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Cava Cogeis. San Bernardo non si arrende: Chiantore "balbetta"

Dopo anni di silenzio riesplode la mobilitazione: sala parrocchiale gremita, cittadini determinati, richieste precise. Ma il sindaco Chiantore e la giunta si rifugiano dietro ai tecnicismi

Cava Cogeis. San Bernardo non si arrende: Chiantore balbetta

Matteo Chiantore

Non si è trattato di un semplice incontro pubblico. Quella di ieri, a San Bernardo, è stata la resa dei conti. La comunità, compatta e determinata, ha riempito la sala parrocchiale in un clima carico di attesa, per chiedere – anzi pretendere – risposte dall’Amministrazione comunale sulla cava delle Fornaci. Ma le risposte non sono arrivate.

Il sindaco Matteo Chiantore e l’assessore Francesco Comotto hanno tentato di rifugiarsi dietro il tecnicismo, catapultando ogni responsabilità sulla Città Metropolitana. Hanno parlato di iter burocratici, di competenze sovraordinate, di conferenze dei servizi. Un linguaggio che i cittadini di San Bernardo, ormai, conoscono fin troppo bene. E che non li convince più.
Massimo Fresc, l’assessore pentastellato, si è limitato a un silenzio imbarazzante, non proferendo quasi parola per tutta la durata dell'incontro. Un silenzio che pesa ancora di più, considerando che solo pochi anni fa era lui, da attivista, a contestare chi taceva. Lui, insieme a Comotto. Lui quando era seduto tra i banchi dell'Opposizione.

Uno dopo l’altro, i cittadini sono intervenuti, ribadendo che il problema non è (solo) tecnico. È politico. È morale. È una questione di dignità per una frazione che negli anni è cambiata, cresciuta, s'è popolata di nuove famiglie e nuovi residenti. Là dove un tempo c'erano solo campi, ora ci sono case, vite, storie, soprattutto nuove villette destinate a perdere di valore.

E il progetto della cava, riesumato da un'altra epoca, è oggi un insulto a tutto questo.

“Vogliamo sapere da che parte sta l’amministrazione. Non ci basta sapere che deciderà qualcun altro” hanno martellato i residenti. E la richiesta è stata chiara: portare in Consiglio comunale un parere formale e contrario alla cava. Un atto politico che avrebbe un peso ben diverso rispetto alle generiche promesse di "verifiche" e "approfondimenti".

Il sindaco, però, ha evitato di esporsi. Ha parlato, ha girato intorno al tema, ma senza mai pronunciare le parole che tutti aspettavano. S'è addirittura lanciato in un appello alla condivisione delle future scelte sulle nuove rotonde. Ha promesso che alla prossima conferenza dei servizi chiederà che siano invitati anche i cittadini di San Bernardo. Ma prima – e il messaggio è stato forte e chiaro – i cittadini vogliono sapere cosa andrà a dire l’amministrazione a quel tavolo. Perché partecipare senza sapere è come essere spettatori di una farsa già scritta e loro di farsi prendere in giro proprio non ne hanno voglia.

la riunione

davantiTra le voci che si sono alzate dalla sala, anche quelle di chi la cava la conosce bene: Pierre Blasotta, ex consigliere comunale dei Cinquestelle, e Giorgia Povolo, ex assessora della Lega, oggi semplici cittadini, ma residenti proprio di fronte al futuro scempio. Entrambi hanno chiesto, senza mezzi termini, una presa di posizione politica netta contro il progetto e contro Cogeis. Un atto di coraggio. In sintesi una mozione in consiglio comunale approvata da tutti. 

Perché nel frattempo, mentre la politica temporeggia, la realtà è cambiata. E lo scavo di 430.000 metri cubi, con barriere fonoassorbenti alte sette metri, polveri sottili, traffico pesante e devastazione ambientale, non può essere trattato come un tecnicismo da sbrigare in silenzio.
Non è solo una questione estetica. È una questione di salute pubblica, di qualità della vita, di futuro.

E tutto questo si fonda su un’istruttoria vecchia di sedici anni, quando San Bernardo era poco più di un’area agricola ai margini della città. Oggi non è più così. Oggi è un quartiere vivo, denso di abitazioni, attività, bambini che giocano nei cortili. Trattarlo come uno spazio vuoto è un'offesa alla verità.

