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Giro d’Italia a rischio: frane e strade chiuse bloccano la tappa del Colle del Lys

Il maltempo devasta Rubiana: tredici frane in 500 metri mettono in pericolo la penultima tappa del Giro. A rischio lo spettacolare passaggio in Val di Viù. Tecnici al lavoro, ma il tempo stringe

 Giro d’Italia a rischio: frane e strade chiuse bloccano la tappa del Colle del Lys

Giro d'Italia

C’è una linea sottile tra l’epica e il ridicolo, tra l’impresa sportiva e l’inciampo amministrativo. Ed è fatta di fango, sassi e alberi divelti. È quella che oggi divide il sogno rosa del Giro d’Italia dalla dura realtà di un territorio martoriato e trascurato. La penultima tappa della corsa, in programma per sabato 31 maggio con partenza da Verrès e arrivo al Colle del Sestriere, potrebbe saltare in una delle sue parti più iconiche, quella che tocca la Val di Viù e il Colle del Lys. Una porzione di tracciato che regala da sempre paesaggi maestosi, salite da leggenda e un pubblico appassionato, ma che oggi appare più come una ferita aperta nel cuore delle Valli torinesi.

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La colpa è del maltempo, certo, ma anche di una macchina amministrativa che sembra sempre arrivare con il fiatone, quando ormai la corsa – quella vera – è già passata. A Rubiana, tredici frane in mezzo chilometro hanno reso impraticabile la strada che conduce a Villar Dora. Tredici, non una, non due. E non si parla di smottamenti leggeri o detriti marginali: si tratta di cedimenti strutturali che hanno letteralmente fatto crollare la carreggiata, trasformando un tratto cruciale del percorso in un tratto da rally apocalittico.

Martedì 6 maggio i tecnici di Rcs Sport – la società organizzatrice del Giro – insieme agli agenti della Polizia Stradale, hanno effettuato un lungo sopralluogo. Hanno camminato tra buche, detriti e terreni franati, hanno scattato foto, preso misure, fatto rilievi. Ma la conclusione, almeno per ora, è sospesa: ci si prende due settimane per valutare. Due settimane per decidere se sarà possibile garantire il passaggio in sicurezza della carovana rosa, fatta di atleti, mezzi, giornalisti, tifosi, motociclette, ammiraglie e sogni.

Nel frattempo si è riunita anche la Giunta dell’Unione Montana Alpi Graie. Per i comuni coinvolti la posta in gioco è altissima: la tappa è di quelle decisive, il cosiddetto “tappone alpino” da oltre 200 chilometri. Saltarla sarebbe un colpo non solo sportivo, ma economico. L’occasione di visibilità e rilancio per territori che troppo spesso finiscono ai margini delle cronache – e dei finanziamenti. Basti pensare a cosa rappresenta, per i piccoli esercenti locali, il passaggio del Giro: bar pieni, camere d’albergo prenotate, centinaia di turisti al seguito e telecamere accese su panorami che raramente arrivano in prima serata.

Ecco perché la paura di perdere la tappa è tanto tangibile. Il tratto in questione è uno di quelli destinati a entrare nella leggenda: la salita verso il Colle del Lys, dura, nervosa, selvaggia, è uno dei punti chiave dei 205 chilometri in programma. Un’ascesa che prometteva distacchi, ribaltoni, scatti da antologia. Un’ultima battaglia prima della passerella finale a Roma. Ma tutto rischia di svanire, inghiottito nel fango.

Le istituzioni locali provano a rassicurare. Si ipotizza di realizzare una corsia provvisoria, magari ristretta, solo per il passaggio dei ciclisti e dei mezzi essenziali. Si spera nella clemenza del meteo per riuscire a lavorare in condizioni almeno accettabili. Ma la verità, sul campo, è che il tempo stringe e il terreno è instabile. E l’impressione diffusa, tra chi il territorio lo vive ogni giorno, è che ci si stia muovendo ancora una volta troppo tardi.

Tappa

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E il maltempo non risparmia nemmeno il Canavese, dove anche la diciannovesima tappa del Giro, quella del giorno precedente, è potenzialmente a rischio. Il percorso dovrebbe attraversare Nomaglio, Settimo Vittone e Borgofranco, comuni colpiti duramente dal maltempo delle scorse settimane. Le condizioni della rete stradale secondaria in zona sono sotto esame, e anche in questo caso il rischio di deviazioni o annullamenti parziali è reale. A rilanciare la discussione è stata la proposta – definita “provocatoria” – del sindaco di Borgofranco, Fausto Francisca, che ha suggerito un cambio di programma con partenza direttamente da Borgofranco, accorciando il tracciato originario. Un’ipotesi che ha fatto rumore, sollevando riflessioni sulla reale capacità del territorio di accogliere una corsa ciclistica di questo livello in tempi di emergenza climatica permanente.

Nel caso l’intervento non dovesse riuscire, si stanno già valutando percorsi alternativi. La parte “bassa” della tappa, quella che attraversa il Canavese passando da Busano, Rivara, Rocca, Corio e scendendo a Grosso per poi puntare su Lanzo, pare non presentare criticità. Ma il collegamento tra la Val di Viù e la Val di Susa è il vero nodo. Si parla di deviazioni lungo la direttissima de La Mandria, oppure su per le strade secondarie della Val Ceronda e della Val Casternone. Ma si tratterebbe, a conti fatti, di un piano B di ripiego. Il Colle del Lys è un simbolo, non un semplice nome sulla mappa. E sostituirlo significa rinunciare all’anima della tappa.

A pesare, in tutto questo, è anche una lunga storia di mancata manutenzione, tagli, ritardi e gestione discontinua delle strade di montagna. Il dissesto idrogeologico non è certo un evento imprevedibile: che in primavera piova, e che piova tanto, dovrebbe far parte dei piani di intervento ordinari. Ma ogni volta si arriva impreparati, come se le frane piovessero dal cielo senza preavviso. Come se sistemare due chilometri di strada fosse un’opera monumentale.

E così, il Giro d’Italia – con tutta la sua potenza evocativa, la sua storia, il suo carico di emozioni – rischia di finire fuori strada. Non per una fuga da lontano, non per un attacco a sorpresa, ma per un tratto di asfalto che cede. Non sarebbe la prima volta che una tappa salta all’ultimo minuto. È già successo in passato, per neve, per vento, per frane. Ma ogni volta, per chi abita quei luoghi, resta l’amaro in bocca. Perché quando se ne va la carovana, non resta che una strada spaccata e un’occasione perduta.

Ora il destino della tappa è nelle mani del tempo – quello atmosferico e quello amministrativo. Se nei prossimi giorni si riuscirà a intervenire con decisione, forse ci sarà ancora spazio per il sogno. Altrimenti, il Giro passerà altrove. E la Val di Viù, insieme a Nomaglio, Settimo Vittone e Borgofranco, con i loro paesaggi spettacolari e le loro salite leggendarie, resteranno fuori dalla storia. Ancora una volta.

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