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06 Maggio 2025 - 10:34
Andrea Grigolon
Giovedì 9 maggio tra le bancarelle del mercato di Ivrea, accanto alle cassette di frutta e alle offerte di stagione, spunterà anche lui: un grande contenitore grigio, appositamente allestito per raccogliere oggetti che nessuno compra più, ma che tutti – almeno una volta – abbiamo in casa. È il cuore pulsante di una raccolta straordinaria di rifiuti elettronici organizzata da SCS in collaborazione con la Città di Ivrea, un’iniziativa concreta contro l’inquinamento invisibile della tecnologia.
Dalle 9 alle 11, nello spazio di passaggio tra il mercato alimentare e quello dell’abbigliamento, i cittadini potranno disfarsi responsabilmente di ciò che non funziona più. Non è poco: monitor rotti, tostapane arrugginiti, vecchi notebook, lampadine esauste, phon dimenticati, smartphone dell’era pre-5G. In gergo tecnico si chiamano R.A.E.E., rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, ma in fondo sono i resti della nostra modernità, quelli che spesso lasciamo in garage in attesa di “capire dove buttarli”.
Accanto al contenitore ci sarà anche uno stand informativo con personale SCS, pronto a spiegare, consigliare, istruire. Perché buttare bene è un gesto semplice, ma non scontato. Anzi, è un atto politico, se ci pensiamo: significa dire che ci importa dell’ambiente, delle risorse, delle generazioni future.
Eppure, i numeri parlano chiaro. Lo dice senza giri di parole Andrea Grigolon, direttore generale di SCS: “Nel Canavese raccogliamo in media solo 4,8 kg di R.A.E.E. per abitante. Ben al di sotto della media nazionale (6,07 kg) e anche di quella piemontese (5,56 kg). Superiamo solo la Città Metropolitana di Torino, che è ferma a 4,1 kg. C’è ancora tanto da fare”.
La raccolta straordinaria di Ivrea è una delle prime azioni visibili del progetto RIGENERAEE, finanziato dal Centro di Coordinamento R.A.E.E., che punta a invertire la rotta con azioni concrete e di prossimità, lì dove le persone vivono, fanno la spesa, si incontrano.
Ma il messaggio non si ferma al semplice conferimento. A rilanciarlo è direttamente il sindaco di Ivrea Matteo Chiantore: “La vera sfida è non produrre rifiuti. Prima di gettare un vecchio dispositivo chiediamoci se può essere riparato, scambiato, venduto. Magari basta sostituire un componente. È su questo che dobbiamo educarci come comunità: vedere negli oggetti non solo lo scarto, ma una seconda possibilità”.
Un invito che va oltre la singola iniziativa. Perché buttare correttamente un rifiuto elettronico è importante, ma non produrlo è ancora meglio. E in tempi di crisi climatica e impoverimento delle risorse, il riuso non è più un’opzione di nicchia, ma una necessità collettiva.
Chi non riuscirà a partecipare il 9 maggio ha comunque molte altre opzioni a disposizione:
I sei centri di raccolta della zona.
I contenitori stradali per piccoli RAEE nei comuni con più di 2.000 abitanti.
Le scuole secondarie di primo e secondo grado, dotate di punti di conferimento.
I grandi punti vendita di elettronica, dove si può lasciare un dispositivo senza obbligo d’acquisto (regola “1 contro 0”).
I rivenditori, che devono ritirare il vecchio apparecchio se ne acquistiamo uno nuovo equivalente (“1 contro 1”).
Perché tutto questo impegno? Perché i dispositivi elettronici non sono solo ingombranti o complicati da smaltire. Sono pericolosi, se abbandonati, e preziosi, se trattati nel modo giusto.
Contengono rame, ferro, argento, oro, piombo. Recuperarli significa risparmiare risorse naturali, evitare miniere a cielo aperto, ridurre l’inquinamento. Ma soprattutto vuol dire prendersi cura del territorio in cui viviamo, partendo da un’azione tanto semplice quanto potente: non lasciare che la tecnologia diventi spazzatura per sempre.
LA VOCE DEL CANAVESE
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