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06 Maggio 2025 - 23:52
Gabbie, incendi e fallimenti: chiudete il CPR di Torino
“Il sistema è inadeguato. I CPR sono gabbie dove i diritti vengono sospesi. Il centro di corso Brunelleschi va chiuso.”È un atto d'accusa diretto, senza filtri, quello che arriva da Sarah Disabato (capogruppo M5S), Daniele Valle(vicepresidente Commissione Sanità, PD) e Alberto Unia (M5S), dopo la visita ispettiva all’interno del Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Torino.
Nel pomeriggio di oggi i tre consiglieri regionali hanno varcato i cancelli della struttura di corso Brunelleschi, appena riaperta lo scorso 24 marzo dopo due anni di chiusura causati da rivolte e danni gravi. Riaperta sì, ma tra mille proteste. Non solo da parte degli attivisti e delle associazioni che da sempre contestano l’esistenza dei CPR, ma anche da esponenti delle istituzioni che hanno potuto vedere con i propri occhi il fallimento di un sistema costruito più sull’ideologia del contenimento che su un reale progetto di legalità e umanità.
“Abbiamo constatato in prima persona – dichiarano i tre consiglieri – che si tratta di un meccanismo bloccato. Le persone sono rinchiuse per mesi senza certezze, spesso senza sapere nulla del proprio destino. E nel frattempo vivono in condizioni inadeguate, tra muri, sbarre e personale ridotto all’osso. Non è solo un problema di giustizia, è anche un problema sanitario. Serve un monitoraggio continuo da parte della Regione, serve trasparenza e, soprattutto, serve chiudere questa struttura.”
Il CPR di Torino, gestito oggi dalla cooperativa Sanitalia, può ospitare fino a 70 uomini adulti, in condizioni che i consiglieri definiscono “inaccettabili”. Il centro si configura come un luogo di detenzione temporanea per cittadini stranieri irregolari in attesa di espulsione. In teoria, uno spazio di passaggio. In pratica, una prigione a tempo indefinito.
I firmatari chiedono formalmente un sopralluogo urgente delle Commissioni Sanità e Legalità del Consiglio Regionale del Piemonte. L’obiettivo è portare l’attenzione istituzionale su una realtà che troppo spesso viene nascosta dietro le dichiarazioni di principio sulla sicurezza e il controllo dell’immigrazione.
Ma proprio sul piano della sicurezza, la visita al CPR ha fatto emergere ulteriori criticità: “Oltre ai problemi strutturali e umanitari, c’è un utilizzo discutibile delle risorse pubbliche. Decine di uomini delle forze dell’ordine vengono impiegati quotidianamente all’interno di questa struttura, sottraendoli al presidio del territorio. È l’ennesimo paradosso: per creare un sistema inefficiente si sacrifica la sicurezza dei quartieri.”
Il CPR di corso Brunelleschi è già stato teatro di numerosi episodi di tensione. L’ultimo in ordine di tempo risale ad aprile, quando una rivolta dei reclusi si è trasformata in un incendio che ha provocato feriti e gravi danni. Eventi non isolati. Anche in passato, la struttura è stata al centro di proteste violente, fughe, denunce per maltrattamenti. Tutto questo in pieno centro cittadino, a pochi passi dalle abitazioni torinesi.
“Siamo stanchi di assistere a questo teatro dell’assurdo – tuonano Disabato, Valle e Unia –. Ci raccontano che i CPR sono strumenti di efficienza amministrativa, ma i dati dimostrano il contrario: pochissimi rimpatri, una montagna di soldi pubblici spesi e, soprattutto, persone lasciate in balia del nulla. Se questo è l’approccio del Governo alla gestione migratoria, allora è un approccio fallito. E va cambiato radicalmente.”
La battaglia per la chiusura del CPR non è solo politica, spiegano i consiglieri, ma etica: “Non possiamo accettare che nel 2025 esistano in Italia luoghi dove la libertà viene sospesa per mesi, dove si vive tra le fiamme delle rivolte e il silenzio delle istituzioni. Serve una nuova legge. Serve un nuovo paradigma.”
E mentre la politica nazionale continua a dividersi su quote, confini e decreti, Torino resta con un centro di detenzione nel cuore della città, che molti considerano ormai il simbolo stesso di un’epoca di crisi dei diritti e della razionalità.
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