Non va dimenticato che il procedimento è andato avanti per mesi senza che i cittadini ne sapessero nulla. Come denuncia il Comitato No Cava, “ci siamo trovati di fronte a una conferenza dei servizi finale senza che nessuno, tra noi residenti, avesse potuto visionare un solo documento. Nessuna comunicazione, nessun confronto”.
Una gestione che ha alimentato rabbia, sfiducia, senso di abbandono.

Oggi il procedimento è sospeso per novanta giorni per motivi acustici. Ma il Comitato ha le idee chiare: questa pausa non deve essere un modo per far scendere il silenzio, bensì un'opportunità per riaccendere l'attenzione, per informare il quartiere, per costruire una mobilitazione ancora più forte, per "obbligare" l'Amministrazione comunale a schierarsi e se non lo farà sarà guerra...

no cava

Anche i coscritti sono scesi in strada per dire "no" alla cava di Cogeis

La coerenza dimenticata: quando l'opposizione si accomoda al potere

È la storia più vecchia di sempre. Talmente vecchia che quasi ci si stupisce ancora di doverla raccontare.
Quando sono seduti tra i banchi dell'opposizione, sembrano rivoluzionari. Promettono svolte, garantiscono discontinuità, giurano che cambieranno tutto. Ma appena conquistano una poltrona, dimenticano tutto. E diventano identici, a volte peggiori, di quelli che per anni avevano combattuto a suon di comizi e volantini.

È quello che sta succedendo, sotto gli occhi di tutti, a Ivrea. È quello che incarnano – perfettamente – due volti di questa amministrazione: Massimo Fresc e Francesco Comotto. Due nomi che, in tempi non lontani, si distinguevano per la loro capacità di denunciare ogni singola scelta della vecchia maggioranza. La loro parola d'ordine era "cambiare". Il loro obiettivo dichiarato era "voltare pagina".

E oggi?
Oggi Massimo Fresc, assessore pentastellato, si presenta agli incontri pubblici e resta in silenzio. Anche davanti a battaglie che un tempo erano la sua bandiera. Oggi Francesco Comotto difende a colpi di tecnicismi quei progetti che un tempo aveva contestato casa per casa. Oggi entrambi difendono, coprono, proseguono. Come se quegli anni di battaglie non fossero mai esistiti.
Come se bastasse cambiare lato del tavolo per cambiare anche i principi.

Non c'è solo la vicenda della cava di San Bernardo – che già da sola basterebbe a inchiodarli alle loro responsabilità. C'è il silenzio sull'elettrificazione della linea ferroviaria, un'opera che avrebbe meritato un confronto vero, pubblico, e che invece è stata lasciata correre senza fiatare. C'è la Ivrea Parcheggi, quella società partecipata che Fresc e Comotto volevano smantellare appena qualche anno fa, e che oggi è ancora lì, viva, vegeta, operativa. Immobile come l'aria stantia di certe stanze del potere.

E c'è soprattutto una continuità perfetta, ostinata, ipocrita, con tutte le scelte della passata amministrazione.
Matteo Chiantore si era candidato per “la svolta”, ricordiamolo. La parola d'ordine della campagna elettorale era “cambiamento”. Eppure, due anni dopo, non si trova un solo dossier in cui si veda una vera inversione di rotta. Gli stessi progetti. Gli stessi cantieri. Le stesse priorità. La stessa incapacità di dire dei no quando serve.

È anche per questo che, oggi, i cittadini faticano a distinguere tra centrodestra e centrosinistra. Tra chi governava prima e chi governa adesso. Perché le promesse si sono sciolte come neve al sole. E perché l’ambizione di cambiare il mondo – o almeno di cambiare Ivrea – si è dissolta nella voglia di galleggiare, di durare, di non disturbare nessuno.

È l'ovvio che tutti vedono e che nessuno osa più negare: all’opposizione si urla, si denuncia, si invoca la rivoluzione. Ma al governo si sussurra, si tace, si accetta.
Così le promesse tradite non sono solo ferite. Sono la prova che, troppo spesso, la politica è solo il più prevedibile dei teatrini.

A perderci, come sempre, è la credibilità. E con essa, un'altra fetta della fiducia dei cittadini.

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