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Mattarella assegna la Medaglia di bronzo a Santhià: “Ferita della libertà, memoria della Repubblica”

Nel messaggio al sindaco Ariotti, il Presidente ricorda le 48 vittime della strage nazista del 29 aprile 1945 e rende onore al coraggio della comunità santhiatese durante i giorni tragici della Liberazione

Sergio Mattarella

Sergio Mattarella

Ottant’anni. Un arco di tempo sufficiente, si direbbe, a far sfumare i contorni, a far scolorire la memoria. Ma a Santhià, ogni 29 aprile, quel ricordo brucia ancora. Brucia di dolore e dignità, di rabbia e speranza. Perché tra il 29 aprile e il 1° maggio del 1945, quando l’Italia stava liberandosi dal giogo nazifascista, Santhià pagò con quarantotto vite il prezzo della libertà. Erano partigiani e civili, uomini e donne, anime inermi travolte dall’ultimo spasmo di violenza di un regime morente.

A ricordarlo oggi è il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con un messaggio inviato al sindaco di Santhià, Angela Ariotti, in occasione delle commemorazioni dell’ottantesimo anniversario. Un messaggio che è molto più di un gesto formale: è un abbraccio solenne e commosso a un’intera comunità che porta addosso, come un segno indelebile, il marchio di una strage.

"Ottant'anni fa il 25 aprile 1945 fu l'avvio dell’insurrezione, destinata a concludersi la settimana successiva con la resa delle truppe naziste e dei loro alleati fascisti", scrive Mattarella. Ma mentre il nord Italia si liberava, mentre in Piemonte e Lombardia già sventolava la bandiera della libertà, le truppe tedesche in ritirata seminavano morte alle loro spalle.

Fu così anche a Santhià, travolta dalla violenza cieca del 75° Corpo d'armata del III Reich, che infranse la tregua concordata con il Comando partigiano. Una tregua fragile, un filo sottilissimo di umanità spezzato nel furore di una ritirata carica d’odio e di disperazione. In quei giorni, a Santhià e nelle sue cascine vicine, si consumò una delle ultime, atroci rappresaglie naziste.

Ma in quel buio, si levò anche una voce, quella del Prevosto monsignor Giovanni Ravetti, capace di una mediazione che – scrive ancora il Capo dello Stato – evitò che il prezzo pagato in termini di vite umane fosse ancora più alto. Fu un argine fragile, ma essenziale, di fronte a una furia distruttiva che sembrava non conoscere più limiti.

Non è un caso se la Repubblica ha attribuito alla popolazione di Santhià la Medaglia di bronzo al valor militare, riconoscendo a quei cittadini “il triste e doloroso privilegio di subire le ultime rappresaglie tedesche” proprio nel momento in cui la libertà cominciava a rifiorire nel Nord Italia.

Santhià, da allora, non ha mai smesso di ricordare. Ogni 29 aprile si raccoglie attorno alla memoria di quelle vittime, testimoni del percorso verso la libertà e la democrazia, come scrive Mattarella. E oggi, nel silenzio delle cerimonie e nel fruscio delle bandiere issate in piazza, si sente ancora il peso di quei giorni. Ma si sente anche l’orgoglio, quello di un popolo che, pur colpito nel cuore, non si è piegato.

il sindaco di Santhià

Il sindaco di Santhià

"Alla comunità santhiatese giungano i sentimenti della più intensa partecipazione e solidarietà", conclude il messaggio del Presidente. Parole semplici, ma che sanno andare al cuore. Perché Santhià, con la sua storia, con le sue ferite, è parte viva della coscienza democratica del nostro Paese.

Ricordare oggi la strage del 29 aprile 1945 non è solo un atto di memoria. È un dovere morale. È un esercizio di cittadinanza. È un atto di amore verso la libertà. Ed è un monito: la libertà non è mai gratuita. È fatta di sangue, di sacrificio, di resistenza. Proprio come accadde ottant’anni fa, in quelle giornate tragiche e luminose, in cui Santhià vide il buio più profondo… ma anche la prima luce dell’alba.

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