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Bimbi insanguinati per terra durante il 25 Aprile.

Manichini avvolti nelle bende per denunciare i morti di Gaza. Protesta tra i gonfaloni a lutto per il Papa. Il sindaco cita il partigiano Johnny, ma la Resistenza oggi fa discutere

Bimbi insanguinati per terra durante il 25 Aprile.

Bimbi insanguinati per terra durante il 25 Aprile

È stata una cerimonia intensa, quella che si è svolta giovedì 25 aprile a Vercelli, in una gremita piazza Camana, dove istituzioni, associazioni, cittadini e studenti si sono ritrovati per celebrare l’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Ma non tutto è filato liscio come da protocollo. La giornata, segnata da un’atmosfera solenne e partecipata, è stata infatti interrotta da un fuori programma che ha scosso gli animi e riportato con forza l’attualità sul palco della memoria.

A inscenarlo è stato il Comitato Antifascista e Antirazzista di Vercelli, presente alla cerimonia con un banchetto per la raccolta fondi destinata alla popolazione di Gaza. Durante il momento commemorativo, i membri del Comitato hanno steso a terra una ventina di manichini avvolti in bende bianche, a simulare i corpi dei bambini palestinesi uccisi nei bombardamenti. Alcuni di questi "corpi" erano sporchi di finto sangue, distesi sull’asfalto, muti e inquietanti, a gridare l’orrore di un’altra guerra, lontana ma moralmente vicina. L'azione simbolica ha provocato reazioni contrastanti: se da un lato ha suscitato commozione e riflessione, dall’altro ha anche infastidito chi riteneva inopportuno il gesto in quel contesto. Gli oggetti della protesta sono stati rapidamente rimossi dalle forze dell’ordine presenti.

L’episodio, seppur marginale nella durata, ha impresso un segno sulla celebrazione, che è proseguita poi con l'inno nazionale italiano suonato dalla banda cittadina e con i gonfaloni listati a lutto in segno di cordoglio per la scomparsa di Papa Francesco. Un minuto di silenzio ha aperto la cerimonia, mentre l’arcivescovo Marco Arnolfo ha ricordato la figura del Pontefice, annunciando la sua partecipazione alle esequie a Roma. "Speriamo che tutti i grandi della Terra, riuniti per l’occasione, sappiano tracciare insieme un cammino di pace", ha detto Arnolfo, rivolgendosi alle autorità e ai cittadini.

Il sindaco di Vercelli, Roberto Scheda, ha preso la parola per ribadire il significato profondo della ricorrenza: "Il 25 Aprile non è soltanto una data cerchiata in rosso sul calendario, ma un monito per le generazioni future. È la vittoria del partigiano Johnny, è la fine della guerra, è la morte del fascismo. Ma attenzione: ogni epoca ha il suo fascismo. Ecco perché non dovremo mai smettere di difendere e tramandare i valori della Resistenza".

Accanto al primo cittadino, erano presenti anche il prefetto Lucio Parente, il presidente della Provincia Davide Gilardino e il presidente dell’Anpi Vercelli, Giacomo Ferrari, a cui è stata affidata l’orazione ufficiale. Il suo discorso, denso di riferimenti storici e morali, ha rievocato la lotta partigiana non solo come conquista del passato, ma come impegno quotidiano da rinnovare nel presente.

La celebrazione si è chiusa tra gli applausi e con la consapevolezza che il 25 aprile non può essere relegato a rituale, ma deve restare vivo, attuale, scomodo, se necessario. Come la protesta improvvisa di quei piccoli corpi fasciati, che hanno ricordato – senza dire una parola – che la libertà non è mai un’eredità acquisita, ma una scelta da rinnovare ogni giorno.

Vercelli

Di seguito il discorso del Sindaco di Vercelli, Roberto Scheda:

«Qui vivono per sempre gli occhi che furono chiusi alla luce, perché tutti li avessero aperti per sempre alla luce».  
Oggi celebriamo gli 80 anni della Liberazione della nostra Patria da una delle più  tremende occupazioni nella Storia dell’Umanità. Giuseppe Ungaretti ci ricorda il sacrificio  di uomini e donne perché noi potessimo vivere sotto il cielo della Democrazia. «Dura fu la lotta per garantire la sopravvivenza dell’Italia nella catastrofe cui l’aveva condotta il fascismo - ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella - Ci aiutarono soldati di altri Paesi, divenuti amici e solidi alleati: tanti di essi sono sepolti in Italia. A questa lotta si aggiunse una consapevolezza: la crisi suprema del Paese esigeva un momento risolutivo, per una nuova idea di comunità, dopo il fallimento della precedente. Si trattava di trasfondere nello Stato l’anima autentica della Nazione. Di dare vita a una nuova Italia». 
Non possiamo, non dobbiamo dimenticare le vittime diventate eroi per permetterci di  respirare a pieni polmoni il vento della Libertà. Fra queste, permettetemi, oggi più che mai, di ricordare una donna.  
È il 25 aprile 1945. Lei è staffetta della 109ª Brigata Garibaldi. Viene fermata dalle camice  nere in fuga. Siamo al rione Canadà di Vercelli. Si accorgono che ha un lascia passare  partigiano e qualche spicciolo in tasca. È questione di un attimo. Non ha il tempo di dire  nulla, cade a terra senza un lamento.  
Lei è Lorenzina Unio. Avrebbe compiuto 24 anni due giorni più tardi. Oggi c’è la lapide in  via Walter Mazone al civico 29 dove avvenne il suo assassinio. Lorenzina è una delle tante donne che hanno alzato la testa e nonostante la giovane età si è messa al servizio della  lotta per la Liberazione. Una Liberazione necessaria, non più rimandabile. Il 25 Aprile non  deve esser solo una data segnata in rosso sul calendario, bensì un chiaro monito per il  futuro. Perché «il 25 Aprile è la vittoria del partigiano Johnny, la fine della guerra e la morte del fascismo. Ma ogni epoca ha il suo fascismo: ecco perché non dovremo mai perdere i valori della Resistenza e cercare di difenderli sempre».

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