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Il Conclave senza il Canavese: il Piemonte che voterà il prossimo Papa

Repole e Marengo portano Torino e Cuneo nella Sistina. Fuori dai giochi i grandi vecchi del Canavese: Bertone, Bertello, Lajolo, Miglio, Calcagno e Versaldi

Il Conclave senza il Canavese: il Piemonte che voterà il prossimo Papa

Da sinistra: Tarcisio Bertone, Arrigo Miglio e Giuseppe Bertello

Morto un Papa, se ne fa un altro. E per il successore di Francesco, un contributo arriverà anche dal Piemonte. Ma questa volta non dai Canavesani, esclusi dai giochi del Conclave.

A varcare il portone della Cappella Sistina con il diritto di voto saranno infatti solo due voci. Due anime diverse, due modi opposti ma complementari di abitare la Chiesa. Due strade che dal Piemonte portano dritte al cuore della cristianità, là dove il tempo si ferma e il mondo intero trattiene il fiato.

Si comincia con Roberto Repole, 58 anni. È l’intellettuale, l'uomo del pensiero. Professore di Teologia Sistematica, già presidente dell’Associazione Teologica Italiana, Repole è uno di quei rari uomini di Chiesa che riflettono prima di parlare, e quando parlano, ogni parola pesa come un mattone. Arcivescovo di Torino e vescovo di Susa dal 2022, creato cardinale da Papa Francesco nel concistoro del 2024, ha scelto di incarnare una Chiesa sobria, essenziale, distante dalla spettacolarizzazione. In Conclave sarà la voce di chi chiede profondità, ascolto, discernimento. Di chi sogna una Chiesa che cammini nel mondo senza rincorrerne le mode.

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Sopra il Cardinale Repole di Torino, sotto Giorgio Marengo

Accanto a lui, siederà Giorgio Marengo, 50 anni appena, volto giovane e ardente di una Chiesa che si fa piccola per essere grande. Nato a Cuneo, missionario della Consolata, ha scelto una delle periferie più estreme del globo: la Mongolia. Prefetto apostolico di Ulan Bator, guida una comunità minuscola e viva, testimone di un Vangelo che attecchisce anche dove la storia sembrava averlo escluso. Creato cardinale nel 2022, Marengo, il più giovane del Collegio, rappresenta quel volto missionario e audace della Chiesa che Papa Francesco ha voluto rilanciare. Porterà nel Conclave il profumo delle tende, la polvere delle piste mongole, il sorriso limpido di una fede vissuta tra la gente, lontano dai riflettori e dai palazzi.

Dentro loro. Fuori tutti gli altri. E chi sono?

Sono i grandi vecchi del Piemonte. In particolare, i figli di quella terra dura e testarda che è il Canavese.

Tarcisio Bertone, 90 anni, di Romano Canavese, è forse il più celebre. Salesiano, canonista di fama, ex Segretario di Stato di Benedetto XVI, ha vissuto al centro della Curia romana nei suoi anni più convulsi. Gestì la macchina vaticana tra scandali, veleni interni e fughe di documenti, in un tempo che oggi appare lontano ma che segna ancora la memoria di Roma. Amato e contestato, Bertone è stato una delle figure più potenti e divisive della Chiesa recente.

tarcisio

Accanto a lui, un altro figlio del Canavese: Giuseppe Bertello, 82 anni, da Foglizzo. Diplomatico di razza, fu nunzio in Ruanda durante gli anni bui del genocidio, poi in Messico, infine a capo del Governatorato della Città del Vaticano, dove ha gestito la complessa macchina amministrativa della Santa Sede, cercando di modernizzarla senza snaturarla. Un uomo dei corridoi, delle trattative silenziose, delle mediazioni impossibili.

E ancora Arrigo Miglio, 83 anni, originario di San Giorgio Canavese. Lontano dalle corti romane, ha costruito la sua vita pastorale tra Ivrea e la Sardegna, prima vescovo, poi arcivescovo di Cagliari. Fu creato cardinale da Papa Francesco come riconoscimento alla sua capacità di stare tra la gente, di incarnare una Chiesa povera, umile, accogliente. Un pastore vero, senza clamori.

Ai Canavesani, senza diritto di voto, si aggiungono altri tre piemontesi.

Giovanni Lajolo, 90 anni, novarese. Un diplomatico silenzioso e raffinato, testimone della riunificazione della Germania come nunzio apostolico, poi Segretario per i Rapporti con gli Stati, infine Governatore dello Stato della Città del Vaticano. Sempre defilato, sempre essenziale, ha attraversato pontificati diversi senza mai essere travolto dalle onde.

Domenico Calcagno, 82 anni, da Parodi Ligure. Il "banchiere di Dio", alla guida dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA) nei momenti più complicati per le finanze vaticane. Uomo pratico, navigatore in acque torbide, ha cercato di riformare senza far crollare il fragile equilibrio economico della Santa Sede.

Giuseppe Versaldi, 81 anni, di Villarboit. Psicologo, canonista, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica. Uno dei pochi che ha sempre creduto che la battaglia per il futuro della Chiesa si giochi prima di tutto sui banchi delle scuole e delle università. Ha difeso il valore della formazione cattolica contro la superficialità e l’omologazione culturale.

Sei cardinali che non voteranno. Ma che pesano ancora.
Nelle memorie, nei racconti, nei consigli sussurrati nei corridoi, dove si disegnano equilibri e si preparano futuri possibili. Testimoni di una stagione della Chiesa che volge al termine, traghettatori silenziosi verso un'epoca tutta da scrivere.

Quando la fumata bianca si alzerà, qualcuno dirà che è stato lo Spirito Santo a scegliere. E avrà ragione.
Ma nei voti, nei pensieri, nelle preghiere di chi si sarà seduto sotto il Giudizio Universale di Michelangelo, ci sarà anche il soffio forte, antico e testardo di una terra chiamata Piemonte.
Una terra che, pur senza più il peso dei suoi grandi vecchi del Canavese, non smette di sognare il suo posto nella storia della Chiesa.

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