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Cronaca

Ciclisti ovunque, strada nel caos: “Se ci scappava il morto?”

Auto bloccate, ciclisti ovunque, giudici minacciosi: automobilisti intrappolati nel circuito improvvisato. Chi ha autorizzato tutto questo?

Ciclisti ovunque, strada nel caos: “Se ci scappava il morto?”

Ciclisti ovunque, strada nel caos: “Se ci scappava il morto?”

Domenica 4 maggio, sulla statale che collega Strambino a Borgomasino, è andata in scena una manifestazione ciclistica "Frazione in bicicletta del Triathlon Candia". Una manifestazione sportiva che avrebbe dovuto rappresentare un momento di festa, ma che si è trasformata in un incubo per diversi automobilisti. Altro che spirito olimpico: quello che si è visto su quel tratto di strada somigliava più a un ingorgo da girone infernale che a una gara ben organizzata.

Ciclisti in seconda e terza fila, strada regolarmente aperta al traffico, automobilisti costretti a fermarsi, a rischiare, a indovinare la manovra giusta per non finire addosso a qualcuno. La denuncia arriva direttamente da uno di loro, rimasto coinvolto – suo malgrado – in quella che definisce una “trappola a pedali”.

"Mi sono ritrovato in mezzo alla corsa. I ciclisti mi circondavano su entrambi i lati. Non potevo superarli senza invadere la corsia opposta. Ma da quella parte arrivavano altre auto. Ho rispettato la distanza di sicurezza, ma loro si arrabbiavano con me perché non li superavo."

Una situazione surreale, che peggiora qualche chilometro più avanti, dove il protagonista del racconto si imbatte in un giudice di gara che lo ferma e – incredibilmente – lo minaccia. “Diceva che ero l’unica macchina su quella strada e che avrebbero potuto chiedermi i danni perché stavo fotografando. Assurdo. Ma le altre auto? E io dove sarei dovuto andare? Indietro a marcia indietro per dieci chilometri?”

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Una domanda più che legittima. Com’è possibile che una gara ciclistica venga autorizzata su una strada statale aperta al traffico, senza deviazioni, senza interruzioni temporanee, senza scorte? Basta una frenata improvvisa, una curva sbagliata, e da una domenica sportiva si passa alle prime pagine di cronaca nera. È andata “bene” solo per caso.

Ma il punto è un altro: chi ha autorizzato questa manifestazione? La Prefettura era informata? I Comuni attraversati si sono presi la responsabilità di un simile rischio? E le forze dell’ordine? Possibile che si sia lasciato correre, nel senso più pericoloso del termine?

Il comportamento dei giudici di gara, poi, solleva ulteriori dubbi. Invece di garantire sicurezza e rispetto delle regole, si sono messi a intimidire chi non stava correndo, ma stava semplicemente viaggiando su una strada pubblica. Fotografare non è un reato. Minacciare chi documenta, sì.

Certo, il Triathlon di Candia è un evento sportivo importante, e la frazione ciclistica avrebbe potuto essere una bella occasione per promuovere il territorio. Ma se il prezzo da pagare è questo – disordine, paura, tensione, rischio – allora qualcosa non funziona.

La passione sportiva non può trasformare una statale in un circuito a ostacoli. Non può trasformare cittadini inconsapevoli in bersagli mobili. E non può, soprattutto, scavalcare il principio della sicurezza.

Chi ha il compito di autorizzare deve anche sapere dire di no. O almeno, imporre regole e controlli. Perché la prossima volta, quel “per fortuna è andata bene” potrebbe diventare un “stavolta no”.

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