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Punto Rosso
06 Maggio 2025 - 08:00
Attenzione a non marchiare la città
Pensare di risolvere alla radice il problema della micro-criminalità cittadina con le zone rosse vuol dire avere in mente solo una prospettiva breve. Una volta definita una zona rossa, vedremo semplicemente spostarsi in altre aree della città i gruppi che si dedicano ad attività di spaccio, molestie e aggressioni. Sta già accadendo. Sperimenteremo forse la “zona rossa fluida”?
Ma mentre è normale che Prefetto e Forze dell’Ordine propongano misure di polizia per contrastare il fenomeno, non è normale che la politica non riesca a prospettare altro. Chi governa la città, si ritrova bloccato fra la volontà di garantire la sicurezza e il timore di abbracciare una soluzione esclusivamente repressiva. Le forze politiche di centro-destra che siedono all’opposizione in consiglio comunale non hanno invece dilemmi, perché hanno ben radicato nella loro politica proprio l’idea di “stato di polizia”, come il decreto legge 48/25 (ex DDL 1660) dimostra ampiamente.
Entrambi stanno dunque affrontando la questione inadeguatamente e non considerando un altro grave rischio per la nostra città: marchiare negativamente alcune zone della città.
In tutte le vie incluse nella zona rossa vivono, studiano, lavorano persone per bene che non si dilettano a delinquere, donne, uomini, anziani, giovani, bambine e bambini. Sono inclusi luoghi attrattivi, come i giardini “Donne della Resistenza” con il parco giochi appena ristrutturato, lo stadio della canoa, la passerella pedonale sulla Dora, zone Unesco (via Jervis), via Camillo Olivetti, … Siamo sicuri che marchiare di rosso quell’ampia fetta di Ivrea porterà giovamenti a tutte le persone e ai luoghi? Ben triste passaporto turistico: “venite a visitare Ivrea con la più bella zona rossa d’Italia.” Definire alcune zone della nostra città come “caratterizzate dalla presenza fluida di soggetti dediti ad attività delittuose” rischia di squalificare quelle aree.
Sebbene il controllo e la vigilanza del territorio siano necessari, è necessario da un lato non gettare lo stigma su alcune zone della città e dall’altro “vigilare i vigilanti”, ovvero evitare che l’iniziativa si trasformi in una sorta di bonifica sociale basata più sull’”estetica” che sulla effettiva pericolosità delle persone. Questo è un allarme che diversi sociologi pongono, e non è pure teoria, anche nella nostra città ci sono stati casi di richiesta di identificazione da parte delle forze dell’ordine verso persone normalissime, come un ragazzo tranquillo che prendeva il sole sull’erba in un giardino cittadino: probabilmente aveva un orecchino, maglietta non firmata, forse un tatuaggio, o probabilmente anche solo prendere il sole in un prato in città risulta sospetto.
Occorre anche analizzare profondamente il fenomeno: chi sono questi giovani (quanto giovani?) che han scelto di fare banda ad Ivrea? Da dove vengono? Come si muovono? Da chi vengono pilotati? Tutti questi dati sicuramente sono in possesso delle forze di polizia, ma è necessaria anche una indagine “civica” da parte dell’istituzione locale, i risultati della quale vanno presentati alla cittadinanza e utilizzati come strumento per impostare attività di più lungo respiro.
L’azione di polizia se non è accompagnata infatti da iniziative di prevenzione integrata, quali patti territoriali, mediazione dei conflitti, promozione culturale e interventi sul tessuto sociale, non sortirà mai un effetto del tutto positivo e duraturo nel tempo.
Lasciando da parte chi invoca le dimissioni del Sindaco e nuove elezioni brandendo il tema della sicurezza come un manganello propagandista, si impegni l’amministrazione eporediese in questa indagine e ad organizzare incontri pubblici di ascolto della popolazione e presentazione di iniziative di contrasto e prevenzione. Sviluppi negli agenti della Polizia Locale, ancor più di quel che già fanno, quel ruolo di “agente di prossimità” che li deve far percepire dalla popolazione come “sentinelle del territorio”, punto di riferimento, presidio di sicurezza e vicinanza.
La microcriminalità urbana è un fenomeno diffuso, complesso e con diverse sfumature. Per superarla occorre forte determinazione politica e sociale, prima che repressiva. Occorre un approccio coordinato e integrato fra tutti i soggetti interessati. Questa è l’unica via per garantire sicurezza diffusa e migliorare la qualità della vita urbana.
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