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Ciriè, città ostaggio dei passaggi a livello: 15 minuti di niente ogni giorno

Il treno è già passato, ma le sbarre restano giù anche per 15 minuti. Il traffico esplode, le ambulanze rischiano di restare bloccate e il Comune tace. Un cittadino esasperato scrive a RFI, Trenitalia e alla stampa: “Così è pericoloso vivere”.

Ciriè, città ostaggio dei passaggi a livello: 15 minuti di niente ogni giorno

Ciriè, città ostaggio dei passaggi a livello: 15 minuti di niente ogni giorno

La denuncia arriva da un cittadino, ma dietro le sue parole si nasconde la frustrazione di un’intera comunità. Si chiama Andrea Beneventi e ha scelto di scrivere a noi, alle autorità locali, a RFI e Trenitalia, per raccontare un disagio che ormai è diventato quotidiano, sistemico, insopportabile.

“Mi è capitato più volte di trovarmi bloccato a pochi metri dalla stazione, mentre il treno era già passato da diversi minuti”, scrive Beneventi.

“Il traffico si accumula inutilmente, con conseguente inquinamento, perdita di tempo e frustrazione”.

Una frase che suona come una sentenza. Perché dietro quelle auto ferme, con i motori accesi, c’è l’illusione di vivere in una città moderna, sostenibile, efficiente. Ma la realtà è ben diversa.

In pieno centro urbano, a poche decine di metri da scuole, uffici, negozi e ospedali, le sbarre dei passaggi a livello restano abbassate anche 10, 12, 15 minuti dopo il passaggio del treno. Nessun convoglio in arrivo, nessun pericolo imminente. Solo attesa, nervi tesi e orologi che avanzano senza pietà.

E qui nasce il paradosso. Il Comune, in nome della sostenibilità ambientale, impone limiti alla viabilità, introduce zone a traffico limitato, incentiva la mobilità dolce. Ma poi tace – o peggio, si rassegna – di fronte a un disservizio tanto evidente quanto assurdo. Qual è il senso di vietare la circolazione a chi inquina se poi lo si costringe a rimanere fermo, motore acceso, per un quarto d’ora sotto una sbarra abbassata inutilmente?

E poi c’è il tema della sicurezza. Quello vero, quello che non si misura con i decibel o con le tabelle dell’ARPA, ma con la vita delle persone.

“Cosa succede se un’ambulanza rimane bloccata mentre un cittadino – come i miei nonni anziani – ha urgente bisogno di aiuto?” si chiede Beneventi. Una domanda che non è solo retorica: è un grido di allarme. Perché il tempo, in certi casi, è tutto. E quei minuti rubati dietro una sbarra potrebbero essere decisivi.

Chi si assume la responsabilità di un eventuale ritardo nei soccorsi?

È una domanda scomoda, certo. Ma chi governa – o dice di farlo – non può continuare a ignorarla.

“Capisco perfettamente che la gestione dei passaggi a livello non sia diretta responsabilità del Comune”, ammette il cittadino, con lucidità.

“Ma è vostro dovere istituzionale farvi portavoce presso RFI e Trenitalia per pretendere una soluzione immediata”. Non domani. Non fra tre protocolli d’intesa e cinque tavoli tecnici. Ma ora. Perché la vita reale non aspetta.

A rendere il tutto ancora più amaro è la riflessione conclusiva di Beneventi, che sa di sfogo ma anche di resa: “È paradossale arrivare a sperare che la linea ferroviaria venga sospesa per lavori, solo per poter tornare a una mobilità accettabile”.

Parole pesanti, soprattutto se dette da una persona che dichiara esplicitamente di credere nell’importanza strategica della ferrovia per il nostro territorio. Ma è proprio qui che il paradosso esplode in tutta la sua gravità: un servizio pensato per favorire la mobilità si trasforma in un ostacolo per la mobilità stessa.

passaggio a livello

In una città come Ciriè, dove ogni giorno centinaia di persone si spostano verso Torino per lavoro, studio o necessità, questo problema non è più tollerabile. Non può essere liquidato come un contrattempo tecnico. Non può essere nascosto sotto la coltre delle competenze formali. Serve una presa di posizione chiara, netta, pubblica. Serve che il Comune alzi la voce, che Trenitalia dia spiegazioni, che RFI intervenga con fatti, non con promesse.

La lettera è stata inviata anche ad altre testate locali. Perché – scrive ancora Beneventi – “la cittadinanza non può continuare a vivere con questa ansia ogni giorno”.

E ha ragione. Perché non si tratta solo di un disservizio. Si tratta di un modello di mobilità che non funziona, che crea danno invece di vantaggio, che isola invece di connettere. E che, prima o poi, potrebbe anche fare male.

Speriamo non serva l’incidente annunciato per far suonare il campanello d’allarme. Perché qui, i campanelli suonano solo per chi ha ancora voglia di ascoltare.

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