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Dopo due mesi riapre la SP73: fine dell’isolamento

La strada era chiusa dal 6 marzo per una frana. Riaperta oggi a senso unico alternato: ristabiliti i collegamenti tra Borgofranco, Nomaglio e Biella. Ma resta il dolore per una tragedia che si poteva evitare

Dopo due mesi riapre la SP73: fine dell’isolamento

Dopo due mesi riapre la SP73: fine dell’isolamento

Dopo sessanta giorni di chiusura, la Strada Provinciale 73 è di nuovo percorribile. Poche ore fa, il collegamento tra Borgofranco d’Ivrea e Nomaglio è stato ripristinato a senso unico alternato, regolato da semafori. Un’apertura tanto attesa quanto sofferta, che segna la fine dell’isolamento per decine di famiglie e piccoli centri rimasti tagliati fuori da marzo.

A confermare la riapertura è stato il vicesindaco metropolitano Jacopo Suppo, che già ieri aveva assicurato la conclusione dei lavori in tempo per il raduno nazionale degli Alpini a Biella. Promessa mantenuta.

Anche il sindaco di Borgofranco, Fausto Francisca, ha annunciato la notizia con entusiasmo su Facebook: “Borgofranco c’è! Andrate c’è! Nomaglio c’è! Aperta la SP73 sopra Biò. Ristabiliti i collegamenti con Biella attraverso la SP73 e la SP419 della Serra”.

I titolari dell' impresa che hanno permesso il passaggio con il loro intervento

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Sindaci

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La frana che il 6 marzo aveva interrotto la viabilità tra il km 2+350 e il km 4+100, aveva provocato danni strutturali importanti: un blocco di roccia di 70 metri cubi, in equilibrio precario, ha reso necessarie demolizioni meccaniche, verifiche geologiche e la sostituzione dell’impresa inizialmente incaricata. I lavori sono partiti con lentezza: il sopralluogo del geologo è avvenuto solo il 7 aprile, i rocciatori sono entrati in azione l’11. Solo ora la strada è di nuovo agibile, a distanza di otto settimane.

Nel frattempo, la viabilità era stata dirottata sulla SP72, una strada secondaria, stretta, inadatta a sostenere il flusso di mezzi pesanti e autobus. I disagi sono stati quotidiani. Le proteste, numerose. Ma la chiusura ha avuto anche conseguenze tragiche.

Il 24 aprile, Marina Allamanno, 51 anni, è morta per un infarto nella sua casa a Nomaglio. L’ambulanza non ha potuto raggiungerla. È stato necessario attivare l’elisoccorso da Torino. Un volo tardivo. Una corsa contro il tempo persa in partenza. “Una tragedia evitabile”, hanno sussurrato in paese. Il tempo, in montagna, non è un dettaglio. È una questione di vita o di morte.

Nel caos dell’interruzione, c’è chi ha resistito. Ogni mattina, un padre attraversava a piedi la frana con il figlio di otto anni per portarlo fino al pulmino scolastico. Stivali, zaino in spalla, mani strette. “Siamo rimasti in dieci, quassù. Tutti anziani, io l’unico sotto i cinquant’anni. Ma resto. Taglio, pulisco, accompagno mio figlio. Perché l’istruzione non si ferma. E nemmeno l’amore per questa terra”, ci aveva raccontato.

La riapertura di oggi non cancella due mesi di disagio, di solitudine, di telefonate senza risposta. Ma è un primo passo. Resta la richiesta — forte, chiara — di non dimenticare queste comunità quando i riflettori si spengono. Di non lasciarle sole la prossima volta. Perché un territorio fragile come la montagna chiede solo una cosa: esserci. E poterlo dire, ogni giorno, come oggi: siamo ancora qui.

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