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Costume e società
03 Maggio 2025 - 00:25
Loris Gallo il Galletto
Domenica 27 aprile 2025, il Teatro Juvarra di Torino si è trasformato in un luogo sospeso tra passato e presente, tra malinconia e festa. Il sipario si è alzato su “Loris Gallo incontra Gipo Farassino”, ma in realtà si è alzato su una terra intera che ha ritrovato la propria voce. Un concerto? No. Un atto d’amore. Un omaggio musicale e umano che ha saputo risvegliare memorie sopite, riscaldare cuori, e dare nuova linfa a una cultura che non vuole essere dimenticata.
Al centro della scena, Loris Gallo, nome d’arte di Loris Striglia, classe 1971, uno di quei rari artisti che non si accontentano di suonare: vivono la musica come un gesto di identità collettiva. La sua storia inizia molto prima del Conservatorio. Comincia nei pomeriggi passati col nonno – detto Gallo, da cui eredita il nome artistico – tra osterie fumose, feste di piazza, e raduni alpini a Torrazza Piemonte, il suo paese natale. È lì che Loris respira per la prima volta il profumo della musica popolare, quella vera, fatta di volti, racconti e mani callose. Un’infanzia immersa nei canti spontanei, nelle fisarmoniche e nei brindisi, dove ogni nota era un legame con la propria terra.
Ma accanto alla piòla, c’era anche il Conservatorio. Due scuole parallele, che Loris chiama con ironia e affetto “conservatorio e para-conservatorio”. Da una parte l’Accademia, con le sue regole e partiture; dall’altra l’osteria, con la sua anima libera e viscerale. Due mondi apparentemente lontani, che in lui si fondono in una cifra artistica irripetibile. E così Gallo diventa concertista d’organo a canne – con la rara abilità di suonare a due mani e due piedi, come i grandi maestri – ma è anche pianista, fisarmonicista, cantante lirico e leggero, compositore, autore e interprete di una musica che sa essere colta, ma anche popolare, intima e universale.
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Da oltre vent’anni porta il Piemonte in tour, attraverso orchestre da ballo, concerti folk, spettacoli comici e trasmissioni televisive. Sempre e solo dal vivo, per scelta e per rispetto del pubblico. Dal 1999, anno di fondazione della sua orchestra, ha fatto ballare e commuovere migliaia di persone in tutto il Nord Italia, con uno stile che unisce virtuosismo e cuore, ironia e sentimento.
Ma Loris Gallo è molto più di un musicista. È un artista totale, un uomo di spettacolo nel senso più pieno e artigianale del termine. Attore comico-brillante, trasformista, illusionista, conduttore di talk-show, da oltre dieci anni è uno dei volti più amati di Telecupole Piemonte, dove entra settimanalmente nelle case di migliaia di telespettatori. Il suo è un talento multiforme, capace di far convivere la cultura della canzone, la magia dell’illusionismo, la teatralità della commedia e l’autenticità della tradizione orale.
Eppure, al Teatro Juvarra, ha scelto di spogliarsi di ogni sovrastruttura per dare spazio all’essenza. Quella sera, Gallo ha messo la sua arte al servizio di un’idea semplice e potente: rendere omaggio ai padri della canzone piemontese, primo fra tutti Gipo Farassino, poeta degli ultimi e cantore dell’anima torinese. Ma anche a Mario Piovano, Beppe ëd Moncalè, Roberto Balocco, voci forse meno note al grande pubblico, ma fondamentali per chi conosce il valore della musica radicata nella terra.
“Esibirmi in un teatro torinese per me è un desiderio che si avvera!... E che teatro!”, ha confidato al pubblico, con un misto di emozione e fierezza. “È stato un momento di condivisione, emozione e festa, in cui passato e futuro si sono incontrati sulle note di un patrimonio musicale che non deve andare perduto. Invito gli anziani a lasciarsi avvolgere dalla nostalgia, cullati dalle melodie che hanno accompagnato la loro giovinezza. E al contempo invito i giovani a scoprire il fascino della lingua e della cultura piemontese, imparando attraverso la musica le radici della nostra terra.”
E quelle parole si sono incarnate nelle canzoni. Il pubblico ha riso, ha pianto, ha cantato, ha ricordato. Ha viaggiato tra ballate d’osteria, amori perduti, vigneti al tramonto, e stradine di collina. E in ogni nota c’era una carezza, un grido, un abbraccio. La grande orchestra di Gallo, composta da musicisti professionisti e appassionati, ha saputo accompagnare con grazia e potenza ogni passaggio emotivo.
Non sono mancati i momenti di leggerezza, gli aneddoti tra un brano e l’altro, i siparietti comici che spezzano il nodo in gola per far spazio a una risata liberatoria. Ma anche il silenzio, quello carico di rispetto, quando si intona “Avere un amico”, o “La Povera Gente”, che sono molto più che canzoni: sono preghiere laiche scritte in dialetto.
Chi era presente lo sa: al Teatro Juvarra non si è tenuto uno spettacolo. Si è celebrato un rito.
Un rito laico, popolare, commovente. Un canto corale di un popolo che, attraverso la voce di Loris Gallo, ha ritrovato sé stesso. Non nei riflettori, ma nei racconti sussurrati, nei ritmi di una mazurka dimenticata, nei sorrisi tra una strofa e l’altra.
E allora sì: il Piemonte ha cantato.
Con voce piena. Con cuore aperto. E con un Galletto in testa al corteo dei ricordi.
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