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Per chi suona la campana

Sussurri, grida e fake news

Cosa disse davvero Giovanni XXIII all’apertura del Vaticano II?

Monsignor Daniele Salera

Monsignor Daniele Salera

Ha destato un certo clamore in questi giorni un articolo del nostro direttore sul presunto divieto rivolto al clero da parte del vescovo, monsignor Daniele Salera, di non dare la comunione ai fedeli in ginocchio e che prefigurerebbe un «giro di vite» contro i cosiddetti «indietristi». Forse però le cose sono un po' più complesse e, per quanto possiamo saperne, la polemica sembra essere una manovra di laici progressisti clericali che da tempo si accaniscono contro qualche prete che non corrisponde ai loro disegni egemonici, al fine di metterli in cattiva luce davanti al vescovo e ai confratelli.

Infatti non risulta sia stata emessa dal vescovo nessuna istruzione scritta che disponga limiti o vieti la possibilità, anzi il diritto, dei fedeli a ricevere la Santa Comunione in ginocchio. Magari arriverà, ma per adesso non c'è. Se però rimaniamo alle voci, ne sta circolando una – dotata invece di un certo fondamento – che la parte progressista si guarda bene dal divulgare. Parrebbe cioè che monsignor Salera abbia fatto divieto ai suoi preti, in particolare ad alcuni assidui frequentatori, di recarsi alla Madia di Enzo Bianchi ad Albiano e, meno che mai ancora, di andarvi a celebrarvi la Messa more cappellanorum.

Risponde al vero? Non lo sappiamo, ma se ambedue le voci fossero vere, esse dicono che monsignor Salera non è classificabile, almeno dai suoi primi atti, nello schema progressisti / conservatori e che, se dobbiamo attribuirgli un modus agendi, possiamo trarlo da uno dei principi classici del diritto, che è poi anche il motto che orna il frontespizio dell’«Osservatore Romano»: Unicuique suum, dare a ciascuno il suo.

Rifacciamoci allora alla Messa crismale del Giovedì Santo in cui il vescovo, rivolgendosi ai preti, ha detto: «Ci conosciamo da non molto tempo eppure questa rimane sovente l’impressione che lasciate in me ogni volta che condivido un tratto del vostro cammino: un presbiterio amato e ben voluto e per il quale il popolo di Dio prova una sincera riconoscenza, manifestando come può e come sa ben fare, la sua gratitudine avendo cura di voi».

Marco Damilano

Nella sua trasmissione quotidiana su Rai 3, «Il cavallo e la torre», Marco Damilano ha detto, la sera del Venerdì Santo, che il Concilio Vaticano II fu indetto da Giovanni XXIII per aprire la Chiesa alla modernità. In realtà, se si conoscono le fonti, niente vi è di più falso. Nel suo discorso di inaugurazione, il 12 ottobre 1962, il santo pontefice affermò che: «Quel che più interessa il Concilio è che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace».

Per cui il rinnovamento della vita ecclesiale e della missione doveva compiersi nella fedeltà ai sacri principi, alla dottrina immutabile, seguendo le orme dell’antica tradizione: «Il Concilio vuole trasmettere pura e integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti». Poi le cose andarono diversamente, ma l’intento di Giovanni XXIII era questo e lo sintetizzò molto bene, con franchezza trasteverina, il cardinale Alfredo Ottaviani, per il quale il Concilio non aveva lo scopo di elaborare nuove dottrine ma soltanto di presentare Cristo al mondo.

* Frà Martino

Chi è Fra Martino? Un parroco? Un esperto di chiesa? Uno che origlia? Uno che si diverte è basta? Che si tratti di uno pseudonimo è chiaro, così com’è chiaro che ha deciso di fare suonare le campane tutte le domeniche... Ci racconta di vescovi, preti e cardinali fin dentro ai loro più reconditi segreti. E non è una santa messa ma di sicuro una gran bella messa, Amen

Tutti gli articoli di Fra' Martino qui

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