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Restare, il cortometraggio che racconta il Canavese e i suoi ragazzi. Fabio Bobbio torna a casa

Girato tra Pavone, Cuorgnè, Feletto e Busano, il nuovo lavoro del regista di Rivarolo esplora l’anima della provincia e il momento fragile in cui si decide chi diventare. Sullo sfondo, un Canavese reale e poetico, sospeso tra partenze, addii e legami che restano

Restare, il cortometraggio che racconta il Canavese e i suoi ragazzi. Fabio Bobbio torna a casa

Fabio Bobbio, Yile Yara Vianello, Zackari DelmasDelmas

Nel silenzio di una notte d’estate, tra i rumori ovattati di un paese che dorme e i fari spenti di una festa che si spegne, due ragazzi si parlano senza dire tutto. C’è lei, Sara, che sta per andarsene. C’è lui, Denis, che vorrebbe trattenerla. Ma certe partenze, si sa, non si fermano con le parole. Si possono solo accompagnare con uno sguardo, un gesto, un addio che resta appeso a metà.

È da qui che nasce Restare, il nuovo cortometraggio di Fabio Bobbio, regista di Rivarolo, che dopo quasi un decennio torna a posare lo sguardo sulla sua terra. E lo fa con la delicatezza che lo contraddistingue, con la capacità rara di raccontare i luoghi e le persone non come sfondo, ma come sostanza. Un cinema che non finge, che non inventa, ma che cerca nel reale la poesia che lo attraversa. Un cinema che torna a casa, letteralmente.

La cascinassa

La Cascinassa

fabio bobbio

Fabio Bobbio

A dieci anni dalle riprese de I Cormorani – film di culto del cinema indipendente italiano, premiato e apprezzato in tutta Europa – Bobbio sceglie di tornare nel Canavese. Non per nostalgia, ma per urgenza. Restare è una storia breve, ma carica di quel peso che hanno le cose semplici: racconta l’ultima notte di due ventenni prima che le loro strade si separino. Racconta un legame, una provincia, un tempo sospeso.

“L’idea del cortometraggio nasce ancora una volta dall’osservazione della realtà in cui sono cresciuto e a cui sono ancora profondamente legato” – spiega Bobbio – “e dalla volontà di far dialogare elementi autobiografici con un possibile ritratto delle nuove generazioni: il senso di appartenenza, la separazione, la ricerca di una propria identità sono elementi comuni del crescere e diventare adulti”.

Il film, prodotto da Ginko Film in associazione con Filmine e Malfè Film, è stato realizzato con il sostegno della Film Commission Torino Piemonte – Short Film Fund, e con l’appoggio concreto di realtà locali che hanno creduto nel progetto: F.lli Castagna s.r.l., ASD Golden River, Sirelma Group s.r.l. e Birra Rabèl Sas. Una sinergia tra cinema e territorio che non è solo tecnica o finanziaria, ma emotiva: il Canavese ha partecipato, vissuto, creduto in questo racconto.

Le riprese si sono svolte a Pavone Canavese, nelle strutture dell’azienda agricola La Cascinassa, e nei comuni di Feletto, Busano e Cuorgnè. È qui che più di trenta ragazze e ragazzi del territorio hanno dato vita a scene corali, restituendo autenticità e vitalità a un progetto che parla di loro, con loro, per loro.

“Ho cercato di immaginare il mio Canavese come un territorio universale in cui tutti possano riconoscersi” – racconta ancora Bobbio – “ispirandomi alle atmosfere della letteratura americana che amo – Haruf, Ford, Guthrie – e a un immaginario che guarda anche al western contemporaneo. Con Zelia Zbogar, coautrice della sceneggiatura, abbiamo cercato di dare una sfumatura epica a una storia minima, dove il reale viene sublimato e reso simbolico”.

Sara e Denis, interpretati da Yile Yara Vianello (Corpo Celeste, La bella Estate, La Chimera) e Zackari Delmas (Una sterminata Domenica, Il mio Compleanno), sono due ragazzi a un bivio. Lei se ne va, lui resta. E in mezzo c’è il peso di tutto ciò che non si può più dire, di tutto ciò che è stato e che forse non sarà più. Il loro addio è ambientato in un paesaggio che non è neutro, ma parte integrante della narrazione: un Canavese cristallizzato e sospeso, dove il tempo sembra muoversi più lentamente, amplificando ogni emozione.

“Il momento più emozionante delle riprese è stato girare a Cuorgnè la festa che apre il film. Yile e Zackari erano circondati da ragazzi canavesani, e sul set si è creata un’atmosfera magica. Tutti hanno capito che stavamo raccontando loro stessi, che quel film era uno specchio”.

La fotografia del giovane Bruno Raciti, la scenografia di Raffaella Cuviello, il suono di Manuel Paradiso, i costumi di Sara Giovine e Patrizia Tirino: ogni tassello della squadra creativa ha lavorato per dare al film una dimensione intima ma potente, dove il dettaglio fa la differenza e ogni scelta estetica è al servizio del racconto.

Nelle note di regia, Bobbio e Zbogar parlano apertamente del cuore del progetto: “Abbiamo attinto dalle nostre esperienze personali. Entrambi siamo cresciuti in provincia, e volevamo raccontare cosa significa essere giovani in un contesto rurale, in un tempo che sembra sospeso. Sara e Denis sono fragili, contraddittori, intensi. E vivono una tensione tra la dimensione locale che li àncora e quella globale che li chiama. Un conflitto tipico della loro generazione”.

In un’epoca in cui i ragazzi hanno il mondo nello smartphone ma pochi luoghi fisici da abitare davvero, Restareracconta cosa significa scegliere, rinunciare, restare o partire. E lo fa con una dolcezza spiazzante, che non ha bisogno di urla o effetti speciali. Basta un abbraccio. Una tavola calda. Una sera d’estate.

Nel frattempo, Fabio Bobbio – che insegna al Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo – continua a sviluppare due progetti di lungometraggi: I Fuochi, scritto ancora con Zelia Zbogar, e Le Cose Vicine, scritto con Damiano Garofalo e Pietro Masciullo.

Ma con Restare, il regista canavesano ha già lasciato un segno. Un corto che è molto più di un film: è un pezzo di vita, un atto d’amore verso una terra, un racconto collettivo di chi è cresciuto guardando il mondo da una finestra che dà sulle montagne.

E di chi, anche se parte, in fondo resta.

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