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24 Aprile 2025 - 22:30
Shade racconta la sua battaglia contro un'infezione polmonare: "Sono ancora vivo"
“Mercoledì ho smesso di respirare”. Così, senza preamboli, senza effetti speciali. È con questa frase che Vito Ventura, in arte Shade, ha aperto il suo racconto più difficile. Un racconto che non parla di hit estive, di freestyle o di dischi d’oro, ma di saturimetri, ossigeno e lastre ai polmoni.
E da quel momento qualcosa è cambiato. I social, dove solitamente regnano l’apparenza e la finzione, si sono trasformati in uno spazio di verità. Su Instagram, dove Shade è seguito da oltre 770 mila persone, è andata in scena la narrazione più sincera della sua carriera: quella della fragilità umana.
Il 16 aprile, qualcosa dentro di lui si è spezzato. Un’infezione polmonare violenta, subdola, che lo ha portato d’urgenza al pronto soccorso. Il respiro che manca, l’ossigeno che non arriva, la paura che sale. Eppure, anche in quel momento, Shade ha trovato la forza per sorridere, per scherzare, per raccontare con la leggerezza che è il suo marchio di fabbrica.
“Bello quello sinistro, eh? Sembra che qualcuno ci abbia infilato dentro la sua sbobba”, ha detto mostrando le sue radiografie. Nessun pietismo, nessuna drammatizzazione. Solo la cruda realtà raccontata con l’arma che conosce meglio: l’ironia.
È così che ha scelto di affrontare la malattia. Con una lucidità disarmante. Con il sorriso che gli ha permesso di attraversare una tempesta che avrebbe messo in ginocchio chiunque. Il suo pubblico lo ha visto passare dal palco all’ospedale, dalle luci della ribalta a quelle artificiali di un reparto. Lo ha visto con la flebo al braccio, con il saturimetro al dito, con la maschera dell’ossigeno al volto.
Eppure, mai una parola fuori posto. “Mi sono preso una vacanza in questo resort esclusivo. Non so per quanto mi fermerò, ma ci sto quasi prendendo gusto”, ha scritto in una storia Instagram dal pronto soccorso.
Ogni immagine, ogni messaggio, ogni aggiornamento è stato un piccolo pezzo di un puzzle più grande: quello di un ragazzo che ha deciso di non nascondersi. Di non fingere che vada tutto bene, ma neanche di lasciarsi travolgere dal dramma.
“Respiro ancora di m**a, mi muovo con l’ossigeno. Alterno momenti in cui sto bene a momenti in cui mi sento uno straccio”*. Lo dice senza vergogna. Senza paura di apparire debole. Anzi, rivendicando con fierezza il diritto di esserlo. Di essere umano.
Trasferito in un reparto specializzato, Shade ha continuato a condividere la sua esperienza. Anche il cibo dell’ospedale è diventato spunto per una battuta: “Ho mangiato cibi gourmet”, commenta ironicamente mentre mostra un piatto misero di purè e prosciutto. E ancora: “Vi dirò, ho dormito in hotel peggiori”.
Ma è nel momento in cui scherza su Wikipedia che la maschera cade, solo per un attimo. “Sono impegnato perché non venga aggiunta la seconda data”. Dietro quella frase, c’è tutto. C’è la consapevolezza di aver rischiato. Di essere stato vicino a un confine sottile.
Eppure, anche lì, con il fiato corto e il cuore stanco, Shade resta Shade. Alza la bombola d’ossigeno e sorride: “Se prima in bagno ci portavo le bambole, ora ci vado con le bombole”.
Il pubblico lo acclama, lo supporta, gli scrive. Perché non sta solo raccontando una malattia. Sta mettendo in scena una lezione. Una lezione di resilienza, di autoironia, di dignità.
In un mondo in cui la perfezione è spesso la norma e la debolezza viene nascosta, Shade ha scelto la verità. Ha scelto di mostrarsi fragile, stanco, malato. Ma mai domo. Mai sconfitto.
Non sappiamo quanto durerà questa sua battaglia. Lui stesso ammette che “quello che dovrò affrontare non è una passeggiata”. Ma lo fa con la serenità di chi ha già vinto qualcosa di più importante della guarigione: l’affetto del suo pubblico, il rispetto di chi non lo ha mai ascoltato, e la consapevolezza che si può fare musica anche senza cantare.
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Perché in questi giorni Shade non ha inciso una canzone. Ma ha scritto il suo brano più autentico. Un inno alla fragilità, alla forza del sorriso, alla potenza dell’essere veri anche quando fa male.
E quella bombola che oggi lo accompagna ovunque, forse un giorno diventerà solo un ricordo. Ma resterà per tutti il simbolo di un artista che, anche quando ha smesso di respirare, non ha mai smesso di farci emozionare.
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