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Qualcosa di sinistra
06 Maggio 2025 - 08:48
Con Tommaso Cravero, primo a sinistra
Quanto accaduto lunedì 28 aprile nella sala consiliare, dev’essere sembrato surreale ai consiglieri settimesi, avvezzi a considerare l’emiciclo uno spazio riservato a loro, sembrando così testimoni involontari di una storia morta e sepolta (di Liberazione, vivaddio, sino all’anno prossimo non si parlerà più), resuscitata invece dalla Regione Piemonte con l’iniziativa, proposta ai Comuni, di rendere omaggio a tutti i sindaci dal dopoguerra a oggi.
La breve cerimonia si è tenuta in apertura della mensile seduta del nostro consiglio comunale. A legare il prima e il dopo, questa sindaca dai modi avvolgenti, dai contorni sfumati, che sembra riconoscere o, forse, riconosce davvero, i suoi predecessori, assumendo, nella responsabilità, i loro meriti e i loro sbagli.
Sotto lo sguardo distratto dei consiglieri (non tutti presenti e più d’uno impegnato, ahimè, con la tastiera del pc), sono sfilati cinquant’anni di vita cittadina rappresentata dai sindaci o – in un paio di casi – dai loro congiunti più prossimi, a riprova che la memoria delle istituzioni si trova e si conserva meglio nelle carte.
Non un’apoteosi, quindi, ma una quieta e un po’ noiosa riunione di famiglia, l’adesione del Comune a un invito istituzionale che non era opportuno disattendere, la partecipazione disincantata degli ospiti che si sono lasciati condurre in questo incontro dal sapore gozzaniano (Loreto impagliato e il busto di Alfieri…).
Poi un intervento puntuto e la ferma richiesta (preventivamente anticipata, così è parso) di discutere dei sindaci, del doppio mandato, dei meccanismi di elezione, dei loro poteri… Sì sì, si può discuterne, ha concesso la prima cittadina in carica che, giunta quasi alla scadenza, appare sicura del fatto suo.
Nella stagione di Mani pulite ci affidammo a questo totem, all’elezione diretta dei sindaci, per rimediare alla diffidenza che allignava tra gli elettori. Anche nel nostro Comune ci dotammo di uno Statuto quale carta fondativa di un nuovo patto tra istituzioni e cittadini; pensammo di frenare la caduta di fiducia nei partiti e nelle istituzioni, adottando modelli di democrazia diretta (referendum comunali, petizioni) mai messi in opera; istituimmo la figura del «difensore civico»quale garante del buon andamento, dell’imparzialità, della tempestività e della correttezza dell’azione amministrativache, però, non prese mai vita.
A distanza di un trentennio, anche i più convinti constatano che l’elezione diretta dei sindaci ha accelerato l’aggravarsi del male che si voleva combattere: la crisi dei partiti e della rappresentanza politica che trovava la sua espressione nel consiglio comunale, divenuto regno di un «civismo» spurio, una moltitudine di liste che si dissolvono il giorno dopo le elezioni.
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