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29 Aprile 2025 - 09:34
Dopo giorni di indiscrezioni e voci di corridoio, Stellantis ha deciso di rompere il silenzio sulla questione Maserati, dichiarando ufficialmente che il marchio non è in vendita. La presa di posizione, arrivata attraverso una lettera indirizzata al Corriere della Sera, è stata categorica: "questa notizia è completamente priva di ogni fondamento" e non sarebbe stato dato alcun mandato ad advisor o agenzie esterne per valutare possibili cessioni. Una risposta secca, decisa, apparentemente definitiva. Ma davvero possiamo considerare chiusa la questione?
La comunicazione di Stellantis sembra più un esercizio di forma che una reale apertura sul futuro di Maserati. D'altronde, cosa ci si poteva aspettare da un gruppo multinazionale alle prese con conti da far quadrare, transizioni industriali complesse e scelte strategiche spesso impopolari? Davvero, qualora ci fosse una trattativa in corso, ci si attenderebbe un’ammissione pubblica a cuor leggero? O, più realisticamente, queste dichiarazioni servono a tranquillizzare il mercato e l’opinione pubblica, in attesa di decisioni più pesanti prese altrove e in tempi diversi?
Nella lettera si ribadisce l’impegno verso l’Italia, verso i lavoratori e verso i marchi storici del gruppo, sottolineando come Maserati rappresenti "un’eccellenza riconosciuta a livello mondiale" e come sia l'unico marchio di lusso del colosso automobilistico. Non mancano i riferimenti all’italianità del Tridente, al suo legame profondo con Modena, alla Motor Valley. Una narrazione patriottica che scalda i cuori, ma che forse nasconde sotto la superficie un nervosismo ben più reale.
La storia di Maserati, d’altronde, è costellata di passaggi di mano, ristrutturazioni, rilanci mai del tutto riusciti. Fondata a Bologna nel 1914, trasferita a Modena nel 1939, ha vissuto alterne fortune passando sotto il controllo di Citroën, di Alejandro De Tomaso, poi del gruppo Fiat, e oggi di Stellantis. Il Tridente, ispirato alla statua di Nettuno, è sempre sopravvissuto ai cambiamenti, ma non senza profonde trasformazioni. Che cosa garantisce che questa volta sarà diverso?
Sul piano industriale, i dati non sono particolarmente confortanti. Il primo semestre del 2024 ha visto un crollo delle vendite del 58% e una perdita operativa di 82 milioni di euro. Numeri che non possono essere ignorati. Numeri che fanno pensare che dietro i proclami di stabilità potrebbe invece celarsi la necessità di rivedere drasticamente i piani sul marchio. L'elettrificazione, su cui Maserati punta con modelli come il Grecale Folgore e l’annuncio di una gamma completamente elettrica entro il 2028, rappresenta una sfida colossale, specialmente per un marchio che ha costruito il suo mito sul suono inconfondibile dei motori termici.
In questo scenario, il piano di rilancio delineato da Santo Ficili, basato su sei pilastri strategici – identità, prodotto, organizzazione, performance commerciali, qualità, rete di vendita – appare ambizioso, forse perfino troppo ambizioso rispetto alle risorse effettivamente a disposizione. Non sfugge, infatti, che Stellantis sia impegnata su più fronti e che in una logica di priorità finanziarie, un marchio come Maserati – affascinante ma di nicchia – potrebbe non occupare il primo posto nell’elenco degli investimenti strategici a lungo termine.
Il 2025, anno del centenario del Tridente, dovrebbe essere l’occasione per celebrare la storia e rilanciare il futuro del brand. Dovrebbe, appunto. Perché se è vero che eventi e modelli celebrativi sono già previsti, è altrettanto vero che il mondo dell’automotive ci ha abituati a sorprese che spesso avvengono lontano dai riflettori, quando ormai le scelte sono già state fatte. È lecito, dunque, domandarsi se davvero Maserati continuerà a essere sviluppata e prodotta esclusivamente in Italia, oppure se nuove strategie, magari da attuare più avanti, finiranno per cambiare le carte in tavola.
Il dubbio resta. Ed è un dubbio legittimo. Le smentite ufficiali, per quanto nette, non bastano a dissiparlo del tutto. Del resto, se davvero una cessione fosse in corso o in preparazione, sarebbe irragionevole aspettarsi un’ammissione pubblica in questa fase. Molto più logico, invece, continuare a dichiarare fedeltà al marchio fino al giorno in cui un comunicato di tutt’altro tenore annuncerà magari nuove alleanze, nuove strategie, o peggio, un disimpegno.
Per ora, Maserati rimane italiana. Rimane legata a Modena e al suo glorioso passato. Ma in un mondo industriale in continua evoluzione, anche i simboli più solidi possono diventare, da un giorno all’altro, merce di scambio. Insomma, il Tridente resiste. Ma la partita è tutt’altro che chiusa.
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