta

A Torino, il diritto alla casa è sempre più spesso un miraggio. Eppure, basterebbe guardare i numeri – freddi, impietosi – per capire quanto sia drammatica la situazione. Solo nel 2023, ben 7.366 famiglie hanno presentato domanda per un alloggio di edilizia sociale. Di queste, 2.481 vivono in condizioni di disagio estremo, un’espressione tecnica che nella vita reale significa precarietà, sfratti, bambini che dormono sui divani di fortuna o in stanze condivise con parenti e amici. Ma il numero di case popolari assegnate è stato appena 346. Meno del 5%. Una beffa, non un piano casa.

Dietro queste cifre si nasconde una verità scomoda: a Torino esistono 608 alloggi pubblici che potrebbero essere assegnati ma non lo sono. Perché? Perché sono inagibili, vetusti, fatiscenti. Serve una cifra enorme, 55 milioni di euro, solo per ristrutturarli e renderli di nuovo abitabili. Lo ha denunciato nei giorni scorsi in Quarta Commissione del Consiglio regionale la consigliera Caterina Greco del Partito Democratico. Una richiesta concreta rivolta alla Regione Piemonte e al Governo, perché — è bene chiarirlo — queste non sono somme che un Comune, da solo, può sostenere.

A peggiorare il quadro, c’è anche la cronica inadeguatezza degli strumenti di sostegno per chi è in difficoltà. Il Fondo per il sostegno alla locazione, che fino a due anni fa consentiva a molte famiglie di ottenere un rimborso parziale dell’affitto sulla base dell’Isee, è sospeso dal 2022. E il Fondo per la morosità incolpevole, pensato per evitare che chi perde il lavoro finisca sfrattato, è rimasto immutato da anni, congelato a cifre ormai superate. Peccato che, nel frattempo, la platea dei bisognosi si sia allargata, anche a causa della fine del Reddito di cittadinanza, che per molti rappresentava l’unico argine contro l’esclusione.

Ma se il Comune chiede aiuto a Roma e Torino, non mancano le critiche. Il capogruppo Pd in Sala Rossa, Bruno Cerrato, è chiaro: «Parliamo di cifre fuori dalla portata di un bilancio comunale. Solo lo Stato e, in parte, la Regione possono garantire risorse di questa entità». E proprio in questa direzione sembra muoversi il sindaco Stefano Lo Russo, che tramite l’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ha aperto un’interlocuzione per provare a intercettare risorse dei fondi europei, come Pnrr, Fesr e Fondo di coesione, per rilanciare le politiche abitative.

Duro, però, l’affondo del capogruppo del Movimento 5 Stelle Andrea Russi, che punta il dito contro Palazzo Civico: «Il Comune deve fare la sua parte e reintegrare i 12 milioni del Fondo di sostegno alle locazioni nel proprio bilancio. Prima di bussare a porte altrui, si guardi in casa propria». Una polemica che riapre il dibattito su quanto l’ente locale stia davvero investendo per affrontare un’emergenza che, a Torino, si trascina da anni, tra liste d’attesa infinite, degrado, e famiglie che restano ostaggio dell’assenza di risposte concrete.

Il quadro che emerge è desolante: da un lato le risorse mancano, dall’altro la volontà politica sembra arrancare. Intanto, le case restano vuote, i quartieri popolari si spopolano o si degradano, e migliaia di persone continuano a vivere in condizioni al limite della sopravvivenza, mentre fuori dalle istituzioni si fanno largo soluzioni di fortuna e disperazione.

Serve un intervento straordinario, serve una visione. E soprattutto, serve riconoscere la casa come un diritto, non come un favore da distribuire con il contagocce.

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